Ossequioso della tradizione, spettacolare, ironico: anche il secondo viaggio dell’Enterprise guidata da J.J. Abrams si svolge senza scossoni e termina felicemente in porto. Un connubio vincente, che conferma le indubbie doti del regista e, pare, un impercettibile ma costante miglioramento della sua capacità di trasporre sullo schermo quanto vergato su carta.

Into Darkness inizia come Indiana Jones (primo e non ultimo di una lunga serie di riferimenti ai blockbuster degli anni ’80) prosegue come un “classico” film di Star Trek, si riunisce al primo episodio e termina come una pellicola di 007. In mezzo sequenze spettacolari (forse meno numerose di quanto sarebbe lecito aspettarsi) e una sfilza di ottimi dialoghi ben interpretati da un gruppo di attori validi e coesi.

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Stavolta Kirk e compagni hanno a che fare con un nemico subdolo ed apparentemente invincibile: la novità più gradita di Into Darkness è proprio l’oramai onnipresente Benedict Cumberbatch , il cui personaggio (che noi NON riveleremo e peste colga chi spoilera il suo nome) nonostante difetti di argomentazioni a supporto della sua azione criminale, bilancia il tutto con un carisma fuori parametro. I confronti tra “Sherlock” e Spock sono il valore aggiunto di una sceneggiatura frizzante, che per il resto abbandona gran parte dell’equipaggio per concentrarsi sul terzetto Kirk, Spock (e relativo rapporto amicale) e Scotty, dichiarata macchietta comica ma mai troppo sopra le righe.

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Quasi sempre perfettamente bilanciato, Into Darkness soffre di alcune sporadiche cadute di stile, quasi tutte concentrate nell’eufemisticamente superfluo personaggio incarnato dalla procace Alice Eve, non particolarmente talentuosa ed arrivata al cinema che conta dopo una lunghissima gavetta (buon per lei…). Gradevole anche per i non appassionati di fantascienza, Into Darkness è invece una visione imprescindibile per i trekkies, che apprezzeranno la mostruosa quantità di citazioni, riferimenti e citazioni pescate a piene mani dalla serie originale e dai film degli anni ’70 (tre in particolare sono davvero da applausi perchè…).

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Che dire? Il rilancio del brand, qualora esistessero ancora scettici dopo il primo (ottimo) capitolo è di palese evidenza, così come le grandi aspettative per il recupero dell’infinito materiale Star Warsiano da parte di un autore che, forse perchè sinceramente appassionato e nostalgico o forse solo perchè cinico ed abile calcolatore, sa però quali tsubo premere per fare accendere l’entusiasmo dello spettatore. Ed ora a velocità warp verso il prossimo obbiettivo: Episodio VII & 2015…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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1 Comment

  1. Non ho mai confidato molto nelle capacità di scrittura e regia cinematografica della generazione Lost, cresciuta ed esplosa nel mezzo televisivo e per certi versi sopravvalutata, ma resto ottimista poiché Abrams già con i suoi primi esperimenti ha dimostrato di essere capace di girare e raccontare storie che, seppur senza lasciare una traccia che non sia la pura ed immediata gratificazione dello spettacolo, sono tutto sommato godibili.

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