Il mondo così come lo conosciamo non esiste più. Sono passati sei anni da quando un virus brutale portato dalla pioggia ha sterminato quasi completamente l’intera popolazione scandinava: due gemelli danesi abbandonano la sicurezza del loro bunker per andare alla ricerca di quel che rimane della civiltà scomparsa. Ben presto si uniscono a un gruppo di giovani sopravvissuti per intraprendere un viaggio pieno di pericoli attraverso la Scandinavia ormai desolata, alla ricerca di qualsiasi segno di vita…
Prima serie danese finanziata da Netflix, The Rain ripropone, cercando di innovare dove può, la classica formula dell'”estinzione dell’umanità a causa di un virus sfuggito al controllo di una malvagia multinazionale”, già vista spesso in film e serie tv americane negli ultimi anni. Simone (Alba August) and Rasmus (Lucas Lynggaard Tønnesen), i due fratelli protagonisti della storia, che escono dal bunker creato dalla società del padre dopo sei anni di “prigionia” (situazione che richiama alla lontana le gesta della Dharma in Lost o della Umbrella nel franchise di Resident Evil), iniziano un’avventura pericolosa e sufficientemente ricca di colpi di scena, alla ricerca del genitore che, forse, ha trovato la cura per il male.
Prevedibilmente, The Rain procede per accumulo: ad ogni puntata (solo otto nella prima stagione, che infatti si chiude con un finale apertissimo), si aggiungono superstiti, persone che in qualche modo sono scampate alla pioggia mortale, gente fuori di testa e gli inevitabili mercenari della Apollon, questo il nome della corporation, che cercano in tutti i modi di far fuori gli (antipatici, va detto) protagonisti per un preciso motivo.
Dal momento che il plot di The Rain è tutto fuorchè originale (tra le produzioni “locali” finanziate da Netflix per ora Dark, realizzata in Germania, svetta suprema per originalità e qualità rispetto alle altre), la chiave per il successo dovrebbe stare nello svolgimento, che da par suo alterna cose buone e meno buone. Piace la caratterizzazione ambigua di tutti i personaggi, visto che nessuno è completamente buono o cattivo, ma cerca di barcamenarsi alle prese con una situazione troppo enorme per essere gestita con equilibrio. Di gran pregio è la regia, che riesce a valorizzare la pioggia e farla assurgere a ruolo di protagonista invisibile e sfrutta al meglio le sontuose ambientazioni nordiche. Lo script invece lascia un po’ a desiderare quanto a colpi di scena e il ritmo delle puntate è piuttosto altalenante (la loro brevità in questo senso aiuta).
Netflix con The Rain dimostra di conoscere bene il suo pubblico, visto che si tratta dell’ennesima serie che ha per protagonisti teenager dopo 13, Stranger Things, On My Block, Alexa & Katie e molte altre. Del resto oggi come oggi i millenials sono la chiave del successo di ogni prodotto e vanno blanditi in ogni modo possibile. Assolutamente bingeabile (si inizia e finisce in una giornata) The Rain non setta nuovi parametri nella filmografia apocalittico-distopica ma se non altro non è The Walking Dead with teens e già questo è meritorio…
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