Qualche giorno fa il celebre sito di videogiochi Kotaku ha osato l’inosabile, ovvero fare una classifica delle avventure Lucas. La potete trovare qui. Le classifiche ovviamente non hanno quasi mai alcuna credibilità, servono giusto a divertirsi un po’ e, in questo caso, ricordare i bei tempi andati, visto che LucasArts (prima LucasFilm) oramai non esiste più. Così, avendole giocate tutte ai tempi e (alcune) rigiocate di recente (Grim Fandango e sto aspettando ansiosamente i remake di DOTT e Full Throttle), mi sono divertito anch’io a stilare la mia personalissima top 15. Ah, è venuta fuori un po’ diversa da quella di Kotaku. Io però invece di stilare un mero elenco, provo a spiegare le ragioni per cui :-)

15 – Labyrinth: prima avventura Lucas e, beh, si vede. David Fox propone un tie-in del film omonimo di Jim Henson, interpretato da David Bowie. Il gioco non è nemmeno un’avventura tout court (ci sono delle sezioni arcade) anche se l’interfaccia è un embrione del futuro SCUMM. Frustrante come pochi altri giochi (non è lineare e c’è pure un limite di tempo, roba impensabile al giorno d’oggi) Labyrinth è lontanissimo anche dagli standard narrativi che l’azienda raggiungerà coi giochi seguenti. Valore storico notevole, insomma, ma nulla di più.

14 – Escape From Monkey Island: il peggior gioco della saga e il più lontano dal genio di Ron Gilbert. Curioso, no? Le peggiori avventure Lucas sono la prima e l’ultima. Questa esce nel 2000, quando chiunque ha altro per la testa e nonostane non sia poi malaccio, non ottiene alcun riscontro nè tra gli appassionati della saga (che odieranno il Monkey Kombat, il 3D piuttosto osceno anche per quei tempi, l’eccessiva idiozia di Guybrush) nè tra i “nuovi” potenziali acquirenti, visto che l’idea era quella di far ripartire il franchise. Obiettivo fallito.

13 – Zak McKracken And The Alien Mindbenders: da qui in poi è durissima, perchè le avventure son tutte belle. David Fox & Matthew Kane s’inventano una storia totalmente fuori di testa. Pure troppo, visto che gli enigmi, con il gioco che si rifiuta testardamente di fornire anche il benchè minimo indizio per la loro risoluzione, diventano più un continuo trial & error che una sfida di abilità. Anche i personaggi, nonostante il potenziale, sono poco sfruttati dallo script (e infatti non sono diventati iconici come gli altri made in Lucas). Curiosa la cover jappa “animeggiante” della versione Fm Towns e bella la confezione originale contenente la “vera” copia del National Inquisitor illustrata da Steve Purcell, ma c’è di meglio.

12 – The Curse of Monkey Island: a molti è piaciuto, a me non molto. Avendo amato alla follia (alla follia!) i primi due capitoli canonici, il fatto che qualcun altro mettesse le mani su una storia che per me era già finita alla grande con Monkey 2 mi sembrava un’eresia, eppure molti fan della saga hanno iniziato da questo, il primo “reset”, classe 1997. Le gag sono oggettivamente strepitose, graficamente il titolo è forse il più bello di tutta la produzione Lucas (potrebbe essere scambiato per un indie ad alto budget odierno), il sonoro è una bomba, senza contare che la nuova storia funziona alla grande, anche se presenta i protagonisti sotto una luce ben diversa da quella che i fan storici conoscevano e amavano…però non è il terzo episodio che mi aspettavo e volevo. Onore comunque a Jonathan Ackley &Larry Ahern, gli autori del gioco.

11 – Indiana Jones & The Last Crusade: uno dei migliori te-in della storia dei videogiochi e, nonostante alcune ingenuità, un mezzo capolavoro di game design. C’è l’avventura, basata sullo script del film, ma ci sono anche scazzottate coi nazisti, sezioni stealth, a tempo, con labirinti, insomma, una macedonia ludica in sala archeologica. Il terzetto delle meraviglie Noah Falstein, David Fox e Ron Gilbert crea una struttura ludica densa e multisfaccettata, che incentiva la replay value del titolo. Per la prima volta il giocatore si trova dialoghi a scelte multiple e bivi narrativi. La tecnologia dei 16 bit permette poi un’ottima resa della storica OST di John Williams ed una grafica ricca di dettagli e ben animata. Per FM-Towns ne esiste una fantastica versione a 256 colori.

10 – Maniac Mansion: Si può dire che la vera storia delle avventure Lucas inizia da qui? Senz’altro lo fa lo SCUMM (le MM finali stanno appunto per Maniac Mansion) che Ron Gilbert plasma a suo piacere per rendere il genere molto meno ostico di quanto non fosse in precedenza. MM non è certo la prima avventura a liberare il giocatore dal giogo degli input testuali, ma è il primo a poter vantare un perfetto equilibrio tra enigmi, trovate narrative e in-credibilità dei personaggi. In altre parole, MM è uno spasso spassoso dotato di una longevità tendente a più infinito, stracolmo di gag e caratterizzato da alcuni dei personaggi più buffi e folli della storia dei videogiochi.

9 – Full Throttle: Mmm FT solo nono? Secondo me sì e per svariate ragioni. Già ai tempi dell’uscita originale il titolo di Tim Schaefer risultò piuttosto divisivo: le sezioni arcade, quelle durante le quali il protagonista combatteva contro gli altri motociclisti, fecero inarcare più di un sopracciglio, visto erano: A-troppe B-troppo invasive C-nemmeno troppo divertenti da giocare. Poi c’era la questione longevità: tra tutte, Full Throttle è la più breve delle avventure Lucas. Più un tentativo di fare un film interattivo, per quanto ben riuscito, che un’avventura classica. Per il resto, è tutto stupendo: intro, spessore e caratterizzazione dei personaggi, set up, background, musica, grafica, insomma quasi tutto.

8 – Loom: Uno dei titoli più originali e coraggiosi di sempre, anche perchè, signori, Loom uscì, nella prima delle sue innumerevoli versioni, nel lontanissimo 1990. Realizzato da Brian Moriarty, uno che veniva dalla galassia delle avventure testuali, Loom rappresenta un unicum nella produzione Lucas: un gioco in cui la musica la fa da padrone (nella fattispecie quella di Tchaikovskij), con enigmi piuttosto semplificati rispetto alla media (il che rese inviso a molti fan, anche se io sono sempre stato a favore della semplicità e contro le eccessive elucubrazioni mentali fini a sé stesse) ed un approccio ludico esperienziale che nonostante rischi spesso di naufragare sotto il peso della sua stessa ambizione, soddisfa e affascina.

7 – Sam & Max Hit the Road: La peggiore avventura coi personaggi migliori? I personaggi di Steve Purcell sono uno spasso e il primo motivo per giocare quest’avventura totalmente fuori di testa. Purtroppo proprio il peculiare umorismo irriverente del duo mal si concilia con una narrazione “da avventura” ed il lato ludico ne viene leggermente penalizzato (anche qui le sequenze arcade non sono un granchè e seguire il plot risulta un po’ complicato). Personalmente non ho mai gradito troppo l’ulteriore evoluzione dello SCUMM che cassa completamente la parte inferiore con verbi e inventario per permettere al giocatore di fruire di un’esperienza a tutto schermo e l’utilizzo del dialetto nella versione italiana per rendere alcuni giochi di parole, ma detto ciò, Sam & Max resta un ottimo titolo.

6 –The Secret of Monkey Island: Entriamo in “zona capolavori assoluti” con un gioco che è un concentrato di epicità ed è per certi versi, la prima, vera grande avventura moderna (o la più iconica e riconoscibile). Depurata dagli elementi frustranti di tutte le opere precedenti (nessun vicolo cieco, nessun terrore di non aver raccolto l’oggetto grande mezzo pixel a inizio gioco che ti serve alla fine dell’avventura, non si muore a meno che non lo si voglia) TSOMI immerge il giocatore nell’atmosfera caraibica di fine ‘600 tra pirati, segreti, misteri, tesori da scovare e donne bellissime da conquistare. Gilbert e gli altri team Lucas acquistano il loro biglietto per l’eternità.

5 – Indiana Jones and the Fate of Atlantis: Kotaku lo mette al primo posto e se dovessi valutare il gioco per i suoi primi due terzi sarei d’accordo anch’io. Fate of Atlantis è il quarto episodio che avremmo dovuto vedere al cinema invece di quella mezza oscenità che ci venne proposta anni fa. Tutto gira a meraviglia: location, personaggi, musica (l’iMuse dà il suo meglio), dialoghi (i siparietti tra tra Indy e Sophia), replay value (tre modalità differenti, REALMENTE differenti di affrontare l’avventura). L’unica cosa che ho sempre trovato un po’ pesante è parte finale, quella di Atlantide, leggermente troppo frustrante e legata al caso. Aggiungo anche che la prima esperienza col gioco fu con l’edizione Amiga, quella del diskswapping perenne, il che non fa sovvenire ricordi particolarmente esaltanti…(infatti fu il primo gioco che ricomprai quando presi un Pc)

4 – Grim Fandango: Sotto molti aspetti, a cominciare da quello prettamente ludico, Grim Fandango, vero epitaffio di LucasArts, è inferiore sia Moneky 1 che Indy 4. E’ un titolo però di rottura, coraggioso fino all’inverosimile e nonostante i difetti (in primis una difficoltà mal calibrata) ha fatto breccia nel mio cuore come pochi altri giochi. La simpatia di Manny e Glottis, il fascino dell’aldilà, l’incredibile soundtrack fanno passare in secondo piano l’oltraggioso (per me) abbandono della modalità punta e clicca, la grafica ibrida e le forzature narrative. L’ho rigiocato recentemente e mi ha fatto piacere che sia stato elargito gratis da Sony ai possessori del PS+: il suo fascino, anche se la remastered è fatta al minimo sindacale, resta immutato.

3 – The Dig: Più che un gioco, un’esperienza sensoriale in salsa fantascientifica. Che The Dig stesse letteralmente su un altro pianeta me ne accorsi fin dai tempi della sua magnifica introduzione, che ancora oggi mi dà i brividi. Del gioco ho parlato recentemente in occasione dei suoi 20 anni e non posso che ribadirne l’eccezionalità: dalla colonna sonora, strabiliante, di Michael Land, alla storia, che inizia come Deep Impact e termina tra 2001 e Solaris. Per questa ragione perdono ogni astrusità concettuale e gli enigmi talvolta ferocemente ostici che me lo resero particolarmente sfidante nel lontano 1995. Oggi dubito riuscirei a finirlo, però considerando che il gioco ebbe una gestione complicata e rischiò pure di essere cancellato, beh, mi considero fortunato ad aver avuto il privilegio di giocarlo. Terribilmente sottovalutato, ma per me a pieno diritto sul podio dei migliori.

2 – The Secret of Monkey Island 2 – Le Chuck’s Revenge: Una pietra miliare da qualsiasi punto di vista lo si consideri. Un gioco per tutti, grazie al doppio livello di difficoltà, una storia appassionante, un finale memorabile, una grafica divina (che sfruttava al meglio la potenza delle schede VGA dell’epoca, ma che brillava anche su Amiga), fondali pazzeschi, animazioni buffissime, personaggi mitici, una colonna sonora da Oscar, anche grazie al sistema iMuse (interactive MUsic and Sound Effects), insomma, un gioco perfetto che trascende il tempo, lo spazio, le piattaforme e la tecnologia. E infatti nella mia personalissima classifica è superato solo da…

1- Day of the Tentacle: più che un gioco, un’opera d’arte. Il capolavoro di Grossman e Schaefer che s’inventano un ultrasequel di Maniac Mansion, arricchendo il tutto con enigmi fuori di testa, tre personaggi giocabili, viaggi nel tempo, i tentacoli, rileggendo in chiave moderna i topos dei cartoon anni quaranta. Una scrittura pazzesca, gag visuali, idiozia profusa da ogni poro, situazioni assurde e paradossali, Day of the Tentacle è un helzapoppin folle ed esilarante che, pur non offrendo una grande sfida al giocatore (è tra le avventure più semplici della Lucas) resta impresso nella memoria, anche grazie ad un comparto grafico eccelso (tant’è che nel prossimo remake non verrà cambiato di molto) ed una colonna sonora da applausi. E’ anche la prima avventura Lucas a non uscire per Amiga e l’ultima ad utilizzare l’interfaccia fissa su schermo, altre due ragioni che lo rendono, per quanto concerne la mia personale esperienza, unico e irripetibile.Magari ne riparlerò quando uscirà il remake…

Prima di chiudere ricordo sempre, a chiunque fosse interessato ad approfondire tutto quello che è stata Lucasarts una visita obbligatoria a LucasDelirium (probabilmente il sito più accurato al mondo per quanto concerne passato e presente degli autori Lucas).



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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