Baby sta cercando sua mamma. E ha bisogno di aiuto. Del nostro aiuto. In Murasaki Baby, nuovo gioco per Playstation Vita a cura dello studio varesino Ovosonico, il giocatore usa il touch screen del portatile Sony per prendere la mano di una creatura a metà strada tra l’adorabile e il grottesco in un mondo incastrato tra le sinapsi di Tim Burton e quelle di Hayao Miyazaki, allo stesso tempo molto originale: l’esperienza creata da Ovosonico e il direttore del progetto, Massimo Guarini, è accattivante dall’inizio alla fine, e difficile da scrollare di dosso dopo che i titoli di testa scompaiono dallo schermo.

Prodotto con ii supporto di Sony Computer Entertainment, Murasaki Baby è pensato per sfruttare tutte le caratteristiche della PS Vita, e lo fa in una maniera finora inesplorata da quasi tutti i giochi per la piattaforma che non si chiamano Tearaway. Oltre a chiederci di usare il touch screen frontale per interagire con Baby, prendendola per mano e proteggendo il suo adorato palloncino, ogni livello permette di scegliere tra quattro diversi “sfondi” selezionabili tramite l’uso del touch screen posizionato nel retro della console. Ogni sfondo modifica le dinamiche del mondo di gioco, per dare vita ad una serie di enigmi mai troppo difficili, ma spesso molto intriganti: possiamo capovolgere la PS Vita per cambiare il senso della gravità, possiamo toccare il retro dello schermo per ghiacciare il mondo di Baby, o per far scatenare della musica funky per distrarre un mostro particolarmente inquietante e permettere a Baby di continuare nella ricerca di sua mamma.

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Murasaki Baby è un ottimo gioco da giocare ed è uno spettacolo per i sensi, in particolare grazie all’attenzione posta sulla sua atmosfera. È bellissimo da vedere, con uno stile in perfetto equilibrio tra inquietudine e tenerezza che riporta in mente suggestioni dell’infanzia, del suo equilibrio tra voglia di conoscere e terrore per l’ignoto, con grazia e maturità. Ed è accompagnato da una fantastica colonna sonora, a cura di Gianni Ricciardi, con la collaborazione di Akira Yamaoka, con melodie che galleggiano tra memorie di carillon rotti finiti nelle pedal board dei Sonic Youth.

Massimo Guarini ha lavorato per molto tempo in Giappone, e ha diretto Shadows of the Damned, uno dei giochi più stilosi della precedente generazione, che condivide con Murasaki Baby il coinvolgimento di Yamaoka. E Guarini si conferma anche qui come una delle voci più forti del panorama videoludico moderno, capace di creare mondi pieni di elementi “fuori posto” e inquietanti, ma allo stesso tempo in qualche modo familiari, quasi rassicuranti. Murasaki Baby è un mondo horror dove i mostri hanno paura; e il design del gioco ci chiede di aiutare più che uccidere, di vedere il mondo come un posto da esplorare piuttosto che ad un campo di battaglia.

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Alla fine dell’avventura Murasaki Baby sembra metterci di fronte al nostro ruolo di giocatore, sfida l’idea che la struttura del videogioco non possa prescindere dall’idea di distruggere qualcosa. In questo senso è un esponente perfetto della nuova era di giochi indipenti, come Braid e Gone Home, e per quanto sembra particolarmente vicino a Limbo, è un gioco fondamentalmente più solido dell’avventura in bianco e nero di Playdead, grazie ad una maggiore varietà delle meccaniche e al minor numero di sezioni “trial and error”.

Venduto a meno di dieci euro, Murasaki Baby ha in comune con i suoi colleghi della nuova scena indie anche la durata, che non va molto oltre le due ore, che sembrano finire troppo presto, perché il gioco non annoia mai. È un prodotto di grande valore, che mostra il talento di un nuovo studio che oltre a dare speranza allo sviluppo di videogiochi nel nostro paese, è anche e soprattutto una delle nuove realtà da tenere d’occhi nella scena indie globale.



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Emilio Bellu

Scrittore, cineasta, giornalista, fotografo, musicista e organizzatore di cose. In pratica è come Prince, solo leggermente più alto e sardo. Al momento è di base a Praga, Repubblica Ceca, tra le altre cose perché gli piace l'Europa.

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