Attenzione: l’articolo contiene spoiler
La locandina del film ci informa “Dal regista di Suicide Squad”: non possiamo dire di non essere stati avvisati.
Lo scorso agosto Disney ufficializza il ritiro di tutti i suoi film dal catalogo Netflix USA a partire da fine 2019 in previsione del lancio di due propri canali dedicati allo streaming. Netflix risponde annunciando la messa in produzione di 80 film da realizzare nell’arco di un anno, le proposte copriranno un range che va dal lungometraggio indie a basso costo a progetti ad alto budget e cast da red carpet. Bright rientra in quest’ultima categoria: 90 milioni di dollari e il potente lead di Will Smith affiancato da Noomi Rapace e Joel Edgerton.
Con queste premesse di budget, cast e genere urban action/fantasy si prospettava un bel regalo di Natale – il film è disponibile a partire dal 22 dicembre – se non fosse per il fatto che Bright è la negazione di quello che dovrebbe essere un film visto che non riesce a portare a casa neanche la missione principale di un’opera cinematografica, ovvero il raccontare una storia e nel mentre magari anche intrattenere. Quello che troviamo invece in Bright è una successione di scene prive di un reale motore narrativo inframezzate da personaggi che a un certo punto si prendono una pausa da tutto quello che succede per raccontarsi, tra loro, a che punto è la vicenda, chi fa cosa, come e per quale motivo. E questo accade sostanzialmente perché in quasi due ore di film la sceneggiatura di Max Landis fallisce nel far capire cosa sta succedendo, qual è il fulcro della vicenda e cosa muove i personaggi. Non viene in soccorso la regia – pigra e demotivata – che utilizza una fastidiosa, scrosciante e onnipresente pioggia come mezzo per drammatizzare gli eventi e nel tentativo di suggerire un’atmosfera cupa, plumbea, per quella che altro non è se non una lunga e tediosa fuga con uno scontatissimo epilogo. Gli esterni in notturna e la fotografia non offrono alcuna gratificazione visiva per quello che è stato giustamente considerato un film “da smartphone”, realizzato pensando all’intrattenimento di chi ormai fruisce dei film attraverso un piccolo schermo, magari in viaggio, o semplicemente per chi si dedica ad altro dopo aver premuto su “play”.
E pensare che la premessa di una realtà alternativa in cui umani e creature leggendarie – orchi, elfi, fate – coesistono e convivono, non senza attriti e rancori atavici, sarebbe sulla carta un’idea interessante. Disgraziatamente la mitologia alla base della storia è appena abbozzata, poco meno di un abstract di un qualsiasi fantasy dozzinale, e i tratti caratteristici delle creature appena accennati: gli orchi sono bruti, rozzi e invisi a tutti, gli elfi aggraziati, magici e ambiziosi, gli umani… be’ esattamente come siamo. Con il tutto così servito, la metafora a rappresentare i conflitti razziali è buttata in faccia allo spettatore senza troppi complimenti mentre la critica agli abusi perpetrati dalla polizia viene resa con la medesima sottigliezza.
Bright è dunque una commistione di più generi, riuscendo a essere un pessimo esempio di ciascuno di essi, ma è soprattutto un buddy cop movie: due partner antitetici costretti a collaborare trovano, per la giusta causa, il modo di superare le proprie divergenze. Si potrebbe pensare che almeno in questo, data la presenza di Smith, il film riesca a imbroccare qualche battuta, a offrire un qualche dialogo ironico, scoppiettante, e invece tutto lo star power di Will Smith non riesce ad attrarre una sola scena fuori dal campo dello scontato.
Dark Lord: questo il nome della grande minaccia che incombe su L.A. e sul destino degli abitanti del pianeta. I piani di questo ennesimo, generico Signore Oscuro sono perfettamente allineati con la creatività denunciata dal nome: tornare in vita grazie ai suoi adepti, sterminare parte delle creature viventi e dominare sulle restanti e per tutto il film, considerato l’inesistente investimento emotivo che riescono a indurre i personaggi, ci si chiede se davvero non sarebbe il caso lasciarlo fare.
L’unica vera questione che resta aperta è capire come mai il ruolo dell’elfo a capo della magic task force – così distraente, sopra le righe, fastidioso – non sia stato affidato a Jared Leto.
Netflix però scommette sul film al punto da aver già annunciato il sequel. Siamo avvisati (di nuovo).
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