La vitalità dell’editoria fumettistica è riscontrabile anche attraverso le proposte delle case editrici ai lettori. Negli ultimi anni il mercato italiano ha saputo diversificare la propria offerta, dimostrando di sapersi adattare sia alla domanda dei lettori che alle principali tipologie di punti vendita in cui si struttura (edicole, fumetterie e librerie). Per non parlare della scena indipendente, un ammasso di galassie a parte che hanno dimostrato una maturità e una ricchezza ancora non del tutto esplorata.

La progressiva sistematizzazione ha consentito la nascita e la crescita di tante case editrici, spesso caratterizzate da peculiarità e progetti unici. L’editore torinese Eris Edizioni è una delle ultime etichette a essersi presentate sul mercato. La sua bibliografia spazia dalla narrativa al fumetto, passando per i più contenuti volumi di saggistica e internamente autoprodotti. Elemento cardine della proposta di questa realtà torinese è però il fatto che «in nessun modo, con nessuna sua opera vuole favorire o favorirà il razzismo o atteggiamenti xenofobi»: è la stessa casa editrice, quindi, a definirsi antisessista, contro ogni discriminazione di genere, antifascista e contro qualsiasi regime totalitario.

Un primo sketch di Ben tratto dal sito di Liz Suburbia.

Questa scelta politica ed editoriale assume un valore di primo piano nella costruzione della bibliografia proposta ai lettori. Perciò la pubblicazione di Sacred Heart di Liz Suburbia appare perfettamente in linea con le aspirazioni e i presupposti editoriali di Eris Edizioni. Da un certo punto di vista, direi che il volume è uno dei primi volumi di fumetti che risponda appieno alle suddette scelte. Un’ultima annotazione: anche se è sconosciuta nel panorama italiano, l’autrice dell’opera – Liz Suburbia – è invece ben conosciuta da chi segua le produzioni indipendenti statunitensi, in particolare degli stati orientali. Sacred Heart è la sua prima opera completa a essere pubblicata da un grande editore, la Fantagraphics.

Il volume è ambientato nella piccola comunità religiosa di Alexandria, che è abitata esclusivamente da una comunità di teenager e giovani. L’ambientazione ricorda soprattutto periferia suburbana – una banlieu, un ghetto o un quartiere dormitorio nostrano. Il lettore è però immediatamente gettato nella mischia: conosciamo la protagonista della vicenda, Ben Schiller, durante una chiacchiera con il suo miglior amico, Otto, che si svolge durante un avvincente match di football scolastico Ben è un’adolescente più introversa, riflessiva e più ‘matura’ dei suoi coetanei: ella infatti si prende delle persone di fiducia al suo fianco, cioè la sorella Empathy, il cane senza nome e il sopracitato Otto. Anche se non ha un lavoro vero e proprio, Ben si sta lentamente affermando come tatuatrice locale. La comunità dei giovani di Alexandria è vivace e si scatena in festini di vario genere o ai concerti della band locale, i The Crotchmen.

Gettati nella mischia improvvisamente, ci si accorge solo dopo alcune pagine di un’assenza in questo dinamico microcosmo: dove sono gli adulti? Una domanda che resterà irrisolta, poiché capiremo solo che le figure più anziane sono assenti – indipendentemente dalla loro volontà. I giovani di Alexandria, a ogni modo, sembrano non prestare particolare attenzione a questa mancanza: essi vivono e affrontano situazioni e si pongono alcune delle più complesse domande che demarcano la linea di passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta. Sesso, religione, confronto con l’altro da sé: queste sono solo alcune tematiche che sono affrontate in Sacred Heart.

Il “doggie break” è uno dei filler più geniali che abbia mai visto.

Temi che, grazie a Ben e alla bravura dell’autrice, sono connotati da un elemento particolarmente originali: i difetti dei singoli personaggi non sono integrati nelle loro personalità e nel loro destino. Le loro azioni e i loro stessi corpi – esaltati dal tratto dell’autrice che presenta un piacevole contrasto tra la morbidezza del contorno e gli improvvisi scatti dei personaggi – appaiono come elementi differenti, discordanti e spesso spiazzano il lettore come se fosse immerso tra loro. Ancora di più, Liz Suburbia sembra voler esaltare i difetti e le mancanze dei corpi di questi giovani. È il primo mattone di una sensazione perturbante che permea l’intero racconto e trova massima espressione nel suo finale.

Questa sensazione è la manifestazione della molteplicità di livelli di lettura che permeano Sacred Heart. Sebbene il lettore si trovi al fianco di un preciso personaggio, Ben, e del suo miglior amico, Otto, il mondo attorno a loro diverrà di pagina in pagina familiare e sempre più conosciuto mentre i personaggi che lo popolano mostrano sfaccettature che inizialmente sembrano non avere.

La ricchezza di temi trattati e la capacità di descrivere efficacemente i passaggi più affascinanti e tormentati dell’adolescenza, unitamente agli elementi allegorici presenti, “riempiono” le pagine di un volume che potrebbe annegare il lettore. Un annegamento dal quale ci si risveglia con una conclusione brusca, allegoricamente estrema. Una fine che, però, dovrebbe essere solo momentanea: Liz Suburbia afferma sul suo sito, dove è stata pubblicata una prima versione di Sacred Heart, che la storia si svilupperà in altri quattro volumi. Aspetto di leggere il prossimo.



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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