L’anno della pandemia è stato drammatico, frustrante e destabilizzante, ne abbiamo risentito tutti sia a livello personale che sociale e globale. Ciascuno di noi ha reagito come meglio ha saputo e potuto. Chi è dotato di un qualche talento è forse riuscito a esprimersi attraverso la forma d’arte che gli è più propria, come del resto è accaduto per alcune celebrity che si sono date a quello che sanno fare meglio: Taylor Swift, per esempio, ha pubblicato ben due album – Floklore ed Evermore – mentre George R.R. Martin si è confermato un olimpionico della procrastinazione.
Bo Burnham ha scritto, diretto, interpretato, musicato e montano il suo nuovo spettacolo disponibile dal 30 maggio su Netflix. Il titolo Inside è letterale, nel senso che ha realizzato tutto nel chiuso di una sua stanza/studio, e metaforico nell’allusione all’essere intrappolati con noi stessi con l’unica compagnia di quello che abbiamo dentro: pensieri, paure, emozioni.
Internet in questo contesto si è candidato a sopperire ai rapporti umani. Ma se da una parte ha solo creato l’illusione della prossimità e del contatto, dall’altra l’essere online è diventato amplificatore di quelle angosce e paure dalle quali si tentava di fuggire, e moltiplicatore di atteggiamenti vanitosi e autoreferenziali fraintesi per self awareness.
Se siete già famigliari con i lavori di Burnham non vi sorprenderà sapere che Inside è la conferma del talento di questo artista che da sedicenne star di youtube è maturato in un trentenne prodigio. Se per voi Burnham è un nome nuovo, vi basti sapere che ha iniziato a riscuotere un notevole successo da youtuber componendo ed eseguendo canzoni buffe e ironiche. Dopo i primi contratti e album con Comedy Central, sono arrivati gli show – What e Make Happy soprattutto – che l’hanno consacrano definitivamente come il comedian, autore e musicista più lucido e talentuoso della sua generazione.
Burnham è anche sceneggiatore e regista del giustamente acclamato 8th Grade (2018), film in cui mette al centro della storia una ragazzina di tredici anni alla ricerca del suo posto nel mondo, in un’era ansiogena in cui per esistere si deve essere cool e avere seguito su un qualche social, youtube nella fattispecie. Che Burnham potesse trattare con cognizione di causa la materia era, va da sé, abbastanza prevedibile, che sia riuscito a rendere in modo teneramente doloroso e accurato l’universo interiore di una tredicenne, non lo era affatto.
Più di recente Burnham ha preso parte a Promising Young Woman (di cui vi abbiamo parlato qui), e prossimamente lo rivedremo nei panni della stella dei Boston Celtics Larry Bird nella serie HBO dedicata ai Los Angeles Lakers.
Ed eccoci tornare a Bo Burnham: Inside, un viaggio attraverso una società iperstimolata dall’offerta di content, in un mondo in cui la self awareness sfuma nella brand awareness. Burnham indaga una società in cui è imperativo essere woke in funzione della propria credibilità social, perché perfino da un anno così drammatico è necessario ingegnarsi nel trovare il modo di capitalizzarlo.
Tutto questo Burnham lo persegue attraverso musica e canzoni accattivanti, battute che farebbero letteratura, e autentici colpi di genio. L’intrattenimento di cui è portatore è trascinante, e a fine speciale resta addosso una sensazione di euforia mista a tristezza e turbamento. È quasi impossibile non voler subito riavvolgere un ideale nastro e immergersi di nuovo in uno spettacolo che è la messa in scena di una condizione mentale minata dalla claustrofobicità dell’isolamento, e di una condizione emotiva che trova nel proprio talento uno strumento sia di introspezione che di evasione.
Bo Burnham: Inside è uno spettacolo destinato a lasciare traccia di sé non solo a livello artistico, ma anche culturale. Difficilmente si potrà dire lo stesso di tutto quello prodotto nell’ultimo anno.
Ultima nota: fate molta attenzione a tutto quello che è scritto sulla lavagna, o che compare in sovraimpressione sulla parete.
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