Cinema e perdita, morte e affetti, ironia e tristezza: Mia Madre, il nuovo film di Nanni Moretti, cammina lungo percorsi tanto tortuosi quanto conosciuti, al regista e ai suoi estimatori. Un’opera autobiografica, nella quale l’autore elabora un lutto personale, comune a tutti, ma sa anche prendersi in giro ed irridere certi suoi tic e vezzi professionali.

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La protagonista, un’ intensa e convincente Margherita Buy, è una regista alle prese con un film “autoriale”, la cui complicata realizzazione le causa più di un grattacapo, e con gli ultimi giorni della propria madre, un’ex insegnante di latino, ricoverata in ospedale e prossima alla morte. Amici, colleghi, il fratello (Moretti) e la figlia le si muovono accanto, seguendo le proprie orbite, come pianeti attorno ad un sole, mentre le due storie si intrecciano, influenzandosi a vicenda.

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Per raccontare la fine di una vita, l’impatto che questa ha sul presente (difficile da raccontare, anche al cinema) e su quelle di coloro che restano, Moretti sceglie il consueto alternarsi di luci e ombre: laddove le sequenze relative alla lavorazione del film strappano più di un sorriso, anche grazie alla convincente e sanguigna performance di John Turturro, attore hollywoodiano millantatore e spiantato, quelle familiari fanno pensare e mostrano il fianco ad una certa malinconia e rassegnazione.

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La morte stavolta non arriva improvvisa, brutale, inconcepibile come ne La Stanza del Figlio ma lentamente e naturalmente: “Omnes feriunt, ultima necat”, per usare una citazione che non dispiacerebbe all’anziana e malata professoressa. L’elaborazione del lutto diventa un processo a rilascio graduale dove all’inevitabilità del fatto si accompagnano pensieri, parole, dubbi e domande cui nessuno è in grado di dare una risposta, men che meno la complicata Margherita, che riesce però a sfruttare questa occasione per trovare, seppure a fatica, un equilibrio nella sua vita e (forse) nel film che cerca di portare a termine.

Shots from "Mia Madre"

Moretti non offre, logicamente, soluzioni al più grande dei misteri, ma si limita ad osservare come troppo spesso servano degli eventi eccezionali per aprire gli occhi delle persone che, distratte dal lavoro e dalla routine, non si accorgono che il tempo scorre e le persone cambiano. Capita così che l’Evidente (le conseguenze di una storia d’amore della figlia finita male, i problemi relazionali della protagonista) passi inosservato o che a descrivere alla perfezione il carattere di una persona, siano estranei che l’hanno conosciuta per poco tempo (gli ex alunni della professoressa). Forse, come viene rinfacciato alla protagonista quasi fosse un difetto, le persone vanno davvero sempre prese a piccole dosi, per essere apprezzate appieno.

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Mia Madre è tutto qui: Moretti scrive e dirige un bel film, intimo e personale ma anche onesto e accessibile per tutti, trovando un perfetto equilibrio tra dramma e commedia, un mix che per tanti anni ha rappresentato la sua cifra stilistica ed il suo tratto più caratteristico. Le vicende dei personaggi hanno come sfondo un’Italia incerta, difficile da rappresentare, che li costringe a compiere scelte sofferte e radicali, in nome di un precariato trasversale che colpisce ogni fascia d’età. Ma c’è zero politica e poco “sociale” in Mia Madre. Anche il film (nel film) girato dalla Buy, che vede gli operai di una fabbrica alle prese con il nuovo proprietario americano (Turturro) che deve licenziare un terzo della forza lavoro, appare fasullo, ipocrita e posticcio o forse, peggio, completamente inutile: un esercizio di stile fine a sé stesso. Per descrivere il presente, in fondo, basta saperlo vivere, giorno dopo giorno.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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