Orange is the new black è una serie statunitense che ha rivoluzionato il modo classico della serialità televisiva: prodotta dalla Lionsgate Television e ideata da Jenji Kohan, già mente creativa del piccolo gioiello Weeds che era stato a suo modo rivoluzionario, OITNB non si appoggia ai classici canali di trasmissione televisiva, avendo la particolarità di una messa on air, di tutti gli episodi di una singola stagione, in un’unica giornata e appoggiandosi al servizio streaming Netflix: l’11 luglio del 2013 è stata trasmessa la prima stagione con i suoi tredici episodi mentre il 6 giugno 2014 sono stati resi pubblici i 13 episodi della seconda stagione (la durata varia dai 51 ai 60 minuti per ciascuno, tranne l’ultimo, che supera i 90 minuti).
L’innovativa serie televisiva, premiata di recente ai Critic’s Choice Television Awards, è basata sulle memorie di Piper Kerman Orange is the new black: my year’s in a women’s prison e può contare su un cast dove vengono mixati doti recitative spiccate e il giusto tocco di dramedy che rende il risultato finale diverso e inaspettato, dove anche nei momenti che possono sembrare maggiormente crudi e difficili da digerire, arriva la situazione che sdrammatizza attraverso gag e scherzi collaudati e rende tutto maggiormente fruibile.

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In una prigione femminile in cui le detenute si chiamano solo per cognome e dove tutto sembra ovattato e lontano anni luce dalla realtà esterna che può apparire anche più spietata della vita penitenziaria, arriva Piper Chapman (Taylor Schilling), una donna del Connecticut ma residente a New York, condannata a scontare 15 mesi al Litchfield, una prigione federale, per aver trasportato anni prima una valigia piena di soldi di provenienza illecita per Alex Vause (Laura Prepon), una trafficante di droga internazionale e un tempo sua amante. Le due si ritroveranno così nel penitenziario, rivivendo quel misto di pathos e attrazione pericolosa che le porterà a essere nuovamente vicine. Piper vivrà il carcere come un’esperienza, ai cui ritmi si abituerà poco a poco, in grado di farle conoscere realmente chi è e cosa vuole dalla vita, mentre Alex, dopo aver vissuto un’infanzia difficile con la madre a causa di una situazione disagiata economicamente e con un padre rock star sconosciuto fino alla maggiore età, potrà trovare al Litchfield la possibilità di una difficile redenzione. Il tempo a disposizione non mancherà, l’importante sarà non lasciarlo scorrere via senza fare nulla di utile per sé stessi.

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Attorno a loro due ruotano una serie di personaggi che arricchiscono, ognuno a suo modo, la trama e rendono più interessanti le fila del discorso: Sam Healy (Michael J. Harney) è una guardia penitenziaria che instaurerà con Piper fin da subito una connessione speciale, che lo porterà forse a crearsi delle illusioni nell’evoluzione del loro rapporto. Comprensivo e gentile, cambierà l’atteggiamento nei suoi confronti non appena si verificheranno alcuni episodi omosessuali che riguarderanno Piper.

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Galina “Red” Reznikov (Kate Mulgrew) si occupa inizialmente delle cucine del carcere salvo poi essere costretta a lasciare il suo territorio: la donna, che in passato aveva un ristorante col marito, legato tuttavia allla mafia russa, rappresenterà la figura materna per le altre detenute, sempre pronte a risollevare gli animi e infondere la speranza, perché la speranza è un dono e solo alcuni fortunati sanno regalarne l’illusione agli altri.
L’attore Jason Biggs interpreta invece il personaggio del fidanzato di Piper, fino al momento dell’arresto. Scrittore in cerca di sicurezze e dalle troppe noie mentali, a volte eccessivamente sviluppate a volte no, proverà a mantenere la relazione in essere anche nella difficile situazione che si è venuta a creare.

Altri personaggi di rilievo e fondamentali nello sviluppo della storia sono quello di Natalie Figueroa (Maria Ruiz Alysia Reiner), referente del penitenziario e non esente da colpe: per finanziare la campagna elettorale del marito ruberà i soldi e i finanziamenti destinati alla prigione, si licenzierà una volta scoperta con le mani nel sacco per finire di scoprire amare verità nella sua vita di coppia ritenuta salda e duratura. Da segnalare anche il personaggio di Laverne Cox (Sophia Burset), transessuale parrucchiera all’interno del Litchfield: sempre solare e dall’umorismo tagliente, la Cox lentamente rivelerà il suo passato, fatto di scelte dolorose e mascherata dai continui sorrisi elargiti alle compagne di prigione.

Ogni gruppo sociale e di razza che vive all’interno della prigione ha un bisogno antropologico di identificarsi in un leader, cercando di attuare una gerarchizzazione da cui forse sono scappati finendo al penitenziario, ma che fa parte e caratterizza ogni società che si possa definire malamente tale.
Orange is the new black possiede tutti gli elementi per rimanere a lungo nella memoria dei telespettatori, dopo averli stupiti con gli effetti sorpresa, fidelizzandoli con una trama che appassiona nel suo intreccio e che sa rinnovarsi con l’aggiunta di nuovi membri al cast e di nuove relative storie: in questa prigione è la vita la vera protagonista, con un legame fra presente e passato che unisce e svela ogni cosa passo dopo passo. In questo universo apparentemente tutto al femminile, gioca un ruolo fondamentale quello maschile: quest’ultimo sembra essere svilito e in netta minoranza, ma ogni personaggio femminile ha una storia strettamente connessa al suo riferimento maschile, risultando da questo spesso altamente condizionato.

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È un racconto fra simili, è un tendersi la mano per andare avanti, è un abbracciarsi quando ci si sente soli, è un adattarsi anche laddove sembra impossibile farlo, è la coralità che diventa realtà, è sorridere quando si è tristi, è una critica non troppo velata al sistema penitenziario, è la scoperta di un mondo che fa meno paura di quello che aspetta nuovamente al di fuori, è un microcosmo dai meccanismi rodati in cui la parola d’ordine è riabilitazione, soprattutto dell’anima.



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