È curioso che sia trascorso quasi un decennio da quando la FOX decise di trasporre il comic book Locke & Key di Gabriel Rodriguez e Joe Hill – quest’ultimo figlio del più noto scrittore Stephen King – e che solo oggi sia possibile goderne la concretizzazione su Netflix che, da qualche settimana, ha reso disponibile sulla piattaforma la serie televisiva omonima. Accantonato definitivamente il pilot – proiettato in occasione del Comi-con di San Diego nel 2011 e mai ordinato dall’emittente – Locke & Key passò nelle mani di Hulu che nel 2017 fece più o meno la stessa cosa, lasciando nuovamente cadere il progetto nel dimenticatoio, fino a quando Netflix, nel 2018, non ci mise sopra le mani proponendo un adattamento, in collaborazione con Hill, teen-oriented e produttivamente “personalizzato”. Come tante nuove stagioni made in Netflix, realizzate senza perdere di vista il target di maggioranza e il rischio d’investimento, la serie prodotta IDW Entertainment consta di dieci episodi dalla struttura elementare – che tradisce qualche ingenuità nella scrittura di personaggi e relazioni – e da una messa in scena ricca di CGI (non sempre convincente). Nonostante ciò Locke & Key si dimostra una serie tv contraddistinta da soluzioni narrative originali e dotata di un buon ritmo.

La storia, che vede la famiglia Locke tornare nella residenza di famiglia dopo la morte del capofamiglia Rendell Locke (Bill Heck), segue le avventure di tre fratelli alle prese con una bizzarra caccia al tesoro capace di catapultarli in luoghi tanto misteriosi quanto pericolosi. Nel passaggio dal fumetto alla serie tv, a partire dal cambio di ambientazione – quantomeno nominale – è possibile speculare sulla diversa natura della narrazione e del suo sviluppo. Se negli albi originali la Keyhouse (la villa dei Locke) è ubicata nella cittadina immaginaria di Lovecraft, con tutte le implicazioni arcane e stranianti sostenute e sigillate dalle tavole disegnate – che peraltro confezionano una storia decisamente horror – la location della serie è una fantomatica Matheson, in cui sembrano imporsi il fantasy e l’avventura, con una gamma di luci e colori capaci di ravvivare scene e atmosfere, e in cui il plot twist assume un ruolo decisivo.

Locke & Key sembra così voler mutare la sua natura, organizzando il racconto attorno a un concept meno ermetico e più alla portata di un pubblico vorace, curioso e in cerca di uno spettacolo disimpegnato. Il cambio di rotta, nonostante farà storcere il naso ai fan più accaniti, sembra comunque trovare una sua dimensione spettacolare, dove il ricorso ai teen movie più e meno recenti e alle dinamiche da teen drama sembrano riuscire ad aggirare il peso di temi e situazioni drammatiche (omicidio, violenza, pazzia, alcolismo) che, comunque, trovano ancora spazio nella storia.

Insomma, augurandoci che una seconda stagione possa in parte correggere il tiro e offrire uno show ancor più ricco di colpi di scena, rimandiamo momentaneamente il giudizio, prevedendo che a Stephen King sicuramente piacerà…



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