Quest’anno la redazione di Players ha giocato poco e bene, così invece che affidare il classico listone dei migliori videogiochi del 2015 ad una sola penna, si è pensato di creare un listone cumulativo che coinvolgesse tutti i redattori. I pezzi sono stati realizzati singolarmente e nessuno sapeva cosa avrebbero scelto gli altri, così sono emerse ripetizioni (un paio di titoli che hanno saputo fare più breccia di altri) e clamorose omissioni. Beh, come diceva Clint, i giochi sono come le palle, ognuno ha le sue. Ok, forse non era proprio così, ma a noi son piaciuti questi:

Tommaso de Benetti

Game of Thrones

Pur con tutti i limiti del mondo, il particolare modo di intendere le avventure grafiche di TellTale ha trovato negli ultimi anni una fedele audience in ambo i sessi, riassumibile nella definizione di “amanti delle serie TV”. Perché quello sono i giochi di TellTale, delle serie TV interattive, peraltro con dei livelli di scrittura di assoluto rispetto. L’approccio della casa statunitense a Game of Thrones poteva essere un prodotto mediocre e senza palle. Ci ritroviamo invece una storia parallela alla vicenda principale caratterizzata da tutto quello che i libri di Martin (o in questo caso, gli episodi della serie TV) ci hanno abituato: innocenti che muoiono quando meno te l’aspetti, tradimenti, livelli di figlioputtanaggine da prendere a pugni lo schermo, cliffhanger a fine puntata da schiuma alla bocca. E sì, a livello di gameplay siamo sempre lì, a premere ABXY prima che scada il tempo, ad eseguire un QTE senza infamia e senza lode, a massacrare il gamepad come neanche Track & Field nella speranza di non far morire il protagonista. Ma ci sono personaggi a cui è facile affezionarsi e scelte davvero difficili che cambiano ciò che succede in maniera anche significativa. Non guastano le comparsate di alcuni personaggi principali, come Tyrion, Cersei, Daenerys o Margaery, che pur non essendo fondamentali nel contesto della storia svolgono il loro compito in maniera piacevole. Consigliato senza remore, nonostante la prima stagione non concluda una bel niente.

Life is Strange

Mentre TellTale persevera con una formula ludica ed un motore grafico che iniziano ad apparire un po’ stanchi, DontNod, sviluppatori dell’interessante Remember Me (più per meriti artistici che altro), getta il guanto della sfida con l’ambizioso Life is Strange. Ambientato ad Arcadia Bay, una sperduta cittadina sulla costa dell’Oregon, Life is Strange parla dell’amicizia fra due ragazzine in età adolescenziale. La protagonista, Max, è timida e responsabile. La spalla, Chloe, è ribelle, ascolta pop-punk e fuma la droga. Un po’ forzato in punti, con una scrittura messa in scena da adulti che cercano di ricordarsi com’è essere adolescenti, Life is Strange riesce comunque a raggiungere una serie di obiettivi di tutto rispetto. Nel corso delle cinque puntate che lo compongono, copre, bene, argomenti come la depressione, il suicidio, la perdita di un genitore, quello che accade alle amicizie quando ci si allontana fisicamente, il rifiuto amoroso, e come la vita può cambiare in seguito a piccoli, apparentemente irrilevanti gesti quotidiani. A livello di gameplay Life is Strange risponde alla domanda: “cosa sarebbe successo se…?”. Lo fa bene a volte, in altri casi si perde un po’ per strada o sotto utilizza la meccanica di riavvolgimento temporale su cui si basano quasi tutti gli enigmi. Ma sono problemi trascurabili, a fronte di un gioco bello da vedere, eccezionale da ascoltare, imprevedibile nel suo dipanarsi e con dei momenti di rara delicatezza. Momento magone assicurato.

Claudio Magistrelli

Life is Strange

Con cinque episodi a cavallo tra teen drama e film apocalittico con una spruzzata di sovrannaturale, Dontnod è riuscito a dimostrare almeno due cose. Che esiste una via alternativa a Telltale nelle avventure grafiche moderne – o simulatori di scelte morali – in cui i personaggi non sono necessariamente dei legni e l’interfaccia non ti odia. Ma soprattutto che il videogioco può anche essere ben scritto e parlare del presente con la stessa dignità di tutti gli altri media.

Yoshi’s Wooly World

Di recente se si trova una singola idea di design originale in un videogioco è grasso che cola. Molto più spesso con una sola idea, magari riciclata, ci si tira fuori una bella saga da 7-8 capitoli annuali tutti uguali. Poi c’è Nintendo. Yoshi’s Wooly World, oltre ad essere graficamente di un bello che non ci si crede alla faccia della next-gen, tira fuori un’idea pazzesca ad ogni livello. E lo fa per una cinquantina di volte. Roba da prendere appunti (e non è uno scherzo, è un consiglio vero).

Halo 5

Bungie dopo essersi lamentata della crudeltà di Microsoft che la costringeva a rifare Halo ancora e ancora e ancora se n’è andata sbattendo la porta, per rifare Halo sotto l’etichetta Activision rilasciandolo a pezzettini. È toccato a 343 Games tenere in piedi la baracca, compito non facile. La MasterChief Collection rimarrà a vita una macchia sul loro curriculum per l’occasione sprecata, ma con Halo 5 il team saputo centrare in pieno lo spirito di Halo, una cartina tornasole per capire che nel FPS competitivo online fa sul serio e chi no.

The Talos Priciple

C’era un volta il Croteam, quelli di Serious Sam e la caciara fatta videogioco. Oggi questo bizzarro team croato invece sforna un puzzle game in terza persona tutto riflessione riferimenti ai pilastri della filosofia. Vi viene in mente Portal? Avete ragione, The Talos Principle è il primo a raccogliere l’eredità del capolavoro Valve, e non mi pare complimento da poco.

Splatoon

Ancora Nintendo. Questa volta però non è stato amore a prima vista. L’uscita nei negozi con una quantità di contenuti centellinata, probabilmente per consentire un approccio soft al proprio pubblico poco avvezzo al genere, non è stata un’idea che ho apprezzato particolarmente. Mesi e mesi di supporto costante però bastano e avanzano per perdonare Nintendo. Senza contare che ancora una volta alla base di Splatoon c’è un’idea fortissima, che re-interpreta il genere secondo i canoni di Kyoto portandolo di colpo fuori dalla stagnazione in cui languiva dai tempi del primo Gears of War.

Andrea Chirichelli

Mad Max

Il gioco più sottovalutato del 2015 è in realtà uno dei migliori e dopo averci speso 50+ ore posso affermarlo con una certa cognizione di causa. E’ fedele alle atmosfere del film, piuttosto vario in termini di cose da fare, graficamente spacca, grazie a visuali mozzafiato e ai migliori cieli e cicli giorno/notte mai visti in un videogioco. La storia principale non è un granchè, certo, ci sarebbero mille idee da implementare per un eventuale sequel (un multiplayer con più fazioni che battagliano per conquistare il territorio sarebbe il massimo) ma Mad Max si merita molto più dei 6/7 stringati che visto in giro.

Splatoon

Poi dicono che Nintendo non ha nuove IP. Questi piombano su un genere che non hanno mai frequentato e creano al primo colpo un titolo che merita di stare nella top 10 ever del mondo degli FPS. Mentre tutti mungono il pubblico con dlc a pagamento, Nintendo rilascia continuamente & gratuitamente nuovi contenuti per un gioco di una console cui restano pochi mesi di vita, non vedo cosa si possa chiedere di più. Anzi sì: Splatoon 2 al day one di NX.

Star Wars Battlefront

Ok, è basico, ok è povero di contenuti, ok è una sporca operazione commerciale (come se i videogiochi fossero opere d’arte fine a sé stesse…) tuttavia è il gioco che il fan di Star Wars aspettava, punto. Nonostante rifugga il più possibile il genere ludico d’appartenenza, Battlefront è riuscito nel miracolo di farmi attaccare al pad per sessioni di svariate ore, totalmente immerso nei suoni, nei colori e nelle locations della mia saga spaziale preferita. Missione compiuta.

Heartstone

Sì, non è un gioco del 2015 tuttavia ha ricevuto tante e tali upgrade e nuovi contenuti da essersi trasformato rispetto al già ottimo gioco sfornato da Blizzard l’anno scorso. Oggi è ancora più vario e bilanciato e le prospettive per il futuro sembrano più rosee che mai. Massima fiducia in Blizzard e per piacere inserite assolutamente la modalità cooperativa, che quei quattro giorni di rissa sono stati i più spassosi dell’anno.

Francesco Malevolti

Life is Strange

In breve, una ragazza con la passione della fotografia che ha il potere di riavvolgere il tempo e lo usa per risolvere piccoli/grandi problemi da adolescenti, raccontato con gli Sparklehorse e gli Alt-J come colonna sonora. E’ tutto un po’ hipster, ma se vi piacciono Twin Peaks e le storie di adolescenti complessati lo adorerete.

Soma

In una stazione sottomarina popolata da macchine senzienti e strane creature cerchiamo risposte ai misteri della trama, che sono un po’ anche i misteri dell’uomo. Nel 2010, Amnesia, degli stessi autori cambiò per sempre lo standard del genere. Soma ci prova non riuscendo a fare lo stesso, però ad oggi è forse il miglior tentativo di far “diventare grandi” i videogiochi horror.

Emilio Bellu

Metal Gear Solid V: L’ultimo (?) capitolo dell’epopea di Hideo Kojima ha messo in secondo piano le ambizioni cinematografiche per reinventare l’idea del sandbox game. Un capolavoro di tecnica e di design, imprescindibile nonostante sia chiaramente incompleto.

Hearthstone: Il gioco di carte Blizzard ha vissuto il suo anno più ricco tra espansioni, avventure single player, e nuove modalità. Ma la sua forza sta nella sua comunità online. Pochi giochi sono più adatti allo streaming online, pochi giochi sono altrettanto appassionanti da guardare che da giocare.

Super Mario Maker: dopo ottimi esperimenti come LittleBigPlanet, Nintendo ha usato l’idraulico più famoso del mondo per dar vita al miglior “gioco per creare giochi” di sempre. Semplice, intuitivo e profondo, è anche un ottimo modo per capire l’arte del level design, e quanto sia sofisticata.

Dario Oropallo

The Witcher 3: Wild Hunt

Un gioco di ruolo che si distingue per geografia, coesione, narrazione e segna, contemporaneamente, la conclusione di uno dei più importanti ed ambiziosi videogiochi di questi anni e di una serie di romanzi che si distingue per la sua piacevolezza ed originalità. Soprattutto, l’ultimo viaggio di Geralt è una riflessione sulla vita e sul compiere scelte che trascendano la manichea distinzione tra opportuno ed errato.

Her Story

Sentirsi un detective impegnato in un caso che metta alla prova le sue capacità di riflettere, ricomporre gli indizi a disposizione e trovare il colpevole. Questo lo spunto da cui è partito Sam Barlow, sviluppatore noto per l’interessante Silent Hill Shattered Memories per PSP e Wii, che ha realizzato un peculiare esperimento tra metagioco, detective story e videogioco.

Splatoon

Un inaspettato outsider che mostra l’abilità di Nintendo di saper affrontare generi sconosciuti e di sostentare la crescita di una community forte intorno ad essi. Costantemente aggiornato dal momento della sua uscita, Splatoon è riuscito ad affermarsi in un mercato competitivo senza ricorrere a DLC, micro-transazioni o altre fonti di guadagno: la forza delle idee che, speriamo, possa sopravvivere alla sfortunata console che ne ha ospitato il debutto.

Metal Gear Solid V: The Phantom Pain

Liberatosi dall’onere di dover concludere un percorso iniziato trent’anni fa, con quel punto di arrivo che era ed è MGS IV: Guns of the Patriots, Hideo Kojima ha potuto dedicarsi ad un racconto diverso. La vicenda di un uomo, Big Boss, che da guerrigliero diviene vendicatore, conquistatore, demone: un’allegoria continua, in un incontro di tematiche che Hideo Kojima tratta, rielabora e condivide con un pubblico sempre più bisognoso di lezioni e di punti di partenza.

Downwell

Una lezione di game design concentrata in una folle discesa verso il fondo di un pozzo: per poco più di due caffè, parafrasando una famosa réclame, uno dei migliori videogiochi dell’anno.



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Redazione

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