Holden Caulfield, il protagonista del Giovane Holden, è forse uno dei migliori recensori della storia: è riuscito a cogliere e sintetizzare efficacemente il sentimento che ci anima quando un libro irrompe nella nostra vita, segnandola, al punto che non vorremmo altro che l’autore fosse un nostro amico intimo per avere la possibilità di parlare con lui in qualsiasi momento. Va notato, però, che nell’epoca dei social avere libero accesso a pensieri e opinioni del proprio autore di riferimento potrebbe essere controproducente perché se l’opera è finita e compiuta, chi l’ha firmata è invece una persona le cui opinioni e scelte possono deluderci in qualsiasi momento e forse finire anche per intorbidire retroattivamente quello che è il rapporto con il testo.
Con questi due pensieri in testa arriviamo alla protagonista di Qualcosa da dirti: Elsa Feuillet è una giovane scrittrice francese, discretamente apprezzata e di modesta popolarità, colpita dal lutto della sua autrice preferita, Béatrice Blandy, che al contrario di lei è stata un prodigio di raro talento e grande successo.
Nei confronti di Blandy la protagonista prova sentimenti di gratitudine, ammirazione, sente un legame profondo che nasce anche dallo specchiarsi su una superficie che però restituisce l’immagine di un potenziale pienamente espresso e universalmente acclamato. I casi della vita portano Elsa a conoscere il vedovo di Béatrice, Thomas, e a iniziare una storia con lui. Nella casa in cui ogni singolo elemento, scelta di gusto, disposizione, riecheggia la sublime e distintiva voce di Béatrice, Elsa anziché sentirsene sopraffatta inizia una sorta di dialogo con quella voce, cerca di capire meglio la scrittrice che ha tanto amato e piano piano si accomoda nella sua vita, un po’ subendone il fascino, un po’ sostituendosi a lei esattamente come ne ha preso il posto nella camera da letto coniugale.
Carole Fives, attraverso l’esperienza della sua protagonista, esplora sia il tema dell’identità personale che di quella autoriale. Elsa, nell’adorazione verso Béatrice, non solo inizia a mutuarne gli aspetti più esteriori (abiti, trucco, profumo), con la complicità di Thomas, ma inizia anche a pensare di essere l’unica in grado di portare avanti il percorso letterario della scrittrice ultimando un presunto ultimo e incompleto romanzo.
Se in questo processo di emulazione, sovrapposizione e quasi scomparsa del proprio io il primo termine di confronto che viene in mente è Vertigo è perché l’opera di Hitchcock è apertamente citata, così come è facile pensare a Rebecca, la prima moglie di Daphne du Maurier. Ma in Qualcosa da dirti le opere sono più un mezzo per mettere in campo un altro tema caro a chiunque scriva o si occupi di editoria e letteratura – ovvero dove e come tracciare il confine tra ispirazione e plagio – che non strumenti per una profonda e complessa indagine psicologica dei protagonisti.
La storia non ha infatti l’ambizione o lo scopo di dire qualcosa di particolarmente originale, arguto o spiazzante, ma riesce nell’obiettivo di risultare un piacevole thriller letterario, con contaminazioni da romanzo d’amore.
Note
Qualcosa da dirti di Carole Fives è pubblicato da E/O. Traduzione dal francese a cura di Alberto Bracci Testasecca
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