In parte manuale divulgativo, in parte racconto (erotico), in qualche modo anche graphic novel (ok, prendendola molto alla larga), Ars Amandi – Non chiamiamoli preliminari è un libro lontano da quelli che abitualmente recensiamo su Players. La sua forma così anomala ci ha però incuriosito insieme alla capacità dell’autrice, Violeta Benini, di trattare il sesso che una naturalezza tale da sciogliere tabù ormai anacronistici. Lasciamo dunque a Violeta Benini la parola, per raccontarci come nasce Ars Amandi e la sua carriera di divulgatrice digitale e non.
Buongiorno Violeta e grazie! Vorresti presentarti ai nostri lettori?
Ciao! sono Violeta Benini e sono una ostetrica libera professionista, mi occupo di riabilitazione del pavimento pelvico, mestruazioni, salute intima e sessualità consapevole. Sono anche una divulgatrice (anzi una divulVatrice) e mi potete trovare soprattutto su instagram.
Da dove nasce la tua carriera come divulgatrice, prima, e Ars Amandi poi?
Ho iniziato a condividere le informazioni che imparavo già al tempo del 2° anno di università quando ancora andavano i blog, poi su facebook, e ora instagram e i podcast. Sento il bisogno di dire alle persone come stanno le cose, come funziona ad esempio il ciclo mestruale o perché può dolere un rapporto intimo. Ars Amandi è il mio terzo libro ed è un po’ il seguito dei primi due, come se ci fosse un percorso da seguire: Senza Tabù è il primo e si rivolge a chi inizia ad approcciarsi alla sessualità; Voglio Venire è dedicato alla salute pelvica e al suo ruolo nella sessualità soprattutto quando ci sono difficoltà e Ars Amandi si occupa più nello specifico del piacere del corpo e dei genitali esclusa la penetrazione.
Ars Amandi è un progetto letterario atipico, in parte manuale, in parte racconto arricchito da illustrazioni: com’è nata l’idea e come sei riuscita a tenere insieme le due anime?
Qua lascio rispondere a Ivan (co-autore che si è occupato della parte narrativa, NdClod): «In effetti unire dei racconti erotici ad una parte manualistica sulla sessualità potrebbe apparire inizialmente dicotomico, ma ben presto, già dalle prime pagine, si intuisce quanto invece le due parti siano in coesistenza: l’obiettivo primario era descrivere le emozioni che è possibile provare mettendo in pratica i consigli del libro, attraverso racconti di vita quotidiana di persone con disfunzioni e non, partendo proprio dalla parte manualistica. In questo modo le due anime avrebbero avuto uno scopo comune e simbiotico.»
Le illustrazioni che accompagnano il volume, realizzate da Giulia Rosa, mi sono piaciute molto per la grazia e l’eleganza attraverso cui riescono a integrare e accompagnare il racconto: com’è nata questa collaborazione?
Ci siamo affidati completamente alla casa editrice e il direttore grafico, Marco Santini, ci ha proposto lei e ce ne siamo innamorati. Tranne per le due illustrazioni più anatomiche le abbiamo lasciato completa carta bianca e ne siamo estremamente soddisfatti. Giulia riesce a carpire, con grande sensibilità, la profondità di un sentimento o di un’emozione, per poi illustrarla sia con delicatezza che potenza, in un suo personalissimo stile molto onirico e allo stesso tempo limpido.
Nella tua esperienza di divulgatrice e scrittrice, scrivere di sesso è più semplice rispetto al parlare di sesso, con tutti i tabù e gli imbarazzi che l’argomento porta con se?
Non mi definirei proprio una scrittrice, diciamo che scrivo manuali. Per me non ci sono grosse differenze tra il parlare e lo scrivere, che sia un libro o un post. Quando scrivo magari ho la possibilità di poter riflettere maggiormente e non cambiare drasticamente il tema o di prestare maggiore attenzione all’uso di desinenze più inclusive come la schwa oppure usare parafrasi, cosa che spesso a voce non sempre riesco a rispettare. Dal “vivo” posso anche sembrare più diretta e spigolosa (non faccio troppi giri di parole) mentre con la scrittura posso invece usare parole più gentili. Per quanto riguarda i tabù credo di averne proprio pochi; solo recentemente ho scoperto di essere disinibita (diagnosi medica assieme a quella dell’ADHD). Questo si traduce nella facilità per me di parlare di sessualità e di intimità come se stessi raccontando la ricetta della torta di mele: in questo modo non trasmetto tabù alle persone che si sentono più libere di ascoltare e fare domande.
Non so se tu abbia già visto Povere Creature, ma nell’ultimo film di Lanthimos il sesso viene presentato al netto di ogni considerazione morale come uno degli strumenti, forse il più semplice, a disposizione dell’umanità per inseguire la felicità. Sarà stata la contemporaneità tra visione e lettura, ma mi è parso che anche Ars Amandi possa condividere questa visione, seppure da un punto di vista decisamente più scientifico. Condividi questa mia similitudine?
Non ho ancora visto quel film ma ho chiesto consiglio a Federica, una cara amica che ha visto il film e conosce intimamente il nostro libro:
«La protagonista vive il sesso in modo molto libero, senza tabù e ne resta appagata. Se noi come coppie ci approcciassimo al sesso senta i tabù e i paletti che di solito abbiamo (come ad esempio che debba sempre esserci la penetrazione altrimenti il sesso non è “completo”) ne resteremmo tutti più soddisfatti.»
Ciao Violeta e grazie ancora del tuo tempo!
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