Stefano, il protagonista del fumetto Quasi nessuno ha riso ad alta voce, è chino su un tavolo da disegno.,

Stefano è un uomo apatico, probabilmente depresso, divorziato. Vive nella bassa ferrarese, lontano dalla cordialità e dagli affetti, un’esistenza placida e mite, di quelle che non lasciano traccia, fino al primo gennaio in cui alla sua porta suonano i carabinieri per annunciargli il ritrovamento del corpo di Matilde, sua sorella. Ma quale sorella?

Stefano non ha mai saputo di avere una sorella. Pur senza strapparlo dal suo rifiuto delle emozioni, gli eventi costringono Stefano a scrutare oltre la cortina fumogena della vita, osservando verità che di norma si nascondono oltre il piano fisico della percezione corporea. Nel mezzo di una provincia rarefatta, Alessandro Pastore aka Pastoraccia guida il protagonista del suo Quasi nessuno ha riso ad alta voce attraverso uno studio delle emozioni e delle reazioni che seguono una rivelazione di questa portata. Stefano procede barcollando, avvolto dalla nebbia che emana dal Po’, sospinto e respinto dalle poche persone che gli orbitano attorno: la vicina Ines, l’amico Gurz, l’ex moglie, il corpo di Matilde. 

Nonostante sia quasi all’esordio nel fumetto, Pastoraccia procede invece con la sicurezza del fiume, forte di uno stile personale di fortissimo impatto che attinge a diverse ispirazioni artistiche (dalla raffigurazione dell’antico Egitto alla metafisica) per sintetizzare un’atmosfera mistica, rarefatta, illusoria, seducente.  Quasi nessuno ha riso ad alta voce è un giallo atipico e uno studio dell’animo umano, uno studio grafico straniante e una narrazione stordente come uno stupefacente. 

Una splash page di Quasi nessuno ha riso ad alta voce che raffigura una cascina sul fiume Po, con alcune vignette in cui appaiono un pesce e l'anziana coppia di proprietari.

Ciao Alessandro (o preferisci Pastoraccia?) è un piacere averti sulle nostre pagine! Ti va di presentarti ai nostri lettori?

Ciao sono Alessandro, alias Pastoraccia. Vivo a Bologna e sono un visual designer. Collaboro con diverse realtà passando dal disegno, fumetti alla grafica fino a fotografie e video. Dal 2019 faccio parte della redazione di Canicola.

Il primo dettaglio del tuo fumetto ad avermi colpito è il titolo: Quasi nessuno ha riso ad alta voce. Da dove viene? Lo colleghi a un momento particolare del racconto?

Quasi nessuno ha riso ad alta voce deriva dal personaggio di Ines, che all’interno della storia incarna un certo ridere sarcastico, e non per allegria. Con l’editore, Canicola, abbiamo voluto ricreare fin dal titolo un clima narrativo che restituisse immediatamente un’atmosfera. Un po’ come nei titoli dei film di Lina Wertmüller o di alcuni libri della collana “I classici del giallo”, dove l’immagine che scaturisce dalle parole suggerisce già di per sé una certa situazione.

Sono un gran sostenitore della teoria di Boris Battaglia che i fumetti siano da guardare, prima ancora che da leggere, e così appena ho messo le mani su Quasi nessuno ha riso ad alta voce l’ho sfogliato tutto, pagina per pagina. Alla fine mi è rimasta addosso la malinconia vuota e rarefatta della provincia. Si tratta di un effetto collaterale, colpa del mio essere uomo di provincia che odia la provincia, o è un sentimento anche tuo travasato tra le pagine?

Penso che quel sentimento di malinconia o di vuoto non sia legato alla provincia ma prima di tutto a una precisa atmosfera che volevo ricreare. Gli spazi ampi e desolati hanno amplificato quello stato emotivo di sospensione, di malinconia, ma con un tono di maraviglia, creando un effetto di alterità. La provincia in alcuni casi può amplificare queste sensazioni  ma in realtà la si può ritrovare anche in alcune zone urbane delle città. Penso a quelle zone che una volta erano aree o villaggi industriali e la natura si riprende i suoi spazi. È quello che Gilles Clemont definisce “terzo paesaggio”.

La vicenda del fumetto, ovvero quella di Stefano che scopre di avere una sorella solo nel momento in cui viene ritrovata morta, risuona come un caso di cronaca plausibile, verosimile, eppure è finzione. Da dove ti è nata l’esigenza di raccontarla?

La storia è partita da un aneddoto familiare su un aborto spontaneo. Quello è stato semplicemente un punto di partenza per poi andare in tutt’altra direzione. Quando ho visualizzato per la prima volta il corpo di Matilde morto, non sentivo la necessita di creare una storia d’indagine “classica” poliziesca ma volevo concentrarmi sulla reazione psico-emotiva di Stefano, una persona apatica, nel momento in cui riceve una notizia così forte: l’esistenza di una sorella e della sua contemporanea morte.

Un flashback dal passato di Matilde, la sorella di Stefano, protagonista di Quasi nessuno ha riso ad alta voce.

Il tuo segno grafico è un continuo rimando alla metafisica, e suona di concerto con le vicende narrate, in cui ciascuno dei tuoi personaggi cela una diversa verità dietro l’apparenza fisica. L’uno è conseguenza dell’altro?

Ognuno dei personaggi ha un enigma che lo avvolge, gli spazi e gli oggetti cercano di darne forma per giungere a una possibile soluzione. C’è molta ambiguità nei protagonisti della storia che sia per un ipotetico passato rimosso o per trasgressioni più o meno nascoste. Causa ed effetto sono molto legati in modo reciproco nello svolgimento della storia. Il segno grafico dei personaggi più minimale e poco caratterizzato fa da controbilancia ai paesaggi, agli abiti e agli oggetti che sono più dettagliati. Un po’ come nelle piazze d’Italia di de Chirico dove tutto ciò che è inanimato è più dettagliato degli essere umani, che risultano solo abbozzati e poco caratterizzati.

Per Stefano, il protagonista del tuo fumetto, quelli che dovrebbero essere affetti o legami sono invece persone apertamente ostili, o manipolatorie: dall’ex moglie al miglior amico. Il solo conforto arriva dagli estranei, il barista delle prime pagine, Ines la vicina di casa o la signora Cappelli: è una visione della vita che condividi?

In realtà non sono manipolatorie, ma sono persone o apertamente in conflitto con la natura apatica di Stefano, penso alla ex moglie, o poco trasparenti a loro stessi, per non creare ulteriori conflittualità nella propria vita e in quella del protagonista, come Gurz. L’estraneo, come la signora Ines o il barista sono comunque persone in cui Stefano s’imbatte più o meno in modo quotidiano e che fanno da specchio alla sua personalità. L’estraneo incarna il “puro”, ciò che è fuori di noi ma anche ciò che viene o cerca di venire fuori da noi, come la signora Cappelli che rappresenta il trasgredire.

È una fetta della visione della vita che ho… le relazioni penso non siano semplici. Sono  l’unione di personalità con sfaccettature diverse, tra cui spesso nel rumore di sottofondo della società odierna è difficile ascoltare ed ascoltarsi.

Stefano poi è un personaggio particolarmente apatico, distaccato al limite della depressione: nella tua immagine che hai di lui è una causa o un effetto dei suoi rapporti familiari e di amicizia?

Stefano è sia causa del suo “male” ma è anche effetto. Ogni sua azione genera un risultato e lui è il frutto delle sue stesse azioni.  Nulla esiste in modo indipendente anzi, si relaziona con ciò che c’è intorno.

Quasi nessuno ha riso ad alta voce è presentato nei materiali stampa di Canicola come un giallo, ma è un giallo un po’ anomalo, di quelli in cui né il lettore né il protagonista dispongono di tutti i pezzi per risolvere il mistero, fino all’intervento risolutivo di Gurz, l’amico del protagonista: eppure il giallo alla fine del volume persiste. La ricostruzione di Stefano e di Gurz è solida e plausibile, ma è vera? Anche in questo caso la verità si nasconde dietro l’apparenza materiale?

Sì, non ho voluto lavorare col metodo della “bomba sotto il tavolo” e della suspance per risolvere il mistero, ma creare una dimensione di sospensione del tempo e focalizzarmi su tutto quello che c’è e c’era attorno alla defunta.

Sull’evento narrato non c’è un collegamento a un evento reale nello specifico, è la messa insieme di contesti e posti che ho visitato o di cui mi hanno raccontato, per poi riproporli in modo immaginario e mediato da un mio gusto narrativo. La verità, nello specifico di questa storia, non è dietro agli oggetti. Anzi, reputo gli oggetti contenitori emotivi e di ricordi che proprio in quanto tali possono essere falsati dal tempo e dall’emozione di quel momento.

Alcuni esempi di rimandi artistici all'interno di Quasi nessuno ha riso dal alta voce di Pastoraccia.

Dal punto di vista grafico (ma anche da quello letterario) il fumetto è denso di riferimenti, dai più espliciti rimandi a de Chirico fino alle centinaia di piccoli e grandi oggetti che costellano le pagine passando attraverso le atmosfere della letteratura italiana del ‘900: cosa li ha portati dentro il tuo racconto?

Nei riferimenti citati, a cui ne aggiungo altri come Cagnaccio di San Pietro e altri pittore o scrittori di inizio Novecento annoverati sotto il Realismo magico,  percepisco sempre un sentimento di tempo lento, di attesa, di sospensione ma dove attorno percepisci che c’è qualche elemento straniante. Come se l’attesa stesse per portare un accadimento. Questo fa da propulsore principale in me sia in senso di attrazione che di immaginazione.

Il motivo principale di queste scelte, al di là di una forte passione e in cui mi ritrovo è il sentimento dell’anemoia, ovvero la nostalgia di un tempo che non hai mai conosciuto e che si prova non solo per il passato, ma anche per il tempo futuro. L’anemoia è una vera e propria attitudine e la si sente anche nei confronti di persone, momenti, luoghi e oggetti che non sono mai esistiti o di cui, chi ne soffre, non ne ha mai fatto esperienza diretta.

Questo è il tuo esordio in volume, dopo la storia Parada pubblicata sula rivista Nuovi argomenti. La tua è carriera poliedrica, come sei arrivato al fumetto, e a questa forma del fumetto? Come è nato il tuo rapporto con Canicola?

Al linguaggio del fumetto in forma concreta, pratica e non di solo letture sono arrivato in età adulta. Ho sempre disegnato in modo estemporaneo per tutto il periodo scolastico e gli anni successivi. Il vero cambiamento c’è stato quando ho cominciato a studiare all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove ho iniziato a conoscere il linguaggio formandomi sia in termini teorici che pratici. Soprattutto disegnare, leggere e scrivere è diventata una pratica sempre più frequente fino a diventare quotidiana. Il rapporto con Canicola è iniziato scoprendo la casa editrice durante il periodo accademico. L’impatto con le loro pubblicazioni è stato molto forte e stimolante, avevo da poco iniziato a leggere le mie prime graphic novel e certi fumetti “classici”, dopo essermi nutrito saltuariamente di fumetto seriale mainstream. In una seconda fase ho conosciuto i curatori, di cui uno è docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna, iniziando a instaurare un rapporto di dialogo umano prima che professionale. Finito il percorso di studi mi è stato proposto di collaborare come grafico e poco dopo sono entrato nella redazione di Canicola, e da lì gradualmente ha preso forma il progetto di Quasi nessuno ha riso ad alta voce.

Link Amazon.

La copertina di Quasi nessuno ha riso ad alta voce di Pastoraccia, che raffigura il protagonista Stefano chino su un tavolo con una donna seduta ai suoi piedi.

 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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