Mellon Collie And The Infinite Sadness è stato uno dei dischi che hanno segnato maggiormente i miei anni da teenager, ed ancora oggi lo considero l’impresa musicale più significativa degli anni novanta, con buona pace di quelli che ti dicono “sì, ma Ten dei Pearl Jam” con la faccia di quelli la sanno lunga.

Per uno che andava a scovarsi i singoli dei Pumpkins uno per uno nei negozi di dischi e che non esitava a sputtanarsi quel poco che riusciva a mettere da parte nella costosissima edizione americana di The Aeroplane Flies High, il primo impatto con Oceania è stato strano, e indubbiamente deludente.

Non tanto per le canzoni, che prese singolarmente non sono male nemmeno al primo ascolto, quanto per il senso di apparente confusione nella direzione artistica di quello che dovrebbe essere un insieme coeso e inscindibile, come lo sono stati all’uscita Gish, Siamese Dream, Mellon Collie ed Adore.

A cinque anni dal non malvagio Zeitgeist (uno può dire quello che vuole, ma pezzi come Doomsday Clock e Tarantula sono roba perfettamente in linea con i Pumpkins migliori), le speranze erano fioche. Dopo due EP mediocri (il pessimo Songs for a Sailor e il discreto The Solistice Bare), appartenenti all’egualmente insulso progetto Teargarden by Kaleidyscope, era difficile non nutrire ragionevoli timori per questa storia dell’ “album dentro all’album”. Un escamotage, vero Billy?, nato solo per smarcarsi da un concept tutt’altro che vincente.

Dicevamo, Oceania.
Oceania parte moderatamente bene, con due pezzi, Quasar e Panopticon, che sembrano presi di peso da Siamese Dream, ma senza la gioiosa immediatezza di quel disco. Grandi cavalcate, ottimo lavoro di batteria dell’appena ventiduenne Mike Byrne, tanto che viene quasi difficile rimpiangere Chamberlin.

Si cambia registro poi con The Celestials, l’highlight del disco, un incrocio fra Disarm e Today che da metà in poi prende una strada tutta sua, mettendo fra l’altro in evidenza l’eccellente lavoro della nuova bassista Nicole Fiorentino, senza dubbio la più promettente dei nuovi arrivati. Giunge il trittico Violet Rays, My Love is Winter e One Diamond One Heart, e fino a qui Oceania c’è, grandissimamente c’è. Da Pinwheels in poi, ad un primo ascolto, la sensazione è quella che Corgan abbia, se non smarrito la bussola, almeno assemblato la seconda metà di Oceania prendendo pezzi a caso da Teargarden mettendoli uno di fianco all’altro.

Un solo ascolto ad una band così non sarebbe stato però nè saggio nè rispettoso. Perchè la verità è che Oceania cresce, e cresce bene, avendo la pazienza di ascoltarlo. Come ascoltatori non siamo più abituati ai tempi dei dischi rock, ma i Pumpkins hanno deciso che prendersi una pausa ed ascoltare un disco con devozione è ancora il modo giusto di fruire la musica: Oceania migliora costantemente, e passaggi che superficialmente dicevano poco iniziano a rivelare dettagli, colori e soprattutto direzione.

La titletrack si espande e si dilata in paesaggi musicali che portano alla mente Porcelina, Inkless rivela le epiche chitarre dei Pumpkins d’annata, Pale Horse, con quei giri di basso, è delicata come solo un pezzo di Adore. Dopo dieci ascolti l’impressione di una collezione di singoli svanisce. Dopo venti, Oceania si rivela per quello che è: non il migliore disco dei Pumpkins, ma un buon disco dei Pumpkins. E sì, è vero che pure Pisces Iscariot vince a mani basse, ma solo perchè Pisces Iscariot è probabilmente la miglior raccolta di b-sides mai pubblicata.

Per un ritorno di questa magnitudo, quel che basta sapere è che i Pumpkins vivono, che Corgan non è ancora del tutto bollito e che la nuova band fa rimpiangere il solo contributo compositivo – oggettivamente talmente personale da essere insostituibile – di James Iha. Poteva certamente andare meglio, ma fra le mani vi ritroverete comunque una delle più importanti uscite rock del 2012, e non è poco.

Artista: Smashing Pumpkins
Disco: Oceania
Etichetta: Martha’s Music
Selezionati per voi: The Celestials, Violet Rays, One Diamond One Heart



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Tommaso De Benetti

Guadagnatosi di recente il sarcastico soprannome di "Caro Leader", Tommaso vive e lavora ad Helsinki. Come è facile intuire, per circa 10 mesi all'anno vive sepolto nella neve, circondato da donne bellissime. Tutto il tempo che gli rimane lo passa ad abbaiare ordini e a prendersi cura di vari progetti, fra cui Players, RingCast e icolleghi.tumblr.com.

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3 Comments

  1. Gran bella recensione Gatsu! :)

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