“Gioco: passatempo o svago per ritemprare le energie fisiche e spirituali”

“Fiaba: Racconto fantastico in cui domina il meraviglioso. Anonimo e popolare, vi si possono riconoscere tracce di antiche credenze, esseri magici e di antichissime usanze”

Abbiamo tutti giocato a centinaia di giochi. Alcuni li abbiamo terminati, altri li abbiamo abbandonati a metà, ma solo pochi hanno raggiunto quella stanza segreta nascosta nel cuore di ogni giocatore riservata ai titoli speciali. Quelli a cui non abbiamo solo “giocato”, ma a cui abbiamo ripensato anche lontani dalla console, che ci sono tornati in mente anche ad anni di distanza, quelli che sospiriamo di nostalgia quando ascoltiamo la colonna sonora. Sono i giochi che abbiamo respirato, sudato vissuto fino all’ultimo pixel.
Ognuno ha i suoi, ma tutti ne abbiamo almeno uno. Quando un mezzo di intrattenimento diviene un pezzo di vita vissuta, un’esperienza a se stante, c’è qualcosa che lo trasforma e che da Gioco lo rende Fiaba.

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Come sono le fiabe videoludiche? Che elementi contengono?

Per rispondere, nelle righe seguenti aprirò la mia stanza segreta di gamer e vi parlerò di tre di giochi che vi conservo: Ico, Final Fantasy VII e Monument Valley. Ho volutamente scelto tre prodotti piuttosto distanti tra loro, sia per piattaforma di riferimento che per genere videoludico, così da poter avere una visione più ampia ed individuare, al di là delle caratteristiche specifiche del singolo prodotto e del frangente in cui ha raggiunto la vita di ogni giocatore, i tratti comuni.

Il protagonista

Non importa che sia un ragazzino o un uomo, una donna o un animale: quel che fa un buon protagonista, per i giochi come per i romanzi, i film e le serie TV, è la possibilità per il pubblico di riconoscersi e in parte identificarsi. Ritroviamo la sensazione diversità che prima o poi capita a tutti di provare nella vita nella vicenda di Ico, perseguitato per le sue corna; la ricerca di sé e della propria strada di Cloud Strife risuona in ognuno; ci rivediamo nella curiosità con cui Ida esplora le rovine di Monument Valley. Non basta comprendere un protagonista e conoscere la sua storia, perchè divenga il nostro alter-ego fiabesco dobbiamo poterci specchiare, immedesimare.

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Il contrasto

E’ con il contrasto che la fiaba-gioco inizia ed è sempre il contrasto a fornire per tutta la sua durata gli estremi tra cui le vicende si dipanano. Ripenso all’indimenticabile intro di Ico: un bambino che viene condotto lontano e offerto in sacrificio nel ventre di una costruzione cupa e spaventosa ma anche affascinante e imponente, isolata dal mare ma anche graziata da un panorama bellissimo. I suoi carcerieri condannano, eppure lo salutano chiedendogli di non odiarli, affermando di agire per il bene del villaggio. Bastano quei pochi minuti e quelle due righe di dialoghi per tratteggiare i contorni di un universo complesso, in cui bene e male spesso si mischiano e si confondono, ma non smettono di scontrarsi. Poi ripenso all’altrettanto impareggiabile sequenza introduttiva di Final Fantasy VII: immagini di Aerith incantata ad ammirare la luce verde dell’energia del pianeta si alternano ad immagini di Cloud impegnato in un’azione terroristica con l’Avalanche per far esplodere un reattore Mako. Dolcezza e violenza, combattimento e armonia naturale: anche qui non ci troviamo davanti al bene e al male, che fanno da motore all’intera vicenda fornendo l’ossatura all’ambientazione del gioco ma anche lo schema di riferimento alle riflessioni del giocatore. Anche Monument Valley, nella sua storyline minimalista di puzzle game, contrappone la decadenza della valle al tocco rivitalizzante di Ida, così come il suo brillante candore al nero dei corvi che abitano le rovine.

L’ignoto (e la sua esplorazione)

Un passo dopo l’altro, l’intero Monument Valley è una scoperta. La protagonista è un’esile figuretta bianca che vaga in una valle di rovine enormi e mobili, illusorie: è circondata dall’ignoto, lo attraversa e lo scopre poco a poco, con delicatezza e rispetto. Come lei, anche Ico viaggia nell’ignoto delle grandi stanze di un luogo sconosciuto, accompagnato da una ancor più misteriosa Yorda che si esprime in un idioma sconosciuto. Infine Cloud e il suo gruppo, in Final Fantasy VII esplorano l’intero pianeta sulle tracce di Sephiroth, trasformando di saving point in saving point l’iniziale distesa sconosciuta dei due continenti in Km percorsi a dorso di Chokobo.
L’ignoto è il contenitore ed il confine dell’avventura, grazie ad esso esiste lo spazio perché la narrazione si sviluppi. Il viaggio nell’ignoto è forse la metafora più diffusa e calzante dell’esistenza: addentrarvisi un passo dopo l’altro, incerti su cosa attendersi dalle terre inesplorate eppure anche curiosi di scoprirne le nuove possibilità, i tesori nascosti, le sfide.

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La magia

Il pianeta è permeato di magia in Final Fantasy: una magia naturale e potente, che possiamo utilizzare per combattere, per i summon, per incantare. Ico guida Yorda nel labirinto della costruzione di cui sono prgionieri aprendone i portali con la magia del tocco della giovane e combattendo le creature d’ombra che magicamente appaiono ad ostacolarli. Le rovine della valle si animano e si trasformano con prospettive magiche intorno alla principessa Ida. E’ la magia che trasforma le cose, fornisce la spinta in più che dona profondità e fantasia alle vicende, ad inserire gli strumenti e gli elementi che tolgono il limite alla fantasia e permettono alla storia di svolgersi imprevedibile. Quando la vicenda assume contorni magici ben fatti, si avvicina all’immaginazione, al sogno lucido e intenso, che innesca quella sensazione di meraviglia che non vogliamo scordare.



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