[Attenzione: Spoiler sui primi tre episodi dell’ottava e ultima stagione di Game of Thrones]

Siamo arrivati a metà dell’ultima stagione e con la chiusura del primo arco narrativo principale possiamo iniziare a ragionare su cosa ci sta offrendo l’ottava stagione di Game of Thrones.

Il primo episodio si è rivelato un unico evento importante, la scoperta di Jon delle sue origini, intorno al nulla. A conti fatti l’intera première poteva essere compressa in cinque minuti di cold open per mostrare la tensione creata dall’arrivo di Daenerys a Winterfell. Discorso diverso per la seconda, qui le lamentele per l’ assenza di azione sono ingiustificate in presenza di un episodio gravido dell’attesa di uno scontro epocale, sinistro, e accompagnato dalla promessa di una morte diversa da qualsiasi altra morte su qualsiasi altro campo di battaglia.

Tutti i protagonisti sono stati posizionati in modo che lo spettatore avesse una precisa idea della loro collocazione narrativa, emotiva e psicologica, e ciascun personaggio – come direbbe Bran – era esattamente dove doveva trovarsi perché tutto ciò che è accaduto si è realizzato affinché tutti loro diventassero le persone che abbiamo imparato ad amare (o odiare).

Theon e Jamie lo dicono esplicitamente di non essere più “la persona di un tempo”: rivendicano il cambiamento e cercano l’assoluzione. Sansa è passata dall’essere una ragazzina frivola prima, a vittima manipolata poi, per approdare infine a questa sua nuova incarnazione di Lady di ferro, una riuscita combinazione di regalità e fermezza. Jamie non è più il kingslayer, il devoto amante e spietato esecutore di Cersei, ma è un cavaliere a cui è rimasto di vivere per onorare la parola data. Tyrion è sempre l’uomo più arguto nella stanza, ma da tempo non è più un uomo brillante, disilluso e anestetizzato dall’alcol perché in Daenerys ha trovato più che un leader, un ideale che possa nobilitare verso un bene superiore le sue capacità.  Arya e Jon sono i personaggi rimasti più fedeli a loro stessi. Arya è sempre stata l’anarchica di casa, lo spirito ribelle e indomito, i casi della vita l’hanno portata a diventare una spietata assassina, ma il fuoco della guerriera era evidente in lei fin da subito.

Jon è stato caratterizzato dall’onore, dal sacrificio e dal valore, è solo sulle sue spalle che è stato possibile calare il manto dell’eroe e, come per ogni eroe, è arrivata anche per lui la figura dell’amata. La storia d’amore con Daenerys da prima teorizzata, auspicata e desiderata da milioni di fans – sottoscritta inclusa –  è diventata via via inevitabile al punto che le scene che li vedono insieme risultano piatte e anonime soprattutto se confrontate a ogni singolo momento che in questa stagione più che mai hanno condiviso Brienne e Jamie: pur non essendo una coppia, dall’investitura da cavaliere, e prima ancora alla richiesta di Jamie di servire sotto la guida di Brienne sul campo di battaglia, i due sono stati protagonisti di momenti carichi di tenera e disperata umanità. Jon e Daenerys sono talmente fatti l’uno per l’altra che c’è così tanta affinità da annullare qualsiasi alchimia.

E arriviamo dunque a Daenerys, il personaggio che più di tutti soffre in questo avvio di stagione. Lei è la Dragon Queen, ma è evidente che a Winterfell per tutti è Sansa l’unica Signora e padrona. Jon, il suo amore e alleato, le rivela di essere tecnicamente il vero erede all’iron throne diventanto così un potenziale rivale, l’arguzia di Tyrion sembra appannata e il consigliere è momentaneamente incapace di guidarla all’interno di un ambiente se non ostile quanto meno riluttante alla sua guida, perfino i draghi non gradiscono affatto il cambio di scenario, e la situazione non offre nessuna opportunità a Daenerys di guadagnare il rispetto degli altri. Sì ha un esercito, sì ha due draghi impressionanti che però non impressionano la pragmaticità di Sansa: “…e cosa mangiano?”. Daenerys fin qui l’abbiamo vista emanciparsi dalla condizione di animale da cavalcare, conquistare sul campo il titolo di Khaleese, l’abbiamo seguita nella sua quest di liberazione dei popoli oppressi, e se Jon è l’eroe, il dovere, il valore e il sacrificio, Daenerys è il Messia, la speranza, la luce. Lei è abituata ad arrivare, spezzare le catene della schiavitù, conquistare popoli e genti con la sua aurea messianica, ma giunta a Winterfell è solo una regina straniera con due grosse bestie volanti che si spera non mangino metà esercito.

Questa volta Daenerys è fuori dal suo corso naturale degli eventi perché non c’è un popolo da liberare, un ideale da perseguire, ma solo da combattere una grigia, sporca, prosaica e devastante battaglia per la mera sopravvivenza a un costo sicuramente smodato anche in caso di esito favorevole.

Arriviamo così, con queste premesse, alla battaglia di Winterfell, un episodio congegnato per restare nella storia della serialità ma sfregiato da una pessima fotografia: un’ora e dieci minuti di buio punitivo che sfidano qualsiasi tentativo di correzione con contrasto/bilanciamento/luminosità. Sì, è un episodio in notturna ma no, non è una giustificazione, solo un’insulto al diritto a una visione ottimale da parte dello spettatore.

Andiamo avanti, però.

L’attesa è stata segnata soprattutto da un ineluttabile “chi morirà?”. Game of Thrones ci ha da subito preso a schiaffi in faccia: fin dalla prima stagione ci ha insegnato che nel gioco dei troni o vinci o muori e i protagonisti muoiono, i buoni muoiono, i bambini muoiono. I cattivi muoiono anche loro ma non sempre la loro morte dà soddisfazione perché il mondo di Game of Thrones è crudele, indifferente alle nostre aspettative, barbaro, ingiusto, avvincente, e soprattutto letale sempre e per chiunque. E noi abbiamo imparato presto la lezione finché è stato necessario che qualcuno sopravvivesse, che qualcuno si ricongiungesse ai propri cari e addirittura che qualcuno tornasse in vita perché sarebbe stato impensabile arrivare all’ultima stagione senza nessuno che potesse capitalizzare l’investimento emotivo del pubblico. Arrivare dunque alla resa dei conti con Il Night King senza aver sacrificato nessun pezzo pregiato è stata una mossa intelligente, pratica e necessaria. Per un’ora abbiamo costantemente temuto per tutti finché è sembrato che gli autori stessero per sacrificare proprio Jon o Daenerys. In realtà abbiamo salutato, tra gli altri, Theon che dopo quello di Sansa ha conquistato il perdono di Bran espiando tutte le sue colpe, sir Jorah che è morto come è vissuto, con onore difendendo Daenerys, e Melisandre: tre personaggi che avevano solo da chiudere il cerchio e nient’altro da dare.

La risoluzione a sorpresa – e anche qui un bravo agli autori – è stata affidata ad Arya piuttosto che a uno più scontato gesto di eroismo di Jon, o all’intervento dall’alto di Daenerys: questa volta la predestinata è la piccola di casa Stark.

Un’ora di battaglia feroce e disperata ha lasciato esausti tanto i personaggi quanto gli spettatori ma alla fine arriva un altro premio: la consacrazione di Cersei quale grande villain della serie. Sconfitto il Night King, una presenza ineluttabile e sinistra ma mai un reale personaggio, è lei la nemica temibile e potente da battere, l’unica persona riuscita finora a conquistare per sé l’iron throne, e mentre Cersei ammassa il suo esercito, Daenerys e gli altri dovranno riorganizzare forze decimate e stremate.

Note

Per otto stagioni la serie ha mostrato nudi, prevalentemente femminili,  e sesso, con grande gioia di gran parte del pubblico (non la mia), ma nel momento in cui è Arya ad avere la prima esperienza da donna libera e padrona del proprio corpo ecco manifestarsi una reazione da scandalo al sole. Le donne in Got sono state violentate, vendute, oggettificate e tutto è passato come normale, a destare scalpore è invece una delle poche scene di sesso consensuale: questo la dice lunga su quanta strada c’è da fare se si considera normale che una ragazzina uccida e sgozzi, magari subisca violenza come Sansa, ma non che sia libera di decidere della propria sessualità.

Syrio Forel sarebbe orgogliosissimo di Arya.

Un minuto di silenzio per Sir Jorah, santo patrono e martire degli innamorati respinti, insegna agli angeli a sussurrare con voce fascinosa khaleeese.

La mia partigianeria è da tempo per Daenerys e il sogno più estremo è vederla trionfare e trasformare i Sette Regni nelle Sette Repubbliche!



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,
Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

Similar Posts
Latest Posts from Players