Pochi nomi hanno lo stesso impatto che Star Wars ha sulla cultura popolare moderna. Dopo l’uscita di Episodio VII il brand è ovunque (negli USA esistono arance vendute con il logo della saga), il film è diventato il maggior successo di botteghino della storia in meno di un mese. Nonostante questo, l’uomo che creato la saga meno di 40 anni fa ora non è più una parte importante del futuro della sua creazione. Non solo: per molti, l’ha quasi distrutta.
Il fatto è che il successo di Star Wars è stato, almeno in parte, un caso.
Star Wars non è nato per essere un successo. Dopo aver messo al mondo i suoi primi due film, THX 1138 e American Graffiti, il rapporto del giovane George Lucas con Hollywood era quasi del tutto deteriorato: lui voleva fare film artistici, personali, potenti; ma i suoi produttori e i boss degli studios avevano messo mano ai suoi lavori, cambiandone in parte la natura. Nonostante American Graffiti quanto meno avesse avuto successo, la sua pazienza con l’industria era agli sgoccioli. L’unico rifugio che aveva trovato era nella nuova storia che stava popolando il suo cervello. Un’epica spaziale di grande respiro, ispirata ai classici della fantascienza e dell’avventura con cui era cresciuto, e ai classici del cinema del tempo, i grandi western e i capolavori di Kurosawa.
Guerre Stellari era un progetto molto personale per Lucas, e se non fosse stato per l’intuizione di Alan Ladd Jr. (Che produrrà anche Blade Runner), il film non sarebbe mai esistito perché gli studios avevano unanimemente deciso che il la pellicola sarebbe stato un tonfo. E anche durante le riprese in molti pensavano che il progetto sarebbe fallito, tra ritardi e budget sforati, in un periodo dove l’idea di completare gran parte di un film in post produzione non era ancora molto diffusa. Lucas ebbe la grossa intuizione di chiedere controllo totale dei diritti di tutti i prodotti ispirati all’universo da lui creato: giocattoli, libri, fumetti. Poi Star Wars esce al cinema e il mondo cambia.
Pensare a questa narrativa oggi è un po’ surreale, perché nei decenni Lucas si è trasformato da giovane regista idealista a magnate dell’intrattenimento. E il suo progetto più intimo e personale è diventata la più importante mitologia moderna, ha dato vita ad una religione, e ha ispirato milioni di vite di persone che considerano Star Wars cosa loro.
C’è un ottimo documentario dal nome The People Vs. George Lucas che cerca di dare senso a questa transizione abbastanza incredibile. Il film è pieno di interviste a fan ed esperti che cercano di dare senso al loro rapporto con Star Wars e con Lucas. Perché Lucas ha dato vita a un pezzo di cultura che è condiviso dal mondo, ma ha sempre ribadito che poteva farne quello che voleva in quanto creatore. Ha cambiato molteplici volte i suoi film, impedendo ai fan di recuperare buone versioni delle prime edizioni dei film della trilogia originale. Ha espanso l’universo di Star Wars con una nuova trilogia che i vecchi fan hanno in buona parte detestato. Nel documentario ci sono varie persone che continuano a dire che Lucas ha violentato la loro giovinezza. Il che è paradossale, perché Lucas ha dato vita all’opera che ha definito la loro vita.
Il rapporto tra Lucas, la sua opera e i suoi fan è uno dei più interessanti dei tempi moderni, è uno in cui il regista/produttore è spesso demonizzato in maniera piuttosto gratuita. D’altronde Lucas ha sempre visto di buon occhio le opere create dai fan, da fan film a fan fiction in generale, spesso incoraggiandole tramite concorsi e iniziative online. Allo stesso tempo, così come faceva contro Hollywood, ha sempre resistito all’idea di perdere controllo sulla sua opera, anche se quelli che lo volevano controllare, ora, sono i suoi fan. La domanda dietro a questa sfida è capire chi a chi appartenga un’opera dopo che è stata condivisa con il mondo, una domanda vecchia quanto La Bibbia.
Il paradosso è che ora Lucas ha venduto Star Wars, più o meno serenamente, ed è stato in gran parte escluso dalla produzione degli ultimi film della serie. Per essere chiari, l’idea di realizzare la nuova trilogia era sua, e voleva dirigere i nuovi episodi. Ma Disney voleva puntare l’acceleratore sulla nostalgia, tornare allo stile della trilogia originale. Volevano portare sullo schermo lo Star Wars che i fan hanno chiesto per anni. Lucas voleva fare film diversi. E le due strade si sono separate.
Ed Episodio VII è un grande film, non solo un’operazione nostalgica, una storia che riporta la saga agli elementi che l’hanno resa grande. Ma è il caso di ricordare che molto di quello che si vede in Episodio VII è comunque un eco dell’opera di Lucas. La struttura del film è molto simile a quella del primo episodio della saga. Ci sono molti degli stessi personaggi; Rey è una protagonista fantastica, ma la sua indipendenza deve molto a Leia, un personaggio molto avanti per il tempo in cui era stato creato. Anche i pianeti che vediamo nel film sono molto simili a quelli già messi al mondo dalla mente di Lucas. Ed è proprio questo aspetto che ha reso Lucas grande: la sua immaginazione sfrenata, capace di portare sullo schermo decine di razze, pianeti, lingue e culture. La capacità di creare un universo. Una mente che non smette di esplorare. Aspetti che non sono mancati anche in episodio 1,2 e 3, nonostante le altre debolezze dei prequel, nonostante dialoghi deboli e pesantezze narrative.
JJ Abrams, nel creare The Force Awakens, ha risolto molti problemi che hanno appesantito i film di Lucas: ha creato una narrativa forte, basata sui rapporti dei personaggi, ha portato indietro Kasdan per rendere i dialoghi vitali ed interessanti. Ma perché la serie continui ad essere grande deve sapere anche riportare sullo schermo la capacità di espandere universi, di inventare, e per fare questo deve tenere vivo lo spirito del suo creatore.
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