Becky Chambers, con la sua opera prima, ci regala la friendly space opera di quartiere di cui non sapevamo di aver bisogno.

The Long Way to a Small Angry Planet è una conversazione ricca di calore umano, e via via sempre più intima, con quello che diventerà un gruppo di amici i cui destini convergono a bordo della Wayfarer, un’astronave robusta costruita non per viaggiare con stile ma per essere affidabile e garantire all’equipaggio le condizioni necessarie nel portare a termine il proprio lavoro. Se da queste prime battute il vostro pensiero va a Firefly avete già un’idea di quello che è lo spirito del testo anche se le due opere divergono su un aspetto fondamentale: il racconto di Becky Chambers è rassicurante, privo di ambiguità morale, sostenuto da una visione positiva e gioiosa dell’esistenza anche a dispetto di drammi personali, conflitti, fraintendimenti e disavventure che pure toccano i membri dell’equipaggio sia individualmente che come gruppo.

La dimensione quotidiana della vita, declinata nello spazio nero e profondo, costituisce il punto di forza di un racconto che sa essere appassionante e avvolgente anche senza mettere in campo “guerre stellari”, universi multidimensionali o viaggi nel tempo. Scopriamo, anzi, che il Galactic Commons (GC) ha bandito l’uso di velocità superiori a quella della luce, sebbene possibile, perché pratica pericolosamente vicina alla nozione di viaggio nel tempo, da qui il lavoro dell’equipaggio della Wayfarer: costruire tunnel spazio-temporali (punching holes) per accorciare e rendere navigabili le distanze tra punti estremi della galassia.

Il viaggio verso lo small angry planet preannunciato nel titolo impegna l’equipaggio per uno standard (circa un anno terrestre) durante il quale la nostra guida a bordo della Wayfarer è Rosemary Harper, la nuova arrivata: nonostante tra i personaggi non ci sia un protagonista effettivo, è principalmente attraverso i suoi occhi, le sue curiosità e considerazioni che siamo introdotti nell’universo del testo, ed è soprattutto attraverso Rosemary e le conversazioni intrattenute con gli altri membri dell’equipaggio che familiarizziamo con il sistema del Galactic Commons all’interno del quale i discendenti della razza umana formano solo una delle tante specie, e di sicuro non una delle più stimate o politicamente influenti così come emerge dal quadro che si completa mentre ci addentriamo nel testo: politica, regolamentazioni per i commerci e leggi post belliche costituiscono una parte essenziale al piacere della lettura fornendoci, in modo indiretto ma efficace, un preciso contesto in cui collocare e interpretare azioni e psicologie di personaggi provenienti da pianeti e specie diverse visto che la Wayfarer ospita un variegato gruppo interraziale e interspecie.

the long way to a small angry planet book cover

Diversità e inclusione sono i due temi portanti del romanzo affrontati con leggerezza e ironia. Nulla viene esposto per informarci sulle caratteristiche salienti delle specie che incontriamo ma tutto affiora pagina dopo pagina in una scoperta continua affidata a dettagli, dialoghi, brevi cenni di storia, fino ad arrivare all’ultima pagina con la sensazione di aver vissuto, nel tempo della lettura, in un universo vivo e famigliare.

Scossoni narrativi non ne troverete e anche se gli ultimi capitoli riservano movimento e azione il libro resta comunque un’opera character driven: l’interesse nel progredire della storia deriva dal piacere di conoscere i personaggi e osservarli reagire anche di fronte a situazioni minacciose, foriere di pericoli e imprevisti sgradevoli, per quanto sia piacevole conoscerli nel normale svolgimento delle loro mansioni quotidiane. Sono le piccolezze, l’ordinario, le discussioni sulla profumazione di una saponetta acquistata durante una sosta di rifornimento, unitamente alle (buffe) conversazioni sul sesso interspecie a mostrare il talento di Becky Chambers nel rendere divertente e ritmato il quotidiano con leggerezza e umorismo.

wayfarer

The Long Way To A Small Angry Planet è un progetto concretizzatosi nel 2014 grazie al crowfunding con kickstarter, il meritato successo ha attirato l’attenzione di una casa editrice in carne e ossa, la Hodderscape, che ha pubblicato prima l’ebook, poi la versione cartacea. Qui di seguito i personaggi la cui storia Becky Chambers ha fortemente voluto raccontare.

Rosemary Harper è il contabile, all’occorrenza linguista di bordo, e la Wayfarer rappresenta letteralmente il suo primo passo nell’Universo dopo aver cambiato identità per motivi che verranno svelati in corso d’opera. Sissix, il pilota, è una sorta di rettiliana piumata (chi tra i lettori è famigliare con Doctor Who potrà forse, come accaduto a chi vi scrive, immaginarla simile a Madame Vastra). Sissix è il personaggio verso il quale più facilmente si instaura un legame affettivo e il maggior tempo speso in sua compagnia rispetto agli altri personaggi è, per l’autrice, un mezzo per descrivere e sondare le implicazioni di un diverso sistema culturale in materia di famiglia, affettività e sessualità (“diverso” rispetto alla prospettiva di Rosemary, quindi dalla nostra di noi lettori).

Kizzy, uno dei due tecnici, è l’elemento esuberante, espansivo e frizzante: sono sue le piccole ma significative accortezze che rendono la Wayfarer un ambiente accogliente per i suoi abitanti. Dottor Chef – the clue is in the name – è sia il cuoco che il medico di bordo, uno degli ultimi esemplari della sua autodistruttiva specie. Corbin si occupa della materia che fornisce energia ai motori: scontroso, puntiglioso, non troppo velatamente razzista e con una storia personale avara di “contatti umani”. Ohan è il solitario navigatore senza il quale non sarebbe possibile creare tunnel nello spazio, la sua rarissima abilità è dovuta a una sorta di infezione che viene considerata dalla sua specie un dono sacro, da custodire con reverenza religiosa, nonostante sia causa della loro morte precoce e dolorosa. Ashby Santoso è il capitano solido e affidabile come la sua astronave e se la Wayfarer può essere considerata “casa” dall’equipaggio, lui è senz’altro il capofamiglia. Lovey, il diminutivo di Lovelace (nome scelto in memoria di Ada Lovelace, matematica e scrittrice inglese considerata la prima programmatrice di computer) è l’Intelligenza Artificiale della Wayfarer, un membro dell’equipaggio a tutti gli effetti che nel corso degli anni ha acquisito una autodeterminazione e una complessità emotiva tale da provare, ricambiata, un sentimento d’amore per Jenks, il secondo tecnico, disposto a ricorrere al mercato nero per dotare la sua Lovey di un corpo.

Ed è proprio Lovey la protagonista di A Closed and Common Orbit definito uno stand alone sequel: una storia in cui sono presenti alcuni dei personaggi conosciuti in Angry Planet, in ogni caso fruibile senza aver letto il primo testo, ma di questo vi parlerò prossimamente e spero con lo stesso entusiasmo.

a closed and common orbit



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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