Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. 



Se valeva per Spider-man, può il detto non valere per il Papa? Così inizia Habemus Papam, con i cardinali riuniti in conclave per decidere chi sarà il futuro pontefice e ognuno impegnato a pregare di…non essere eletto. Dopo un paio di fumate nere, la scelta cade sull'outsider Melville (Michel Piccoli) che, poco prima di mostrarsi alla folla, ha una crisi di nervi apparentemente irreversibile.

In suo aiuto viene chiamato un famoso (e laico) psicanalista (Nanni Moretti) che, dopo qualche tentativo andato a vuoto, suggerisce di farlo aiutare dalla ex-moglie (Margherita Buy), anch'essa terapeuta. Sotto mentite spoglie il Papa viene così condotto presso lo studio della donna ma, dopo la prima seduta, sfruttando un momento di distrazione della sua scorta, scappa e inizia a girovagare per Roma come una persona qualunque, imbattendosi in un'umanità varia e a volte strampalata.

Intanto, in Vaticano spetta allo psicanalista, “ostaggio” della Santa Sede, intrattenere ed “analizzare” i cardinali del conclave…

Nanni Moretti aveva già frequentato il tema religioso nel validissimo La Messa è finita, ove presentava il punto di vista di un prete sconfitto e disilluso. Stavolta però si è superato, realizzando il più maturo film della sua oramai trentennale carriera e una delle più convincenti opere battenti bandiera tricolore degli ultimi anni.

Habemus-Papam

In Habemus Papam convivono infatti tutte le anime del regista: quella sardonica, grottesca, sarcastica dei suoi primi lungometraggi, quella capace di indagare a fondo l'animo umano, scandagliandolo nel profondo, quella attenta a descrivere temi d'attualità con uno stile schietto e diretto, pungente e iconoclasta. 

Moretti irride i giornalisti (l'incipit con il cronista del TG2 è beffardo e atroce), osserva con ironia la psicanalisi (“vi abbiamo imbottito di chiacchere!”) e i suoi totem (l'infanzia, il sesso, il "deficit di accudimento") e con rispetto la religione (ma sempre con il sorriso sulle labbra, basti pensare al monologo sulla Bibbia e la depressione).

Il suo è un Papa umile, che conosce le persone, che vaga tra la gente ma che non si sente pronto per il gravoso incarico che lo attende: non ha certezze, ma solo dubbi, si pone domande ma non sempre sa darsi delle risposte convincenti. 

Non c'è sequenza che, per un motivo o per l'altro, non meriti di essere ricordata: se quella della partita a pallavolo tra i cardinali è già “di culto”, Moretti raggiunge la assoluta perfezione stilistica durante la rappresentazione del Gabbiano di Cechov a teatro, dove il Papa è al tempo stesso attore (chiaro il riferimento a Wojtyla) e spettatore.

E l'elenco potrebbe continuare. 

Ogni frame e dialogo trasuda riferimenti, idee, notizie, ammiccamenti e suggerimenti allo spettatore: così il vero nome del Papa fuggiasco è lo stesso di un titano del cinema (Melville, cui Moretti dedicò una retrospettiva durante uno dei Festival del cinema di Torino organizzati sotto la sua direzione) ma quello “ufficiale”, Celestino IV, non può ricordare la storia del V, che nel 1294 fu effettivamente uno dei pochissimi pontefici ad abdicare.



Una sceneggiatura così asciutta, ironica, esemplare, sarebbe stata sprecata se il cast non si fosse rivelato all'altezza, ma anche in questo caso Moretti non sbaglia un colpo. Lui, giustamente, si ritaglia poche scene “morettiane doc”, come quella della partita di pallavolo tra i cardinali (e che ricorda la lezione di educazione fisica di Bianca), nella quale se ne esce con una indimenticabile spiegazione di quanto il darwinismo abbia contribuito a gettare l'umanità in un caos cui nemmeno la religione sa dare una risposta, ma lascia ampio spazio agli altri interpreti: un meraviglioso, fragile e umile Michel Piccoli, che dà un volto umano al Papa incerto, l'ineffabile Jerzy Stuhr, la mente che deve risolvere i problemi derivanti dalla fuga di quest'ultimo per le strade di Roma, i fantastici cardinali, tra cui spiccano i veterani Renato Scarpa e Camillo Milli, ognuno caratterizzato alla perfezione.



Il finale, amarissimo e di rara intensità emotiva, lascia però aperta una speranza agli uomini di buona volontà , che sanno fare autocritica e che sanno ancora interrogarsi, anche se investiti di un potere divino. In fondo, come ci ricorda la dolce voce di Mercedes Sosa, "Todo cambia"…




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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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4 Comments

  1. Ma la Buy invece? Ti è piaciuta?

  2. Particina, ma ci sta. Ironico scegliere una “inquieta” come la Buy per la parte di una psicanalista. In effetti lei e Moretti sarebbero una bella coppia nella vita…

  3. forza oceania!

    la vera scena del “vecchio” Nanni è quella del torneo, eccezionale!

    il finale io me l’aspettavo così, era abbastanza scontato per come si è svolto il film, però si lascia una speranza.

    il film non mi è dispiaciuto, sinceramente preferivo il vecchio Nanni di Palombella Rossa, Ecce Bombo, Bianca etc.. ma paragonato agli altri film italiani recenti è sicuramente oro colato!

    se devo fare una critica alla scrittura del film mi pare una grossa cazzata il fatto, alla base, che dall’indecisione totale poi votino tutti all’unisono per questo Melville, di punto in bianco. ok, c’è la scena in cui si fa vedere che nessuno vuole diventarlo e quindi presumo scelgono lui (un pò underdog..? uno sfavorito, geniale la scena delle quote tra l’altro!). certo, serviva un pretesto per raccontare la storia che aveva in mente ma mi pare una cosa totalmente irreale e fallata che non potrebbe succedere mai, con un evoluzione del genere poi ancora di più! :D

    1. presumo scelgAno, maledetto me che non l’ho riletto prima di postare ^_^

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