Wade Wilson (Ryan Reynolds), ex agente operativo delle Special Forces e mercenario chiacchierone e fancazzista a tempo perso, ciondola per bar malfrequentati senza che la sua vita riesca a prendere una direzione precisa finchè non incontra l’affascinante Vanessa (Morena Baccarin). Il grande amore tra i due è bruscamente interrotto dalla scoperta di un tumore in fase terminale da parte di lui, che pur di guarire accetta di sottoporsi ad un esperimento propostogli da una società criminale segreta che lo trasforma in un mutante invincibile ma orrendamente sfigurato. Assunta l’identità di Deadpool, Wilson si trasforma in un (anti) eroe e inizia a dare la caccia ai criminali che lo hanno reso un mostro agli occhi di tutti…

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Da morir dal ridere, davvero. Col senno di poi è facile dire “bastava pensarci”, eppure ci sono voluti più di quindici anni per portare Deadpool al cinema e, soprattutto, portacelo così. Bastava, appunto, prendere tutto quanto visto e sentito in tre lustri di produzioni superoistiche e, semplicemente, irriderlo. Tanto è servito per trasformare Deadpool nella commedia più divertente degli ultimi anni e nel film che segnerà un punto di non ritorno per le produzioni del genere presenti e future.

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Così, se in Dc stanno iniziando a preoccuparsi a causa dell’eccessiva autorialità dell’imminente Batman vs Superman, in Fox si fregano le mani per aver puntato tutto su uno script (segnatevi i nomi degli autori,Rhett Reese e Paul Wernick) che passa 100 minuti a prendere in giro tutto quello che può avere anche solo minimamente a che fare con l’universo dei supereroi. Più di Ant-Man, più de I Guardiani della Galassia, più di tutti.

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Deadpool è ruffianissimo. Non c’è espediente visuale (slo-mo in quantità industriale, CG mai ostentata ma inserita là dove serve, i titoli di testa e la clamorosa sequenza post credits) o verbale (protagonista che si rivolge direttamente al pubblico, personaggio che prende in giro l’attore che interpreta quello stesso personaggio e la casa di produzione, citazioni, riferimenti, volgarità assortite) che non venga utilizzato per suscitare la risata a denti stretti o la sghignazzata rumorosa. Bisogna aver fiducia, stare al gioco e lasciarsi trasportare senza opporre resistenza.

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A crederci per primo è Ryan Reynolds che compie la sua catarsi finale: dopo un periodo terribile, costellato di flop e iniziato proprio con Lanterna Verde (ovviamente irriso a dovere…) , l’attore trova la sua maschera ideale e dà a Deadpool un’identità precisa e immediatamente riconoscibile. Tutti i comprimari funzionano alla grande, a cominciare dall’assurda coppia di mutanti (solo due, perchè gli altri costavano troppo…) messi accanto a Deadpool come improbabili partner (Colosso e Testata Mutante Negasonica) e, per una volta, anche i cattivi, antipatici quanto basta.

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Trionfale al botteghino, a fronte di un costo risibile, Deadpool conferma che la prima regola del cinema è intrattenere. Spogliato da ogni pretesa di autorialità, cazzone e cretino come pochi, il film segna la nascita di una nuova e brillante stella nel firmamento dei supereroi, una supernova capace di oscurare tutte le altre. Il rischio di essere inondati da cloni malfatti c’è, chiaro, ma c’è un tempo per ogni cosa e ora è quello di andare a vedere Deadpool e ridere di e con lui.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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