La colonizzazione della superficie del pianeta è cominciata circa 75-65mila anni fa, subendo un vertiginoso aumento della velocità di questo fenomeno a partire dallo sviluppo dell’agricoltura ed in particolare negli ultimi due secoli. L’esplorazione delle terre emerse rappresenta però solo una minima parte della superficie terrestre: il nostro pianeta è infatti ricoperto per circa il 71% dagli oceani e dai mari, le cui profondità sono oggi ancora inesplorate. Il titolo del gioco è una parola sumera composta dai sostantivi “ab”, oceano e “zu”, profondo; questa identificava il mare primordiale, posto tra lo spazio vuoto dell’oltretomba e la terra, da cui provengono tutte le acque dolci del pianeta. Sviluppato dal neonato studio Giant Squid di Santa Monica, autori con il nome di Thatgamecompany di Flow, Flower e Journey (pubblicata da Sony Computer Entertainment tra il 2006 e il 2012 su console PlayStation), Abzū rappresenta un ulteriore evoluzione del concetto di “zen game”.

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Nei primi istanti di gioco ci tufferemo in mare e prenderemo confidenza con l’interessante sistema di controllo elaborato da Giant Squid. Basato sull’uso estensivo delle leve analogiche di un joypad, necessario per apprezzare al meglio l’intero gioco e caldamente consigliato, il sistema di controllo riesce a ricreare la sensazione di essere immersi in acqua attraverso una commistione tra fluidità del movimento della telecamera, spostamenti lenti e, soprattutto, piena libertà di movimento. Una scelta forte che, pur mostrando il fianco a momenti di incertezza dovuti all’assenza della gravità terrestre, dona maggior realismo alla nostra esperienza subacquea. Esperienza che si costruisce in una serie di livelli, corrispondenti ad altrettanti ecosistemi, dei quali scopriremo e “libereremo” flora e fauna. Nel corso della nostra immersione saremo infatti impegnati in due compiti principali: il primo, il recupero di alcuni manufatti (dei robottini) che ci aiuteranno a reperire informazioni su una misteriosa civiltà arcaica; il secondo, la liberazione di una miriade di specie sottomarine che andranno a popolare ulteriormente gli splendidi livelli del gioco.

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Al fianco del sistema di controllo, Abzū colpisce per la splendida direzione artistica e l’atmosfera che trasmette: l’aspetto grafico è caratterizzato da un’astrazione che, attraverso l’uso variegato di forme e colori, crea fedelmente l’ambiente marino e trova un efficace sintesi tra il realismo e la poesia. Ogni quadro del gioco è una commistione tra panorami alieni, fondali possibili ma sconosciuti, guizzi di pesci esistenti e giochi di luce ed ombre nella notte oceanica. Sensazioni che la colonna sonora, contraddistinta da strumenti appena sfiorati e suoni sussurrati, esalta ulteriormente, amalgamandosi con il nostro stupore.

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A volte non bisogna dilungarsi nell’analisi di un’opera: un assunto che, di fronte Abzū, si è obbligati a sposare. Perché l’esplorazione, la scoperta, il nuotare sono esperienze fortemente soggettive e che andrebbero vissute in prima persona. Solo successivamente, dopo essere riemersi ed essersi asciugati, si può pensare di riflettere accuratamente su quanto si è vissuto: farlo durante o, peggio, descriverne dettagliatamente le sensazioni ad una persona che non si sia ancora tuffata sarebbe riduttivo e non qualificante. Questo per dire che, se cercate un gioco non convenzionale ed unico, che sappia offrire un’esperienza sensibilmente diversa da altre opere (al di là di Journey, gli unici giochi paragonabili all’opera di Giant Squid sono i due Endless Ocean di Akira pubblicati su Nintendo Wii), Abzū è un gioco da scoprire ed in cui perdersi.



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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