Male, come al solito. Però.

Questo dicembre sono successe parecchie cose al cinema italiano, quasi tutte negative, ma all’orizzonte potrebbe esserci un vago, flebile, impalpabile barlume di speranza. Sempre che, ovviamente, il pubblico inizi a premiare la qualità. Cosa difficile, di questi tempi.
Già, il pubblico (oops, i did it again). Indovinate qual è il miglior incasso italiano della stagione? Esatto, avete indovinato. Il film (si fa per dire) che ha visto riunire la “mitica” coppia Boldi/De Sica dopo 12 anni nell’indigesto cinepanettone Amici come Prima, col suo abituale corredo di gag da quattro soldi per una platea con IQ sotto la media. Speriamo ne passino altri 12 prima del prossimo, anche se pure Netflix, dopo l’exploit positivo di Sulla mia pelle, adesso si è messa a finanziare questo infausto genere, con tutti quelli tra cui poteva scegliere…

Questo dicembre ha però visto anche il doppio tentativo (non del tutto riuscito, purtroppo) da parte del cinema nostrano di proporre qualcosa di diverso. Nelle sale da qualche giorno ci sono infatti I Moschettieri del Re e La Befana vien di notte, che appartengono a generi che non si vedevano da un bel po’ di tempo: la commedia d’azione storica e il fantasy. Entrambi i tentativi sono riusciti a metà. La Befana, ottimo sotto il profilo tecnico (OST fantastica, discreti effetti speciali, cura nella confezione) fallisce a causa del pessimo lo script di Guaglianone, altrove molto valido, che inanella una serie ininterrotta di cliché, vanificando ogni altro sforzo produttivo. Se l’idea era scimmiottare Stranger Things, Goonies e/o Gremlins, proprio non ci siamo. Quanto ai Moschettieri: poteva essere uno stracult. Il grammelot di Favino è strepitoso e finalmente una donna fa sbellicare (la Gioli). Peccato per il finale completamente slegato dal resto e per i continui cali di ritmo. Anche in questo caso è un film da “sei meno meno”, mettiamola così.

Questo dicembre ha però portato in sala ben due film di cui dovremmo essere orgogliosi: Santiago, Italia di Nanni Moretti e Capri-Revolution di Mario Martone. Il primo è un documentario che racconta il colpo di Stato in Cile del 1973 ed in particolare del ruolo dell’ambasciata italiana a Santiago del Cile che diede rifugio a centinaia di oppositori di Augusto Pinochet e consentì poi loro di arrivare in Italia. Più che un film, è una lezione di storia: asciutto, senza fronzoli, girato impeccabilmente e con un finale spiazzante (alla BlacKkKlansman, per chi l’ha visto).

Capri-Revolution è una potentissima e meravigliosa storia di emancipazione femminile, ma Martone ci aggiunge (anche in modo caotico e imperfetto, chiaro, ma sincero e impetuoso) talmente tanti temi, chiavi di lettura e sottotesti (le bizzarre relazioni tra arte e natura, l’ineluttabilita’ del destino, l’eterno conflitto tra religione e scienza) da renderlo un’opera unica e indefinibile, ambientata in una Capri de-modernizzata, selvaggia e affascinante. Marianna Fontana si conferma l’attrice italiana più talentuosa e carismatica degli ultimi vent’anni. Se non l’avete visto, fatevi un favore e volate in sala.

E il futuro? All’orizzonte ci sono almeno un paio di film “particolari” su cui puntare almeno i classici 2 centesimi: Il Primo Re e Copperman. Il primo, diretto da Matteo Rovere, racconta il mito di Romolo e Remo, interpretati rispettivamente da Alessio Lapice e Alessandro Borghi, con un budget sensibilmente superiore alla media dei film nostrani e, a giudicare dal trailer, con una notevole cura in tutti quegli aspetti tecnici di solito dimenticati nelle produzioni nostrane. Il secondo, diretto da Eros Puglielli con Luca Argentero, parla di autismo e supereroi, una combinazione quanto meno originale, in tempi di commedie fatte con lo stampino (che a gennaio non mancheranno, con i soliti noti: Lillo & Greg, Ruffini,etc.etc.). Del resto mala tempora currunt sed peiora parantur



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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