Vulgar Display of Power è il titolo di un album ma potrebbe essere la tag line della nuova serie Showtime che a giudicare dalle prime puntate si colloca in una ideale intersezione tra Suits ed Empire: maschi alpha, lusso sfacciato e brama di primeggiare caratteristici del primo, più un tocco di megalomania in chiave soap peculiare del secondo.

Da una parte Chuck Rhoades (Paul Giamatti), ambizioso procuratore marginalmente interessato al bene comune ma attivamente a caccia del grande caso sul quale costruire una carriera politica di prima classe, dall’altra Bobby “Axe” Axelrod (Damien Lewis) uno spregiudicato gestore di hedge funds che unisce freddezza di calcolo e azzardo da scommettitore, uno che si premura di sottolineare quanto sia sostanzialmente cambiata la sua vita nel momento in cui il suo status patrimoniale è passato da ricco a super ricco. Gli crediamo sulla parola.

Billions pilot

L’impianto narrativo si struttura sul classico scontro di personalità egomaniache all’interno del quale si trovano elementi per detestare sia l’uno che l’altro, quanto per simpatizzare – meno semplice – per l’uno o l’altro anche se dalle prime puntate, insospettatamente, la bilancia pende dalla parte del multimiliardario: il piacere di vedere due attori che abbracciano l’essere sopra le righe del proprio personaggio è però equamente distribuito tra i due.

In Suits sappiamo che i protagonisti sono avvocati perché ci viene detto, perché vengono buttate manciate di termini legali in ogni conversazione e ogni tanto qualcuno di loro addirittura appare fugacemente in un’aula di tribunale, ma la storia ha a che vedere con il successo, l’ambiente legale è solo uno scenario di convenienza, un palcoscenico perfetto per esaltare le prime donne della storia. Questo è vero anche per Billions.

Analogamente a Suits in Billions non entriamo nel merito delle professioni, non abbiamo una descrizione legalmente accurata del lavoro di US Attorney, tanto meno siamo edotti sui meccanismi dell’alta finanza, il che è un peccato visto che uno degli autori è Andrew Ross Sorkin (nessuna parentela con Aaron) editorialista e giornalista economico del New York Times autore di Too Big To Fail, uno che avrebbe i titoli per dare credibilità alla materia trattata dalla serie. I primi episodi si concentrano invece sul materiale umano, sulle spinte emotive che portano il procuratore a inseguire con astuzia il caso della vita e Axe a donare cento milioni di dollari a un istituto culturale per avere il proprio nome sulla facciata dell’edificio riscattando contestualmente un torto subito da ragazzino povero.

Billions

Come è stato fatto notare unanimemente dalla critica questo è uno show “bianco” e prevalentemente maschile. Uno degli avvocati dell’ufficio del Procuratore ricade nella categoria “altra etnia” ed è anche lesbica così, facendo di necessità virtù, con un solo personaggio (minore) Showtime spunta anche la casella “diversità sessuale”. Ma sono le mogli ad avere un ruolo di rilievo anche se un passo indietro rispetto ai protagonisti. Una nota di particolare apprezzamento va però a Wendy Rhodes (Maggie Siff) consorte del Procuratore, uno dei vertici dell’azienda di Bobby in qualità di irrinunciabile psicologa, che sembra la versione anni ’00 del ruolo femminile descritto da Joan Harris di Mad Men: “He may act like he wants a secretary but most of the time they’re looking for something between a mother and a waitress. And the rest of the time, well…”

Maggie Siff - Billions

Una serie destinata a un piacevolissimo consumo ma con le potenzialità per essere una sorpresa se al mix Suits più Empire più ottimi attori verrà aggiunto anche un po’ della precisione e dell’attenzione per la materia trattata propria, ad esempio, di  The Good Wife.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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