Datosi alla macchia da anni, Jason Bourne vive ai margini della società, viaggiando e partecipando a combattimenti illegali per guadagnarsi da vivere. Un giorno viene contattato dall’amica Nicky Parsons che vuole metterlo a corrente di alcuni segreti di cui è venuta a conoscenza ed inerenti l’oscuro passato di Bourne. Prima di poterli rivelare però, la ragazza è eliminata da un sicario senza scrupoli inviato dal direttore della Cia che vuole attirare Bourne in una trappola per eliminarlo. L’ex agente deve così “tornare in servizio” per far luce sul suo passato e vendicarsi…
Tempi duri per gli agenti segreti al cinema, ora che la realtà ha, purtroppo, superato la fantasia. Nell’era post-Snowden i cattivi sono tutti in casa e così stavolta la sceneggiatura di Paul Greengrass (e Christopher Rouse), deus ex machina della trilogia originale (lo spin off con Jeremy Renner cade definitivamente nell’oblio) si limita ad osservare il presente e mette in piede una spy story in cui vittime e carnefici sono tutti compatrioti. L’ambivalenza delle persone che dovrebbero tutelare la sicurezza dello Stato ma che in realtà pensano prevalentemente ai propri affari e alla propria carriera è ben incarnata dal personaggio di Heather Lee, interpretato dalla stella nascente (ma già affermata e premiata con l’Oscar) Alicia Vikander, che da par suo è perfetta nel conferire ambiguità e mistero a quella che in apparenza pare essere una mera analista della Cia.
Matt Damon, oramai star affermata da anni, firma il compitino, dice un paio di battute e presta la sua fisicità ad un ruolo che interpreta con il pilota automatico, sopperendo con il suo carisma a qualche scelta di sceneggiatura non proprio felicissima. Un po’ forzata, in quest’ottica, pare la sottotrama dedicata al nerd miliardario inventore di un social network di grande successo e utilizzato per spiare mezzo mondo. Ogni riferimento a Facebook e Zuckerberg è puramente casuale (toh, anche il numero di utenti del social network fittizio è curiosamente identico a quello della sua controparte reale), ma il tema sembra essere messo lì più per toccare un tasto dolente del dibattito sul web contemporaneo che per reali esigenze narrative.
Greengrass da par suo, si dimostra valido quando c’è da girare scene d’azione (due in particolare valgono il prezzo del biglietto) e molto meno abile quando la storia deve prendersi una pausa e c’è da far recitare gli attori. Jason Bourne non aggiunge né toglie nulla ad un brand che un paio di lustri fa voleva proporsi come alternativa americana a 007, ma il tempo cambia le cose e il mondo e quel che resta oggi è un onesto action movie con sfumature spionistiche che non faticherà a trovare un suo pubblico di riferimento.
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