Anche (o forse soprattutto) nella Caracas divisa in classi sociali distinte, che vivono a pochi isolati senza comunicare davvero, il più forte resta quello che ha soldi e benessere. E i contatti fra le caste sono segnati soprattutto da vandalismo e violenza.

Armando si avvicina alla mezza età. Ha sepolto le emozioni sotto un passato segnato da una figura paterna odiata. Il suo negozio di protesi dentarie rende bene: ha tanti soldi, ma anche una passione per ragazzi più giovani di lui, che attira a casa con fruscianti mazzette e che paga. Solo per guardarli da lontano, senza toccarli.
La solitudine e la routine sono grigie e prive di guizzi. Finché all’amo di Armando abbocca Elder, un giovane teppistello sulla strada della delinquenza: reticente all’inizio (non mancheranno furto e percosse), accondiscendente poi, convinto prima dai soldi, poi dall’emergere di un’insospettata, latente omosessualità.

 

desde-alla

Dopo il corto Los elefantes nunca olvidan, Lorenzo Vigas racconta un violento (ri)emergere dei sentimenti attraverso una riflessione di stampo micro-sociologico su un paese scosso da povertà e delinquenza, in cui essere gay è ancora motivo di emarginazione. Perché con Armando e Elder non si incontrano solo due esseri umani disadattati, pur in modo diverso, ma anche due universi non comunicanti. Generando una reazione a catena che sfuggirà al controllo di entrambi.

Vigas costruisce i due universi sui suoi due attori. Il veterano del cinema cileno Alfredo Castro, splendidamente dimesso nell’incarnare l’uomo deluso che guarda amore e sesso solo da lontano (ossia desde allá, titolo originale dell’opera) e il semi-esordiente Luis Silva, la cui aggressività vulcanica lascia intravedere disagio e isolamento.
L’esordio del regista venezuelano nel lungometraggio è un film “dipinto” attraverso abili pennellate stilistiche, in grado di raccontare brillantemente una love story atipica creando un denso e scomodo senso di presagio e di malessere. Opera livida in cui i bellissimi colori della fotografia di Sergio Armstrong restano spesso spenti, bruciati, slavati dalla luce di un Venezuela pieno di contraddizioni, Ti guardo mescola le tinte dell’alienazione psicologica a quelle del desiderio e dell’amore, di cui riesce a renderne credibili tappe ed emozioni: desiderio, paura, dono totale di sé, capacità di commettere gesti estremi.

Ti guardo desde allà

 

Vigas sa mostrare alludendo, soprattutto quando affida molte informazioni al non detto e al sottinteso (il passato di Armando, le sue vicende familiari), al fuori fuoco e al fuori campo. Ma le lacune informative non rendono il film fiacco: aprono nuovi interrogativi. Per questo Ti guardo è un’opera tutt’altro che didascalica: Vigas racconta la storia d’amore riuscendo a inserirvi venature di profonda tenerezza, soprattutto nell’interesse che i due uomini mostrano quando l’altro è in difficoltà, che è grido forte contro l’omofobia. Ma allo stesso tempo semina invisibili indizi che, se colti, fanno capire allo spettatore come quel sordo senso di insoddisfazione precluda inevitabilmente la possibilità facili happy end. Perché scoprire (o fraintendere) i desideri reciproci rischia spesso di avere conseguenze devastanti.

Ti Guardo Locandina

Leone d’oro all’ultima Mostra di Venezia, dove il film ha saputo – pur fra opere più solide e riuscite – emozionare con seducente ambiguità.



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2 Comments

  1. Scusa la domanda, ma sei l’Alessandro De Simone che spesso era ospite a I Cinepatici, su Coming Soon TV?

    1. Rispondo io: no, si chiama Alessandro Bizzotto, c’è stato un problema nella selezione dell’utente quando il post è andato online.

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