Intorno alla metà degli ’80 l’etichetta indipendente Eclipse diede fiducia a un giovane fumettista appena uscito dall’accademia delle belle arti e impiegato da qualche mese presso la DC Comics portando sugli scaffali dei comic shop statunitensi  una stramba serie da lui ideata. Si trattava di Zot!, fumetto che immergeva un supereroe proveniente da un’altra dimensione nelle vicende quotidiane di un gruppo di adolescenti della periferia americana, scritto e disegnato da quel Scott McCloud che qualche anno dopo avrebbe dato alle stampe i tre saggi grafici ritenuti – a ragione – delle pietre miliari indispensabili per comprendere e padroneggiare il medium fumetto: Capire il fumetto, Reinventare il fumetto, Fare il fumetto.

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In quel periodo il fumetto americano era saldamente rappresentato dagli eroi in calzamaglia di Marvel e DC, mentre nell’underground ribolliva la creatività indipendente che spesso proiettava figure eroiche decisamente meno solari e politically correct rispetto alla visione delle due grandi major, come l’epopea fantasy (?) del Cerebus di Dave Sim o la pericolosa metropoli delle Ninja Turtles di Eastman e Laird. Serpeggiava insomma anche nell’ambiente indie l’idea che un fumetto migliore fosse un fumetto di supereroi migliore, più maturo e tetro, concetto che verrà a breve corroborato da Il Cavaliere Oscuro di Miller e Watchmen di Alan Moore, due opere che segneranno il percorso del fumetto statunitense per moltissimo tempo virando il tono delle storie verso tonalità più scure e ciniche. Nel frattempo, Spiegelman e i fratelli Hernandez stanno già lavorando ai loro capolavori, ma in pochi se ne accorgono, e ancora meno allora conoscono la sconfinata produzione manga del Sol Levante.

Una visione d’insieme del clima e del panorama fumettistico del tempo è indispensabile per comprendere e inquadrare l’opera di McCloud, e fortunatamente il bel volume edito da Bao che raccoglie tutte le storie in bianco e nero di Zot è corredato da una corposa serie interventi dell’autore che arricchiscono la lettura. A partire dall’introduzione in cui descrive la gestazione dell’opera fino alle pagine di commento ad ogni singola storia, dove McCloud ricorda aneddoti legati alla lavorazione, dettagli personali o le reazioni della sua cerchia di lettori che si manifestavano al tempo attraverso la pagina della posta. Non sono dettagli, ma interludi fondamentali per apprezzare appieno il percorso di Zot e del suo autore e afferrare scelte narrative e stilistiche, come il volto di Jenny, la ragazza che lega Zot alla nostra dimensione, le cui espressioni riprendono quelle tipiche della tradizione dei mangaka orientali.

Il perno delle prime avventure di Zot è la diversità tra i due mondi, il miraggio di un’esistenza giusta e gratificante riflessa nelle architetture futuriste del mondo da cui viene Zot in contrasto con la realtà quotidiana di Jenny tra il tedio della scuola e i pericoli della città. Si intersecano scontri con nei cieli con bizzarri supercriminali e vicende più terrene, i problemi quotidiani degli adolescenti che popolano gli albi. Zot è l’indubbio protagonista e la sua attenzione viene suddivisa tra criminali dal look retro-punk e l’evoluzione del suo rapporto con Jenny. Sono storie piacevoli, leggere e a tratti ingenue sia nella narrazione che nel tratto, che acquistano però profondità e tridimensionalità attraverso le parole di McCloud,i riferimenti ad eventi fumettistici o di cronaca del tempo, i paralleli con la sua gioventù o retroscena sulla lavorazione: emblematica  ad esempio la spiegazione di come ognuno dei super-nemici introdotti rappresenti l’incarnazione della sua personale visione delle minacce che avrebbe dovuto presto affrontare l’umanità, dalla trasformazione degli uomini in macchine all’umanizzazione dei prodotti tecnologici passando per la deriva capitalista, di cui tra le tante quest’ultima al tempo gli sembrava la meno probabile e dunque finì incarnata in un nemico piuttosto grottesco. Sono i criminali indubbiamente le figure più in risalto in questa prima parte, schegge di deviazione in una dimensione utopica e acronica nel suo mix di elementi retro e futuristi, dove per dirla con le parole di Zot esistono comunque uomini prepotenti e aridi, “ma non sono quelli che comandano”. Anche visivamente sono i criminali che sbrigliano la fantasia di McCloud, concedendogli spazio per derive astratte con cui si trova a suo agio tanto quanto nella riproduzione dei fitti panorami retro-futuristi, densi di edifici dalle forme elaborate tra cui sfrecciano auto-volanti che tradiscono la loro provenienze dalla fantasia di un nerd degli anni ’80.

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Il volume è diviso in due blocchi distinti. Il primo a cui ho appena accennato accoglie il corpo di storie raccolto sotto il titolo Eroi e Criminali. Il successo di Zot è dovuto però agli albi raccolti nella seconda parte del volume, Storie della Terra, dove il focus si sposta dal supereroe Zot ai comprimari umani delle sue storie impegnati contro avversari meno scenografici di quelli con cui deve vedersela di solito il loro amico in costume, ma decisamente più temibili agli occhi di un sedicenne. Col passare del tempo, la serie regolare si concentra sempre più sulla nostra terra, anche in funzione di uno stile grafico di McCloud molto efficace nella riproduzione di paesaggi e architetture, ma per ammissione dell’autore stesso il blocco finale di nove albi pare quasi una serie a parte, lontana per toni e temi da quanto avvenuto in precedenza. È questo il momento in cui la serie decolla. McCloud dimostra tutta la sua abilità come narratore gestendo l’elemento supereroistico in storie quotidiane e intimiste, che risulterebbe perfettamente compiute anche senza la presenza di un ragazzo volante. Ronnie, Brandy e gli altri ragazzi del liceo di Lexiton che compaiono intorno a Jenny e Zot, nonostante gli sforzi,escono un po’ tratteggiati dalla prima parte del volume, figure di contorno impostate sui tipici stereotipi liceali, eppure basta un singolo albo, 18 pagine in tutte, dedicato a ciascuno di loro per tramutarle in figure tridimensionali e conferire una profondità totalmente differente alle loro precedenti apparizioni.

Ammetto di aver scoperto dell’esistenza di Zot! solo nel momento in cui la Bao ha iniziato a pubblicizzare l’acquisizione dei diritti e la futura pubblicazione. Eppure i tre saggi di McCloud campeggiano fieri da tempo nella mia libreria pagata un rene. Per me, semplicemente, McCloud era un tizio che era riuscito a narrare a fumetti la teoria del fumetto, in tre volumi, senza annoiare: una cosa tipo il jackpot alla prima monetina nella slot machine. Leggere oggi Zot! Alla luce di quanto McCloud ha scritto in seguito non significa solo gustarsi una storia anomala con protagonista un supereroe adolescente, ottimista e solare incastrato sentimentalmente in un mondo imperfetto, dove in ogni vignetta si avverte la presenza di un autore che prova esprimere qualcosa di suo a differenza della produzione mainstream supereroistica del tempo. Zot! è un sguardo nel percorso evolutivo di McCloud, nella sua graduale presa di coscienza delle potenzialità del medium, un viaggio in prima classe con l’autore seduto affianco al lettore e disposto a commentare in corsa ogni singola tappa grondando umiltà. Sì, la mano di McCloud non è stata baciata dalla stessa divinità che si è occupata della sua capacità di analisi, e lo si nota nella difficoltà con cui gestisce la figura umana a differenza delle ampie vedute della città futuristiche che gestisce alla perfezione, ma al suo posto voi vi scusereste forse ad ogni occasione di questi limiti?

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Ora col senno di poi capisco la difficoltà che McCloud sta provando nel ritornare alla narrativa dopo i tre saggi grafici, ma comprendo anche meglio dove sono nate le teorie lì così chiaramente esposte. Zot! è stato un laboratorio in cui McCloud ha messo alla prova (probabilmente inconsciamente) le sue teorie, un cantiere aperto provare a sbagliare e osservarne le conseguenze. Inserito in questo contesto Zot! è semplicemente una lettura imperdibile, testimonianza cartacea di un percorso di crescita personale e professionale e al contempo campo di applicazione delle teorie su cui si ritroverà a studiare una generazione. Eppure tutti questi sostrati rimangono per nascosti durante la lettura sotto la superficie di una storia che mischia fantastico e quotidiano, stile occidentale e manga, lungo un percorso che fa del cambiamento – di stili, di età, di prospettive e di sentimento – la sua luce guida, in cui un autore trentenne riesce a dare vita a personaggi adolescenti senza risultare ridicolo o artificioso, nemmeno a più di vent’anni di distanza dalla prima pubblicazione. A ripensarci bene e forse questa la più grande conquista di Zot!, l’affermazione di uno spazio in cui l’autore possa vivere all’interno della sua opera.

NOTA
Prima del passaggio in bianco nero la serie Zot! esordì con 10 numeri pubblicati a colori in cui facevano il loro esordio quasi tutti i personaggi riapparsi poi in seguito. La raccolta inclusa nel volume edito dalla Bao parte dal #11, primo numero in b/n considerato anche dall’autore un secondo starting point, e arriva fino conclusivo #36, escludendo per motivi di spazio i #19-20 realizzati dal disegnatore ospite Chuck Austen durante il periodo della luna di miele di Scott McCloud.

SCHEDA TECNICA
Titolo: 
Zot!
Autore: Scott McCloud
Genere: Zeitgeist retromoderno del supereroe
Formato: Brossurato 16 x 24
Pagine: 576
Prezzo: € 27.00
ISBN: 978-88-6543-160-3



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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