Era un cargo mercantile, nel 2000, a raccattare l’oramai stremato, nonché orfano di Wilson, Tom Hanks/Chuck Noland in Cast Away di Robert Zemeckis. E proprio capitano di un cargo mercantile è Tom Hanks/Richard Phillips nel film di Paul Greengrass (quello di due Bourne e di United 93, sull’aereo dell’11 settembre che mancò il bersaglio causa ribellione in volo degli ostaggi), che racconta l’odissea di un capitano la cui nave viene attaccata dai pirati somali nell’Oceano Indiano, fatto realmente avvenuto nel 2009. Dopo aver eroicamente difeso la nave dall’assalto, il capitano Phillips venne sequestrato dal gruppo di pirati e tenuto in ostaggio, fino all’intervento dei Seals.

Thriller di ottima fattura, teso e avvicente, Captain Phillips, per quanto tratto da una storia vera, pare ispirarsi molto, nella forma e nel contenuto, ad un’altra splendida opera (decisamente poco nota) realizzata pochi orsono, l’eccelso A Hijacking, scritto e diretto dal regist e sceneggiatore danese Tobias Lindholm. Laddove quest’ultimo film punta più sulle trattative tra pirati e armatori della nave, ben poco desiderosi di pagare riscatti per salvare l’equipaggio ma stretti all’angolo dalle famiglie degli ostaggi e dall’opinione pubblica, Captain Phillips concentra l’attenzione sul rapporto simbiotico tra il capitano ed il capo dei pirati. Entrambi risoluti e tenaci, i due cercano con perseveranza di raggiungere il proprio scopo: la salvezza il primo, i soldi il secondo.

La parte centrale del film, forse la più riuscita, in un quadro che si mantiene sempre ben oltre la sufficienza, è un meraviglioso gioco dialettico tra le parti, incastonato alla perfezione tra un incipit teso (il rischio di un attacco era ben chiaro a Phillips, che però si rende subito conto di avere i mezzi per poterlo contrastare) ed un finale alla Dog Day Afternoon in salsa marittima con Seals, spari, botti, elicotteri e tutti i topos classici del cinema americano “militare”, mediati però da uno script che ha nella verosmiglianza e nell’aderenza al reale i suoi punti di forza (vedi la meravigliosa sequenza tra medico di bordo e “paziente”) e che quindi non risulta quasi mai indigesto o molesto.

I due attori principali giganteggiano. Hanks torna a splendere dopo qualche anno in sordina, ma la vera sopresa è Barkhad Abdi, che interpreta Abduwali Muse, leader dei pirati, regista e sceneggiatore africano, che non ci stupiremmo di vedere nominato come miglior attore non protagonista ai prossimi premi Oscar. Se molti dubbi sussistono sulla rappresentazione “eroica” del vero Phillips (tant’è che il New York Post ha pubblicato un articolo in cui l’ex ciurma del vero capitano si dissocia dal film, ritendolo poco rappresentativo della realtà), certo è che la regia Paul Greengrass funziona alla perfezione. Nessun tempo morto, azione e tensione sempre presenti, narrazione fluida e senza incertezze: intrattenimento di grande qualità e di alto livello.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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