Con l’arrivo di Apple Music, i servizi di musica in streaming sono diventati definitivamente una parte fondamentale del mercato musicale. In molti paesi, soprattutto in occidente, lo streaming e il download di brani attraverso negozi online è un business più importante della vendita di CD e vinili; e nonostante sia ancora poco chiaro quanto denaro possa arrivare agli artisti tramite questi servizi, è indubbio che questo tipo di offerta, e la competizione tra numerosi servizi diversi, permetta agli utenti molti modi per accedere enormi cataloghi di musica a prezzi molto vantaggiosi. Ci concentriamo qui sui tre più discussi e popolari servizi disponibili in Italia.
Gratuito con pubblicità; a pagamento per 9.99
Spotify è stato il primo servizio di streaming a raggiungere un vero successo in giro per il mondo, grazie ad una libreria piuttosto ampia e un servizio accessibile sia gratuitamente che a pagamento. Gli anni di esperienza nel mercato fanno sì che il serivizio sia ancora molto solido. L’offerta è notevole, la qualità audio è ottima (soprattutto se si paga, così da avere la possibilità di ascoltare musica a 320kbs), e il servizio è disponibile in tutti i formati possibili, sia come app su smartphone, che per desktop (Mac e PC), web app, Playstation 3, 4… Spotify è ovunque.
Quello che non convince in Spotify è la personalizzazione: le radio ispirate ad un artista particolare tendono a ripetere spesso gli stessi brani, e le possibilità di adattare il servizio ai propri gusti sono piuttosto limitate. Detto questo, l’utenza del servizio è tale da offrire migliaia di playlist create dagli utenti, e molte di queste sono ottime. L’aspetto “social” del servizio è molto efficace in questo senso, anche se richiede lavoro nel cercare persone che condividono i propri gusti.
Adesso che la concorrenza è aumentata, Spotify sta anche provando a trovare modi per distinguersi dai suoi imitatori, e offre una modalità specifica per chi corre (dove la musica segue il ritmo del battito cardiaco), e si è anche espansa nel mondo dei podcast.
9.99 per streaming a qualità normale, 19.99 per streaming hifi
Tidal esiste da un po’, ma è salito alla ribalta solo dopo che il progetto è stato preso in mano da Jay-Z. L’idea dietro al servizio è quella di offrire musica in streaming in qualità CD: tutta la libreria è disponibile in formato FLAC, ed è possibile sentire brani in alta definizione sia su desktop che su smartphone. Ora, il problema in questo senso è che è stato provato più e più volte che è molto difficile distinguere tra un MP3 compresso decentemente e un brano in qualità CD a meno di non avere un impianto di un certo livello. Ascoltare musica in alta risoluzione su Tidal con gli auricolari Apple non ha molto senso, ma anche nel caso si abbiano delle cuffie decenti la differenza può essere piuttosto irrilevante.
Per gli audiofili un po’ più seri, però, Tidal ha senso: se si possiede un impianto di qualità, o anche delle cuffie guidate da un amplificatore dedicato di buon livello, la qualità audio è evidentemente superiore anche alla qualità massima disponibile su Spotify. In questo senso Tidal sembra pensato per una nicchia piuttosto ristretta: audiofili in viaggio, o del tutto disinteressati a manterenere la loro collezione di vinili/CD.
Dall’entrata in scena di Jay-Z, il serivizio ha cominciato ad essere piuttosto aggressivo nel presentare brani in anteprima, pubblica playlist create da artisti di rilievo, e ha un’ottima selezione di video musicali. E, per motivi non del tutto chiari, al momento è l’unico servizio in streaming in cui è disponibile la musica di Prince, che ha rimosso la sua discografia da Spotify e Apple Music qualche settimana fa (una situazione che potrebbe cambiare presto: in pieno stile Prince non sarebbe impossibile che dalla settimana prossima tutti i suoi dischi fossero disponibili unicamente in musicassette).
Per i non audiofili, Tidal è una soluzione meno interessante di Spotify o Apple Music, al momento: costa di più e ha una libreria meno folta. Ma se quando sentite un CD nel vostro impianto la qualità è notevolmente superiore a quella offerta da Spotify o simili, Tidal potrebbe valere il prezzo del biglietto.
9.99 per utente singolo, 14.99 opzione famiglia (5 utenti)
Il nuovo arrivato (parzialmente, visto che il servizio è l’evoluzione di Beats Music), ma già un gigante vista l’enorme popolarità di iTunes, software a cui Apple Music è legato a doppio filo, di cui è in un certo senso un’estensione. Da qualche settimana tutti gli utenti di iTunes hanno la possibilità di provare Apple Music per tre mesi, gratuitamente.
In superficie, AM non è molto diverso da Spotify, ma il potere di Apple fa sì che il serivizio abbia dei vantaggi notevoli rispetto alla concorrenza, in particolare se si è utenti della mela da qualche anno, e in soprattutto per i power users di iTunes. Ad esempio: anni fa ho digitalizzato la mia intera collezione di CD con iTunes, e tra iPhone, Mac e iPad ho ascoltato migliaia di brani. Grazie al servizio “genius”, che Apple usa da anni per consigliare musica ai suoi utenti, la casa di Cupertino ha un’idea piuttosto chiara del tipo di musica che mi piace. Così, appena aperto Apple Music mi sono trovato di fronte una serie di playlist e di album in perfetta sintonia con i miei gusti. E in maniera tutt’altro che banale: la maggior parte dei brani suggeriti mi sono nuovi, e mi hanno fatto scoprire immediatamente nuovi artisti di ottimo livello.
Grazie al coinvolgimento di Dr. Dre, Trent Reznor e altri nomi di rilievo, Apple Music ha messo su anche una manciata di radio di ottimo livello, e in generale sembra molto più interessata a far scoprire nuovi artisti all’utente che ad essere un’esperienza “neutra”. Quando funziona è davvero impressionante, anche grazie ad una qualità audio di buon livello, per quanto non comparabile a Tidal. Il problema è che per chi non vuole entrare nel mondo Apple il servizio richiede un investimento iniziale molto più sostanzioso: ci vuole molto più tempo per “insegnare” al servizio che tipo di musica si apprezza, e si deve dare molta fiducia e potere ad Apple, che tutto ad un tratto ospita sulle sue nuvole tutta la propria sensibilità musicale. Non c’è una versione gratuita, tra l’altro: dopo i tre mesi gratis sarà necessario pagare.
Al momento la libreria del servizio non è ancora ai livelli di Spotify, comunque; ma visto il potere di Apple, potrebbe essere solo questione di tempo.
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Grazie!
Per adesso sono abbonato a Spotify e il problema della personalizzazione per me non c’è ascoltando io praticamente solo album interi.
Tidal non mi interessa, i sarebbe invece interessato un approffondimento su Google Play Music, di cui so poco.
In ogni caso con Spotify non ho problemi.
Google Play Music al momento non sembra “completo” come questi altri servizi, per cui l’ho messo un po’ a parte; non escludo di pubblicare un altro pezzo nel futuro, quando la situazione cambia e/o evolve :)
In ogni caso pensò sarebbe importante sapere quanto gli artisti effettivamente guadagnino attraverso questi servizi, cosí da sapere se sentirmi o meno un po’ ladro ;)
Aspetto l’eventuale articolo su Google Play Musica :)