Direi di partire con una tautologia: un videogioco non può sopravvivere di concetti. Questi possono essere stilisticamente ricchi e galvanizzanti, eppure, se veicolati da una sostanza ludica claudicante, per quanto meravigliosi restano semplici idee. Hellpoint, in parte, ne è un chiarissimo esempio.

Ho tirato in ballo i concetti per ovvie ragioni: Hellpoint ha un concept dannatamente avvincente. Una perfetta commistione di immaginari che spaziano dallo sci-fi horror tipico di franchise come Doom e Dead Space, a elementi più grimdark, come Warhammer 40.000. Naturalmente il citazionismo estetico non finisce qui: non mancano infatti richiami concettuali provenienti da numerosi altri media, cinema e letteratura in primis. Credo in fondo tutti gli amanti di John Carpenter e di Clive Barker apprezzeranno le idee. Io l’ho fatto, nonostante tutto.

DARK SCI-FI COME PIACE A NOI

Un futuro ipotetico e una stazione spaziale. Una perfetta introduzione da canone fantascientifico, ulteriormente arricchita da un buco nero sulla soglia di casa e da tecnologie dal risvolto oscuro. Qualcosa – molto probabilmente un’anomalia cosmica – sta collimando l’insieme di realtà che compongono il Multiverso (?), alterando di conseguenza l’equilibrio fisico e mentale degli occupanti della stazione di Irid Novo. Come se ciò non bastasse, continui collassi quantici portano esseri dalle chiarissime fattezze demoniache a sciamare casualmente nell’ambiente di gioco, rendendo l’esperienza ulteriormente fiaccante. Tuttavia, nonostante le premesse, in questa occasione non vestiremo i panni di un leggendario marine armato di cannone BFG-9000, ma saremo un semplice umanoide assemblato da una mente superiore che conosceremo come Author, il quale ci incaricherà di indagare su ciò che sta accadendo nella stazione, né più né meno. Ovviamente sarà un calvario.

NASCI, CRESCI E MUORI…ANCORA

Premesse più che discrete, ma allora dov’è il problema? Quel dannato Dark Souls. Non fraintendetemi, la mia non è una sorta d’invettiva nei confronti della punta di diamante di From Software, quanto piuttosto contro quel sistema di gioco che in troppi si propongono di emulare, senza tuttavia raggiungere né sfiorare la precisione della fonte originale. Alcune lacune tecniche, telecamera in primis, coadiuvate a un combat system fin troppo ingessato, non riescono a esaltare i notevoli valori estetici che il videogioco possiede. Tuttavia è doveroso precisare che, per coloro a proprio agio con la tipica formula dei soulslike, l’esperienza complessiva di Hellpoint risulterà ugualmente godibile e frastagliata da momenti di grande intensità.

Come accennavo appena sopra, Hellpoint non gode del miglior combat system della gamma; un aspetto senz’altro non trascurabile, che in un soulslike può fare la differenza fra il restare in uno scenario a vita, o procedere a passo spedito verso l’ennesima speedrun. Ciò nonostante, il buon livello di personalizzazione permette di costruire build sempre più efficaci, implementabili attraverso l’applicazione di chip che ne accresceranno l’efficacia. Proprio la buona varietà di equipaggiamenti influisce sulla qualità complessiva del titolo, che propone assetti per tutti i gusti. Spade e spadoni, fino ad armi da fuoco per un miglior approccio dalle distanze. Naturalmente il binomio spada e scudo è stato salvaguardato per la somma gioia dei puristi. Inoltre, gli attributi ruolistici del personaggio quali forza, salute, riflessi etc, potranno essere accresciuti mediante il consumo di Assioni, una sostanza volatile che i mob rilasceranno una volta abbattuti. A tal proposito, ogni qualvolta vorremo mettere mano alle statistiche del personaggio, dovremo ricorrere alle brecce. Queste sono squarci dimensionali la cui funzione ereditata dai falò nei Souls ci permetterà, fra le altre cose, di respawnare ogniqualvolta periremo. Se ci capiterà di morire in gioco (e ci capiterà), perderemo il totale degli assioni cumulati, successivamente recuperabili tornando sul posto. Attenzione però, morire una seconda volta prima di aver recuperato gli assioni comporterà la loro definitiva perdita. Tutto come d’abitudine, insomma.

PENSA PRIMA DI COMBATTERE

Anche in Hellpoint, saper innescare intelligenti sequenze melee è di vitale importanza al fine di sopravvivere e procedere oltre. Seppur con una logica meno punitiva rispetto ai titoli di Miyazaki, in Hellpoint non ponderare le proprie mosse si traduce molto spesso in una disfatta clamorosa. Per questa ragione bisogna necessariamente valutare ogni singola azione, a cominciare dai pattern di attacco dei vari mob, senza però dimenticarsi di tenere d’occhio i parametri del giocatore, stamina e vita in primis.

Cradle Games nel replicare dinamiche di soulsiana memoria non si dimentica però di innovare. In più circostanze infatti ci ritroveremo a dover affrontare sezioni platform che richiederanno un buon utilizzo del salto, qui ottimizzato in maniera davvero brillante. Inoltre il gioco ci metterà a disposizione degli iniettori per la cura che si ricaricheranno durante le fasi di combattimento. Questo spingerà il giocatore ad affrontare il più alto numero di mob possibili, aumentando parallelamente la dinamica complessiva degli scontri. Sul fronte boss fight però Hellpoint non convince. Seppur ispirati dal punto di vista estetico, i boss affrontati durante l’esperienza risultano spesso caratterizzati da pattern fin troppo schematici e mai realmente ostici. Un gran peccato.

UNA BUONA PREMESSA PER IL FUTURO

Sul piano puramente audiovisivo, Hellpoint ne esce senza infamia e senza gloria, con un comparto grafico più che sufficiente e perfettamente in linea con i standard della sua produzione, che tuttavia, in particolare nelle sequenze più lugubri e horror, riesce a incalzare il giocatore con autentiche atmosfere al cardiopalma, complice anche un sonoro a tratti sorprendente.

In conclusione, Hellpoint è un titolo che mi ha lasciato piuttosto interdetto: notevole sotto numerosi aspetti, perlopiù estetici, ma non eccessivamente convincente sul piano ludico. Troppe derivazioni e poche vere intuizioni non mi hanno fatto apprezzare la new entry di Cradle Games come speravo. Tuttavia è innegabile l’estro di un team che ha saputo amalgamare con successo una lunga serie di concept, tutti perfettamente incastrati in una cornice ludica indubbiamente giocabile. Consiglio di tenere a portata di radar questo team.



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