Già il tarantiniano Wet aveva provato a consumarci i pantaloni facendoci scivolare tra piogge di proiettili assassini, ma il mondo del videogioco ha dovuto attendere il genio scriteriato di Shinji Mikami perché tale deambulazione potesse essere associata ad un vero gioiello.

Giudicare Vanquish è difficile. In un mondo che chiede poco altro al giocatore se non di premere qualche pulsante nel giusto momento, in un mercato dove la gratificazione è garantita attraverso inevitabili potenziamenti progressivi che rendono il protagonista più abile e il gioco più vario, Vanquish si presenta come l’elettrone destabilizzante che cambia l’integrità molecolare del genere di riferimento. Nulla sarà più come prima, dopo Vanquish.

VANQUISH

Il titolo si presenta dietro l’innocua facciata di sparatutto futuristico in terza persona con la più classica delle meccaniche di copertura. Ci si ripara, ci si sporge, si spara, tutto sembra procedere lungo i canoni scritti ai tempi da Kill.Switch e Operation: Winback, questo almeno finché non si sfiora il tasto deputato al “boost”. La pressione del quale non solo attiva il sistema di propulsione dell’avveniristica tuta del protagonista, ma devasta pure in pochi istanti il lento incedere da copertura a copertura presente negli altri titoli con analoga impostazione.

Non è raro assistere a scene eccezionalmente adrenaliniche come la seguente: scivolata fino al riparo più vicino, breve occhiata all’armata in avvicinamento composta da sei robot di fanteria e due robot giganti, uno dotato di lanciafiamme e uno di lanciarazzi; salto oltre il riparo con attivazione dello slow motion in volo per far fuori due dei nemici più piccoli, separati dal gruppo, scivolata costellata di rotolate per schivare i missili in arrivo, slow motion per distruggere un missile a ricerca in volo diretto verso il protagonista, avvicinamento ad uno dei robot destabilizzandolo tramite fucilate a bruciapelo, attacco con un disco rotante che sega in due il tronco del nemico, lancio del disco per decapitare l’altro imponente robot, fuga in scivolata con sventagliate di artiglieria pesante ai danni degli inseguitori, e per ultimo lancio di una granata con proiettile in slow motion per causarne la detonazione a mezz’aria, distruggendo le unità rimanenti. Nemmeno Kyashan gestisce un esercito con più classe.

Al di là di sparuti upgrade prestazionali relativi alle sole armi, in Vanquish non si avrà accesso a nessun potenziamento che non abbia stretta relazione con l’abilità del giocatore. L’azione migliora perché il giocatore migliora. L’esplorazione delle varie possibilità di attacco e di evasione è la costante che, durante il gioco, permette l’affinamento delle abilità e dell’ingegno tattico utili a venire a capo dei cinque capitoli proposti da Platinum.

VANQUISH

Grazie alla numerosa quantità di livelli di difficoltà selezionabili, Vanquish propone una modalità storia abbordabile da tutti; non l’intero contenuto gode tuttavia della stessa accessibilità. È inevitabile sentirsi galvanizzati dal completamento della modalità normale (o difficile, per i più coraggiosi), ma basterà posare un piede nelle splendide sfide, o nella deleteria difficoltà “leggendario”, per uscirne ampiamente ridimensionati e capire quanto ancora si ignori delle reali possibilità di perfezionamento offerte al giocatore.

Per concludere: Mikami ha per l’ennesima volta confezionato un titolo che ridefinisce completamente un genere. Dopo l’overdose sensoriale di Vanquish sarà difficile tornare al lento incedere dei goffi marine al quale eravamo abituati. Per quanto il gioco non sfugga a scomodi cliché del passato, come la ripetizione dei boss, attacchi nemici da morte istantanea e una longevità inferiore alla media, offre un’esperienza che, una volta completata, alimenta nel giocatore la straordinaria sensazione di aver giocato una gemma rara, lasciando nell’aria il desiderio di un irresistibile giro a difficoltà maggiorata e l’acre odore di ginocchiere bruciate.



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Paolo Savio

Conosciuto anche come "Wis", è un cantante mancato, un chitarrista fallito, un prestigiatore deluso, un videogiocatore frustrato… ed un eccellente tuttofare. Attualmente scrive su Players e delira su “Wiskast: il podcast per videogiocatori gourmet”.

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