Dopo il diario e racconto autobiografico di Viaggio a Tokyo (sempre Canicola, 2015), Vincenzo Filosa ha deciso di compiere un altro percorso. Questa volta ha deciso di spostarsi non nello spazio ma, bensì, nel tempo. È così che ci troviamo a vivere l’infanzia dell’autore e protagonista dell’opera, nato nel 1980 e cresciuto a Crotone.

Acuendo una prospettiva già presente nell’opera precedente, Vincenzo decide di non dedicarsi a una minuziosa ricostruzione del passato e delle proprie esperienze. Piuttosto prevale il desiderio di unire la descrizione dell’infanzia con le relazioni intessute con gli altri personaggi, dai genitori e dagli altri adulti fino ai suoi coetanei, rielaborate attraverso il filtro della passione per la narrazione e la produzione culturale nipponica di quel periodo – soprattutto videogiochi e cartoni animati.

L’autore costruisce una cornice che sarà familiare a qualsiasi lettore o lettrice abbia vissuto in Italia tra la metà degli anni ’80 e la metà degli anni ’90. Una cornice in cui, giocando tra le ombre, è possibile intravedere i peggiori effetti dell’affermarsi del consumismo e del capitalismo nella penisola. Una crescita ipertrofica, imposta attraverso logiche emergenziali, che lascia adito a spaccature insanabili: famiglie solo apparentemente tradizionali, speculazioni criminali, violenza e aggressività diffuse e via via sempre più spettacolarizzate.

Figlio unico è un’opera profondamente drammatica perché racconta un momento di passaggio della storia contemporanea che molti di noi hanno vissuto direttamente sulla loro pelle. La fantasia e il ricorso all’immaginario, unica via di fuga adottata dall’autore (la stessa strada che oggi, ipotizzo, lo ha condotto a realizzare quest’opera), sono però anch’esse un mezzo ambiguo. Pur costituendo il tramite della sua crescita e attraverso cui potrà compiere il processo edipico di uccisione del padre, l’immaginario assume un ruolo predominante rispetto al reale e finisce per soppiantarlo.

Un’ambiguità che, emblematicamente, non può che essere risolta con un intervento esterno. Il deus ex machina dell’opera è l’alluvione di Crotone del 14 ottobre 1996. Un intervento naturale che consente di porre termine al predominio dell’immaginazione e contemporaneamente punisce l’umanità per la propria iubris.

 



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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