Naji al-Ali era nato nel 1936 a Al-Shajara (italianizzato Asciagiara), un villaggio a quattordici chilometri da Tiberiade, oggi facente parte dei territori dello stato di Israele. Come i vicini paesi di Lubya ed Hittin, anche questo fu abbandonato durante la guerra arabo-israeliana: i suoi abitanti sono parte delle circa settecentomila persone che composero l’esodo palestinese (definito in arabo nakba: “disastro”, “catastrofe”). Al-Ali crebbe nel più grande campo profughi palestinese del Libano meridionale, Ain al-Hilweh. Lo stesso autore ricorda, in un’intervista rilasciata a Budapest nel 1984 alla scrittrice egiziana Radwa Ashour e pubblicata sul quotidiano al Muwajaha nel 1985 e che apre il primo segmento tematico del volume, «[…] Come gli altri del Campo, sentivo il bisogno di esprimermi. Alle ricorrenze nazionali partecipavo alle manifestazioni e, come tutti, subivo prepotenza e prigionia. In quel periodo ha cominciato a svilupparsi dentro di me il bisogno di disegnare, dovevo disegnare per forza; così ho cominciato a tentare di esprimere le mie posizioni politiche, i miei pensieri e la prepotenza che subivo, attraverso i disegni sui muri. Tutte le volte che venivo arrestato, ero attento ad avere con me la mia matita anche in carcere». Quest’abitudine di fare graffiti gli consentì di esser notato da Ghassan Kanafani, scrittore e leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, poi ucciso dal Mossad nel 1972, che per primo volle pubblicare le sue vignette sulla rivista al Hurriyya. Era l’inizio di una carriera che Eris Edizioni ed il Comitato di Solidarietà con il Popolo Palestinese di Torino raccontano con delicatezza ed attenzione in Filastin. L’arte di resistenza del vignettista palestinese Naji Al-Ali.
Dopo i primi due paragrafi dedicati, rispettivamente, ad una biografia dell’artista e ad un’analisi della sua opera – sia stilisticamente che contenutisticamente – il volume propone una divisione tematica che segue un movimento dal particolare geopolitico all’universale valore (economico o etico), che delinea l’opinione dell’artista quanto più completa e complessa possibile; le vignette sono corredate da didascalie informative che, oltre che presentare la data della pubblicazione ed eventuali traduzioni, si propongono di chiarire ulteriormente i temi, la visioni dell’autore ed il momento storico in cui sono pubblicate. Il tutto rende conto dell’opera di Naji al-Ali che, non a caso, fu definita dal britannico The Guardian «ciò che c’è di più vicino ad un’opinione pubblica araba». Il volume è intervallato da numerosi estratti in cui è possibile leggere le riflessioni dell’artista stesso: sono passaggi di grande valore etico e storiografico, che delineano con estrema cura la figura umana e politica di Naji al-Ali, decisamente meno nota dei suoi lavori. È così che apprendiamo della nascita di Handala, immaginato durante il primo soggiorno in Kuwait, e del valore che questo bambino assume anche per il suo autore: «[…] L’ho presentato ai lettori spiegandolo ampiamente: “Io sono Handala, del Campo Profughi di Ain al-Hilwa, prometto di rimanere fedele alla causa…”. Per la verità questa era una promessa tra me e me, e il personaggio di questo piccolo bambino scalzo simboleggia la mia infanzia. […] Il personaggio di Handala era per me un’icona che non ha permesso al mio spirito di soccombere ogniqualvolta sentivo un po’ di pigrizia, oppure quando stavo per dimenticare o trascurare i miei doveri. Questo bambino è come una goccia d’acqua sulla mia fronte che mi tiene sveglio e mi protegge dal cadere in errore e dal perdermi. Per me è come una bussola che mi indica sempre la Palestina, non solo in senso geografico, ma anche umano e simbolico, cioè la causa giusta ovunque sia nel mondo: in Egitto, in Vietnam, in Sudafrica».
Non abbandonarci all’indifferenza ed a uno stile di vita che ha completamente assorbito il consumismo, base di quello che si definisce come “neo-colonialismo”, ormai dominante anche in un panorama fumettistico composto da (presunti o autoproclamatisi) “grandi eventi”: Naji al-Ali è stato assassinato per aver cercato di raggiungere quest’obiettivo e di toccare, con il suo stile asciutto e metaforico, il maggior numero di persone. Era l’agosto del 1987 quando, a Londra, l’artista fu ucciso da agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano: ancora oggi non è stato svelato chi abbia aperto il fuoco. In conclusione, Eris Edizioni ed il Comitato di Solidarietà con il Popolo Palestinese di Torino hanno realizzato, con Filastin. L’arte di resistenza del vignettista palestinese Naji al-Ali, quella che, senza dubbio, è la migliore e più completa raccolta dedicata all’autore palestinese: un volume di prestigio e di grande interesse per qualsiasi lettore.
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