Il pilot di Vinyl commette l’unico peccato senza perdono per un primo episodio: non lascia la curiosità di andare avanti.

Le quasi due ore di una storia messa in scena dalla regia di Martin Scorsese, che scrive e produce insieme a Mick Jagger e Terence Winter (Boardwalk Empire, The Wolf of Wall Street), avrebbero dovuto consegnare un prodotto unico, graffiante e provocatorio ma tutto quello che abbiamo è un inizio solido al servizio di una storia ambientata negli anni ’70 che qui vengono rievocati come avrebbe potuto fare la rivista Vogue in un numero speciale dedicato alla moda ispirata a quel periodo. I brani musicali, numerosi e non originali, sono più simili nella funzione a oggetti esposti in vetrina che veicoli adatti a incanalare l’energia pulsante, multiforme e smodata che da lì a breve sarebbe stata catalizzata dallo Studio 54 di New York.

vinyl jagger

La storia di Vinyl segue il protagonista Richie Finestra (Bobby Cannavale) che si descrive succintamente come uno dotato di “golden ear, a silver tongue and a pair of brass balls” e tutto ciò che vediamo da quel momento conferma la visione che ha di sé stesso. Il talento nel riconoscere al primo ascolto la musica adatta a riempire gli stadi lo ha portato dal nulla alla costruzione dell’American Century Records, la dialettica furba e piaciona – unita a ricompense in soldi, cocaina e ragazze – a espandere e mantenerne il controllo, il carattere a spacciare come cavallo di razza un’etichetta ormai boccheggiante e bisognosa di bilanci creativamente ritoccati.

Vinyl

Gli ottimi comprimari, a iniziare da Juno Temple che non fatica molto a spiccare nel gruppo, qualche battuta politicamente scorretta solo all’apparenza e il momento clou del pilot, che verosimilmente porterà a uno scossone nella vicenda, non allontanano la costante sensazione del già visto, della mancanza di originalità non solo nella storia (basti pensare al recente Empire di Fox) ma soprattutto nel modo di raccontarla.

Chiamare in causa Mad Men per un confronto sembra quasi doveroso considerando la condivisione dello stesso periodo storico e venirne fuori perdenti dalla serie di Matthew Weiner non è poi una sconfitta umiliante, il problema di Vinyl è di fatti il perdere il confronto anche con una serie come Life on Mars USA che, pur essendo incentrata su tutt’altro nello sviluppo dell’arco narrativo, è ambientata nella New York del 1973 – esattamente come Vinyl – e pur con valori produttivi enormemente inferiori è riuscita a cogliere il momento storico, politico, sociale, in certa misura anche musicale, in modo più vivido, vibrante e suggestivo.

La speranza è che di tutta la stagione il pilot sia la puntata meno ispirata.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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