Le leggende, nel mondo dei videogiochi, non sono molte. Ancora meno sono quelle serie che hanno raggiunto il quarto di secolo e che possono vantare una certa influenza sull’industria videoludica. The Legend of Zelda è uno di questi titoli.

Cos’è una Leggenda? Secondo il Vocabolario Etimologico della lingua italiana di O. Pianigiani, l’origine del termine è dal latino “Legènda [sottint. Negotia] che vale cose da leggersi. […] Venne a significare racconto meraviglioso e popolare di qualche avvenimento del medioevo; ed estensiv. qualunque racconto antico e tradizionale”.

A questa definizione etimologica affiancherei quella di Timothy R. Tangherlini, che definisce la leggenda un “breve racconto (mono)episodico, tradizionale, altamente caratterizzato localmente e storicamente, narrato in forma orale che riflette sul piano psicologico una rappresentazione simbolica delle credenze popolari e delle esperienze collettive allo scopo di riaffermare i valori della cultura a cui tali tradizioni appartengono”.

Uno degli elementi caratterizzanti del racconto è la possibilità di identificarne e studiarne l’appartenenza geografico-culturale, nonché ritrovarvi richiami ad elementi storici, mitologici e sociologici; ma questi racconti, con il loro continuo riproporsi, tendono ad ampliarsi, arricchendosi di simboli e significati universali provenienti dal mito: è il caso di figure, luoghi o artefatti come Robin Hood, il Santo Graal o El Dorado. Ed anche della leggenda di Zelda.

Quando ero un bambino, facendo un’escursione, trovai un lago. Fui abbastanza sorpreso di trovarmelo davanti. Mentre viaggiavo per il paese senza una mappa, cercando di trovare la mia strada e stupendomi per le meraviglie che incontravo, realizzai come ci si sentisse andando all’avventura. È con queste parole che Shigeru Miyamoto, creatore della serie, ricorda i pomeriggi d’infanzia in cui esplorava la regione di Kyoto: le influenze di queste esperienze esplorative furono determinanti per la nascita del primo The Hyrule Fantasy: Legend of Zelda.

Uscito nel febbraio del 1986 per Famicom Disk System, il primo gioco della serie presenta, attraverso il meccanismo fiabesco della ricerca dell’oggetto allo scopo di salvare la principessa, i ricordi d’infanzia dell’autore: rientriamo pienamente nelle definizioni descritte poco sopra. Lo spunto narrativo presentato nel primo episodio diverrà un minimo comun denominatore della leggenda: l’eroe deve compiere l’impresa epica di salvare la principessa Zelda ed il mondo attraverso il recupero di un misterioso artefatto, la Triforza, con cui sconfiggere il male.

Questo plot è stato declinato e riscritto in svariati modi nel corso della storia ventennale della serie, ma bisogna sottolinearne alcuni elementi. Il primo riguarda il nome del protagonista, comunemente noto come Link, che presenta una singolare omonimia con il verbo inglese “to link”, collegare. Questo verbo proviene probabilmente dai sostantivi *hlenkr e lænker dell’antico Norvegese e Svedese: questi indicavano i vari anelli di cui si componeva una catena.

Il protagonista è il collegamento che s’instaura tra il giocatore ed il videogioco ed anche l’anonimo anello di congiunzione tra le varie versioni del racconto. Dedicare il titolo ad un altro personaggio, la principessa Zelda, diviene una scelta obbligata: Link è l’eroe leggendario per eccellenza ed allo stesso tempo un milite ignoto: la sua particolarità tende all’universale metafora che rappresenta ogni giocatore che si avventura verso l’ignoto. Questo aspetto ricoprirà un ruolo sempre maggiore dall’uscita di Ocarina of Time, primo capitolo in cui la leggenda si arricchirà di una serie di sottotesti e trame secondarie particolarmente importanti, che analizzeremo con maggior attenzione tra poche righe.

Tornando al discorso riguardante la nomenclatura della leggenda, concluderei con una riflessione sul significato e sulla figura di Zelda. Miyamoto racconta che “Zelda era il nome della moglie del famoso romanziere Francis Scott Fitzegarl. Era una donna bella e famosa sotto ogni punto di vista, ed io apprezzavo la sonorità di questo nome. Quindi mi presi la libertà di usarlo per il primo episodio della serie”.

È interessante constastare che un tassello così importante sia stato scelto dall’autore per motivi strettamente soggettivi. Tuttavia il significato del nome Zelda, abbreviazione inglese del nome italiano di radice germanica Griselda, o femminile del nome yiddish Selig, è nel primo caso “battaglia grigia” e nel secondo “benedetta, felice”: entrambi gli aggettivi sembrano adattarsi particolarmente al personaggio ed al suo ruolo nella serie.

Come (e più di) Link, anche Zelda è stata soggetta ad un notevole procedimento di caratterizzazione, volto ad allontanarsi dall’archetipo della damigella in pericolo dei primi episodi per avvicinarsi a quello della donna come incarnazione vivente della saggezza e simbolo di salvezza; caratteristiche che l’hanno allontanata dall’iniziale “versione fantasy” di Peach Toadstool. Particolarmente interessante notare come questo passaggio avvenga in concomitanza con l’uscita di Ocarina of Time e l’ingresso della serie nella contemporaneità dei videogiochi.

[continua…]

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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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