Ci sono due cornaredesi a Lucca: sembra l’inizio di una barzelletta, invece potrebbe essere il riassunto del mio incontro con Claudio Sciarrone, uno dei più importanti illustratori della gloriosa scuderia Disney italiana a cui Panini ha affidato un compito importantissimo: disegnare la statua da collezione di PK. Dalla periferia alla scultura, Claudio ha ripercorso le tappe che l’hanno portato ad approdare nella redazione d Topolino, a mostrare il suo talento convivendo con la sindrome dell’ultimo arrivato, a combattere con le scadenze mentre realizzava storie diventate leggendarie, fino ad arrivare ad oggi, ai bozzetti della scultura diventati decisamente più… consistenti del previsto!

La statua del PK di Claudio Sciarrone

Ciao, io sono Claudio Magistrelli!

E io sono Claudio Sciarrone.

Ciao Claudi: abbiamo diverse cose in comune, oltre al bellissimo nome. Io sono nato qualche anno dopo di te, ma sempre in quella ridente località chiamata Cornaredo.

Oddio! Pensa il mondo quanto è grande!

Sto intervistando un cornaredese a Lucca! Quindi, partendo da Cornaredo, come si arriva alla Disney, a PK?

Con l’autobus, la metropolitana, con il 420 che dalla periferia ovest arriva in Piazzale Lotto. Poi gli ex compagni, che continuavano a usarlo per andare a scuola o al lavoro, mi hanno visto prenderlo per quell’anno e mezzo di scuola Disney, sperando con me che si concretizzasse tutto. Allora era veramente solo un sogno. Io ho finito il liceo artistico a luglio e a settembre sono entrato in redazione di Topolino. Insomma, ero il più piccolino, ho ricevuto il mio battesimo. E, in realtà, siccome forse l’imprinting è sempre stato quello del “sono il più piccolo, mi devo dare da fare!”, quell’atteggiamento mi è rimasto dentro ancora adesso, per cui ogni cosa che faccio è una cosa in più. Non mi guardo mai indietro. Ci sono sempre nuove sfide, nuove cose da fare, sembra che non finisca mai. La cosa bella è quello, perché probabilmente è l’atteggiamento che mi è rimasto attaccato addosso e che gli altri hanno capito. E in ogni caso, ogni volta che c’è qualcosa di nuovo, di innovativo, mi viene buttato sotto il naso, perché quantomeno mi metto in discussione, per cui ribalto tutto quello che era il mio concetto fino a quel momento. Non ho mai inchiostrato due volte nella stessa maniera. Non mi sono mai fermato a dirmi che adesso faccio questa cosa perché questa cosa mi piace, allora continuo a farla, a perpetrarla. Anzi, persino nel caso di PK, che comunque è un successo notevole, ho sempre cercato in ogni caso di metterci qualcosa, di innovare, di cambiare, non ho mai preso una cosa così come era accontentandomi. Da una parte, secondo me, è il bello di questo mestiere, che si rinnova in continuazione. Dall’altra, ti mette sempre di fronte a un po’ di logoramento interiore, perché sembra sempre di non fare abbastanza. La sindrome dell’impostore è fortissima in me, però almeno dilaga l’entusiasmo; ecco, quando mi coinvolgono in qualcosa, tutti vedono sempre che sono carico.

Mi ricollego allora con il tuo lavoro più recente, che è la statua di P.K. Avevi mai fatto un lavoro di questo tipo prima, sul fisico, sul materico?

Allora, professionalmente no, anche se in realtà ho sempre modellato; anche negli anni della Disney, agli albori, ogni tanto mi dilettavo a realizzare modelli dei personaggi. Mi ricordo una statua del Re Leone con Simba e un primo piano di Hercules. Al tempo ci portavano a vedere le anteprime dei film, o le anteprime addirittura delle scene ancora non completate, praticamente degli sketch o dei pencil test; uscivi da quelle proiezioni talmente carico che avevi voglia di far qualcosa che immortalasse quel momento lì, per cui avendo una buona propensione anche per la scultura mi mettevo alla prova. Mi piaceva molto, anche perché vedevo che gli animatori americani avevano spesso sulla scrivania le statuette dei personaggi che stavano disegnando per i cartoni. C’erano degli scultori che gliele realizzavano per poterle osservare da tutte le angolazioni durante il disegno. E quando mi è stato proposto di realizzare la statua di PK, sembrava che si partisse comunque da dei bozzetti e basta. Invece a un certo punto mi sono trovato con una composizione talmente complessa che ho pensato: “Forse forse, ci metto di meno se la modello”. Quindi ho preso il materiale che si cuoce nel forno di casa (si chiama Super Sculpey, è una resina polimerica che si cuoce appunto con una temperatura da forno) quindi insomma una cosa… fattibilissima. E così l’ho realizzata, l’ho scansionata, l’ho importata su un iPad con cui lavoro normalmente, l’ho colorata e ho inviato il modello tridimensionale colorato che poi hanno ulteriormente sviluppato.  Dopo di che ho lavorato gomito a gomito con i modellisti e abbiamo tirato fuori questa cosa che è puro Sciarrone Style. Hanno voluto comunque che il disegno fosse mio, quindi non si tratta della statua di un PK generico.

Il primo volume della raccolta in omnibus di PK, uscito a Lucca, con la spettacolare copertina metallizzata.

Una doppia responsabilità.

Già! Anche a livello di composizione si regge tutto sulle gambe di Paperino, con questo mantello che va verso l’alto, la luna, il gargoyle, lo scudo, insomma… è elaborato. C’erano varie complessità da risolvere e è alla fine si è rivelata l’ennesima sfida che inizialmente pensavo potesse essere un’opportunità, ed è invece diventata molto di più. Alla fine è stato un bel successo anche per tutta Panini, siamo stati subito assaliti di richieste dai primi giorni d’apertura del preordine. A me affascina molto perché pensavo che ci fosse molto più lavoro concettuale, da ignorante, insomma, da profano; che ci fosse molto più lavoro digitale nella realizzazione di un oggetto fisico di quel tipo, mentre il punto di partenza è stato proprio il materico. Ci sono casi in cui si scolpisce direttamente da zero, perché magari è l’autore che realizza la modellazione col tramite computer. Io potevo anche limitarmi a fare solo le viste, i disegni, e poi dare tutto al modellatore. Invece ho preferito realizzarla fisicamente, un po’ è stato anche un mio sfogo creativo, no? Ho colto l’occasione di fare anche una scultura, perché ho pensato anche ad avere un mio prototipo finale da porre di fianco a quello definitivo di produzione, per verificare effettivamente se avrebbe retto: banalmente, non ero certo che si sarebbe sostenuto proprio sulle gambe. Perché un disegno può essere un bel disegno, ma poi bisogna vedere se produttivamente può funzionare. Poi quando l’ho portata in riunione la prima volta, sono rimasti tutti con la mascella a mezzaria, tipo Sebastian.

Eh sì, è successo anche a me nonostante avessi visto le foto, l’impatto di persona è stato: WOW! [La statua era esposta nel padiglione Panini a Lucca, NdClod].
La statua è di PK il punto più recente del tuo percorso. Ritornando indietro, come guardi alle tue prime opere da ragazzo, insomma ai tuoi percorsi?

Allora, adesso con affetto sicuramente, anche se c’è stata una fase in cui mi vergognavo molto delle cose che avevo fatto da ragazzo, perché soprattutto agli inizi mi venivano proposte un sacco di storie da fare urgentissimamente, e quindi non contava la qualità, ma il fatto che fossi veloce. Tutto ciò è stata comunque un’ottima palestra, perché ti abitua a non innamorarti troppo dei disegni. Ci stai sopra tanto, poi alla fine dici come sono bravo, ma quanto sono bravo? Invece lì bisognava fare e mandare in produzione. E anche vedere finalmente i disegni stampati ti dava modo di capire molto velocemente se un effetto o un tratteggio teneva in stampa, e quindi anche capire i tuoi errori ad esempio nell’inchiostrazione. Normalmente una storia viene parcheggiata, finisce in archivio diversi mesi prima di vedere poi la stampa. Quindi tu in quei mesi di attesa in realtà avrai fatto altre storie e lo stesso errore potresti averlo portato su altre storie, che poi vedrai ulteriormente più avanti. Io invece facevo storie che vedevo pubblicate dopo 15, 20 giorni, quindi avevo un riscontro immediato. Vedevo subito dove le cose potevano essere migliorate, sistemate. E quando poi sono diventato po’ più professionale, beh, mi vergognavo di quelle cose, perché sicuramente molte cose veramente sono fatte benissimo, tenendo conto che l’obiettivo era rispettare la consegna, ma alcune insomma non erano ai livelli a cui sono adesso. Poi però scatta una realizzazione, che senza quel periodo non sarei chi sono oggi. Per cui se le riguardo adesso, le riguardo con affetto: in realtà vedo tutto l’entusiasmo che avevo, la voglia di sfondare i limiti, mi sono sempre inventato delle soluzioni che non fossero povere, ma che potessero avere uno slancio ancora più coinvolgente facendo leva sull’urgenza. Poi certo non tutte le ciambelle venivano col buco, ma nel caso di PK molti numeri sono stati realizzati in circa un mese di lavoro, quando normalmente ce ne vorrebbero almeno due o tre. Ma erano urgenti perché non avevamo archivi di storie preparate; quindi mi dovevo immaginare degli effetti che fossero entusiasmanti, coinvolgenti, innovativi, in pochissimo tempo. Per cui ogni cosa che bisognava affrontare, che fosse un personaggio, un mezzo, un’astronave, una situazione, dovevi inventartela mentre facevi le tavole. Quindi non avevi tempo di dire, ok, fammi un po’ ragionare su come fare questa cosa. Lo studi, ci metti un po’ di gioia, lo discuti con altri, ritorni alla sceneggiatura, doppia pagina, splash, e te lo dovevi inventare al momento. Però in quella maniera lì ho conservato una freschezza che è quella che mi mantiene ancora adesso molto elettrico. Non mi sono mai innamorato dei miei lavori, però mi fido molto del mio istinto, per cui sulle cose non ci sto a ragionare troppo, anche perché mi nutro tantissimo di film, videogiochi, eccetera. Insomma, quando butto fuori una cosa è già il frutto di un ragionamento che dura da un po’ di tempo. Io quella cosa, quel processo di assorbimento e rielaborazione del discorso culturale che ci circonda la faccio costantemente, quindi quando devo buttare fuori una cosa devo semplicemente andare a scartabellare il mio archivio mentale, quel pentolone di cose che ribollono, ribollono sempre. È come un ragù che sta in eterna bollitura. E più bolle più è buono.

Un incrociatore evroniano… e lo sketch di PK realizzato da Claudio Sciarrone a Lucca.

Può essere stato quel metodo produttivo una delle chiavi del successo di PK?

Assolutamente sì, perché non avendo troppo tempo per crogiolarcisi sopra, abbiamo dovuto fare di necessità virtù, e quindi abbiamo trasformato tutta l’istintività che avevamo in storie. E devo dire, probabilmente, anche il fatto che, non avendo tempo non c’erano neanche troppi paletti da parte di Disney, che in altre condizioni ci avrebbero detto: “Ma questa cosa potremmo rifarla, questa cosa potremmo riguardarla, questa cosa potremmo rivederla”. In realtà nessuno aveva tempo di rimetterci becco, in tutti i sensi. Come René Ferretti: “Buona la prima!”. E allo stesso tempo, succedevano così le cose per magia, e poi ci si ragionava a posteriori.

Che sentimento hai verso PK adesso? C’è ancora affetto?

Sì, sì, sono assolutamente affezionato. Vorrei fare delle cose totalmente mie, che non intacchino la continuity, però vorrei raccontare delle avventure, magari come è successo per Droidi con Sisti, delle cose un po’ stand alone. C’è ancora tanto da dire, secondo me, senza andare a fare dialoghi sui massimi sistemi o a sconvolgere gli universi paralleli, però potrebbe esserci… Ho un’idea per fare delle cose ancora su PK, sì.

Visto che prima mi hai citato i videogiochi, come mai secondo te in Italia fumetto e videogiochi faticano così tanto a comunicare? PK secondo me sarebbe un personaggio pazzesco da portare in un gioco.

Abbiamo fatto Chi è PK? con Ubisoft per la PS2 ed è stato comunque un bel esperimento. Comunque sia, diciamo che probabilmente le realtà lavorative e le professioni coinvolte, quindi anche coloro che lavorano nei fumetti, non dispongono sicuramente dei budget che ci sono all’estero. E per poter presentare un progetto a Disney, che sostenga il peso del personaggio, che è pur sempre Paperino, devi fare delle cose che siano molto più importanti in termini di valori produttivi. Sarebbe un progetto ambizioso portare PK oggi sulle console di nuova generazione, perché bisognerebbe fare una cosa veramente devastante per soddisfare gli standard, grafici ma non solo, odierni. Attendo il videogioco su Goldrake, che comunque era una produzione indipendente, trasformata poi in produzione ufficiale, bellissima. Si vede però che è un progetto non voglio dire amatoriale, ma lontano dai AAA [purtroppo, il risultato finale non è stato dei migliori, NdClod]. Però certo sognerei di partecipare a un’operazione di questo tipo, magari appunto ecco, un’avventura stand alone che invece di essere raccontata a fumetti potrebbe essere raccontata in videogioco.

Ed ecco anche la statua nella sua versione Limited!

Quindi il tuo prossimo progetto è su carta?

Sì, ce ne sono ancora tantissimi su carta, da Spider-Man a PK, ma anche altre storie, quindi progetti che bollono in pentola ce ne sono tantissimi.

E se potessi scegliere tu una cosa che nessuno ti ha mai proposto ma che, non so, Superman, Asterix…?

Allora, io già non avrei mai pensato di arrivare a Spider-Man! Mi mancherebbe Batman, perché ho fatto le Tartarughe Ninja e diciamo anche che tutti i personaggi principali dell’intrattenimento per ragazzi: mi manca Batman.

Chissà. Secondo me qualcuno che si occupa di Batman c’è in giro in questi giorni, magari… [Mi riferisco a Jim Lee, artista e Presidente di DC Comics, in quei giorni a Lucca, NdCLod!]

Vedremo, vedremo!



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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