Nella carriera di ogni regista c’è un prima e dopo. A segnare il confine è la pietra miliare, l’evento irripetibile, il film memorabile insomma, quello per cui si è universalmente apprezzati e riconosciuti e quello che, dopo che è stato realizzato, viene rinfacciato ad ogni occasione se le successive produzioni non sono alla sua altezza.
Nel caso di Denis Villeneuve quel film è Sicario. Perchè gli è venuto maledettamente bene.

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Sicario racconta la storia di Kate (Emily Blunt), un’agente dell’FBI molto coraggiosa ed idealista che viene reclutata dalla CIA per entrare a far parte di una squadra che opera “fuori dalle regole” e che ha come obbiettivo lo smantellamento di un potente e feroce cartello messicano di narcotrafficanti. A guidare il team è Matt (Josh Brolin), un istrionico e caustico agente che opera per conto della Difesa, mentre la sua punta di diamante è Alejandro (Benicio del Toro), un ex procuratore cui i messicani hanno barbaramente ucciso moglie e figlia, che si è trasformato in un killer freddo e spietato, una macchina da guerra tanto elegante quanto inarrestabile.

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Di film sull’ inevitabile e perenne conflitto tra forze dell’ordine americane e narcos ne abbiamo visti a decine nel corso degli anni. Ciò nonostante Sicario, pur proponendo uno script classico (vergato niente meno che da Taylor Sheridan, attore in Sons of Anarchy) riesce come pochi altri a mostrare la verità senza troppi fronzoli: Gli Stati Uniti stanno perdendo anche questa guerra e l’unico modo per raddrizzare la situazione è giocare più sporco degli avversari. Così Villeneuve si tiene la mano libera per girare sequenze bellissime e violentissime, in cui nulla e nessuno viene risparmiato (nè ai personaggi, nè agli spettatori) ma inserite in un contesto in cui sono il non visto, la tensione e paura a farla da padrone.

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In questo senso Sicario rappresenta un netto passo avanti rispetto al (fin troppo) osannato Prisoners, che spesso si guardava un po’ troppo allo specchio. Sicario procede senza sosta, senza pause e senza dare il tempo di riflettere su morale ed etica. Villeneuve costruisce momenti memorabili, anche grazie alla sempre felice mano di Roger Deakins: la lunga sequenza del convoglio che deve attraversare il confine, la missione nel tunnel, la resa dei conti finale richiamano più opere belliche e classici del cinema di guerra che thriller e polizieschi. E’ la sua prova di maturità, pienamente superata.

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Il cast è pazzesco. Se Brolin è perfettamente a suo agio nella parte, che gli calza a pennello vista la sua naturale espressione da paraculo, semplicemente esaltanti sono le performance della Blunt e di Del Toro, finalmente tornato a livelli celestiali. Lei, indomita ma fragile, sempre contrastata tra il desiderio di giustizia e i mille dubbi legati al sostanziale spregio delle regole e procedure messe in atto dal team di cui sceglie di far parte; lui impeccabile in ogni occasione, specie quando si tratta di uccidere. Il rapporto tra i due e lo spostamento del baricentro della narrazione dalla prima al secondo mano a mano che il film si sviluppa sono altre felici intuizioni che elevano Sicario spanne sopra altri titoli dello stesso genere.

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Sicario riesce, tra le righe e tra una sequenza action e l’altra a rappresentare un quadro a fosche tinte, che lascia molti dubbi sulla possibile risoluzione del conflitto. In effetti, vista la verve dimostrata da cast e regista, non sarebbero nemmeno dispiaciuti una ventina di minuti in più, dedicati ad un ulteriore approfondimento del tema dei confini messicani, della lotta tra cartelli e Stato e dell’ineluttabilità del destino cui vanno incontro migliaia di bambini (l’ultimo memorabile minuto del film è un metaforico chiodo piantato su una bara da interrare). Un film straordinario e imperdibile, pieno di sangue, ombre e fantasmi, feroce, spietato e tristemente pessimista.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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2 Comments

  1. In molte cose sembra il gemello diverso di Zero Dark Thirty ed è davvero interessante come in alcuni frangenti abbia un andamento dilatato che richiama, pur destrutturandoli, gli elementi più affascinanti di Enemy (che era quasi un film “drone”, silenzioso e sotto traccia). Sicario è un gran film, forse uno dei migliori di produzione americana del 2015 ma a mio avviso molto più nella forma che nella sostanza, la scrittura in dei momenti chiavi resta troppo in superficie, scalfendola appena e appiattendo un po’ dei personaggi altrimenti assai ben delineati. Per fortuna il grande cinema narra per immagini, facce e stacchi di montaggio e qui c’è davvero tutto al meglio possibile.

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