Sono passati decenni da quando il sociologo Zygmund Bauman ha coniato la definizione di società liquida per descrivere la modernità, eppure si tratta ancora oggi della descrizione più calzante ai tempi in cui viviamo. Il dominio dell’individualismo a discapito del senso di comunità ha trasformato la quotidianità in una competizione tra antagonisti, combattuta sul terreno della posizione sociale e del predominio dell’apparenza, attanagliati dalle insicurezze generate da una società costellata da una moltitudine di rischi e in cui sono venuti a mancare i punti di riferimento.

La conseguenza diretta diretta di questa situazione è il sistematico estendersi del periodo di crisi di identità che caratterizza l’infanzia e l’adolescenza, in cui l’individuo cerca di capire chi sia in relazione al posto che occupa nel mondo, fino all’età adulta. Il rischio connesso all’insicurezza lavorativa ed economica impedisce a molti di acquisire quella sicurezza nei rapporti sociali che in teoria dovrebbe caratterizzare quella che viene generalmente definita come maturità.

La prima volta che incontriamo la protagonista di Nina che disagio, graphic novel d’esordio di Ilaria Palleschi, la troviamo proprio in questa situazione. Vive sola, o forse sarebbe meglio convive con le sue insicurezza. Qualunque interazione sociale la terrorizza: ordinare un caffè, presentarsi a un colloquio di lavoro, salutare la vicina e il suo arcigno cagnolino. Una volta varcata la soglia di casa però il tavolo da disegno la riporta per un istante a prospettive più serene: ma “fare disegnini” può davvero portare a una professione? Scoprire che la risposta è sì, almeno per altri colleghi, non solleva il murale di Nina.

La svolta (narrativa) arriva dopo una serata particolarmente disastrosa per Nina dal punto di vista dei rapporti sociali che la spinge a una fuga silenziosa. Sulla strada di casa però Nina incontra un stramba vecchina che, dopo aver ascoltato il suo sfogo, prova ad aiutarla a suo modo.

Al risveglio Nina trova nel letto una copia di sé, identica in tutto per quanto riguarda l’aspetto fisica, ma dotata di quelle doti come coraggio, sicurezza e spregiudicatezza, di cui l’originale vorrebbe disporre in maggiori quantità. Dopo l’inevitabile shock iniziale, il doppio si rivela un prezioso alleato. La nuova versione di Nina riesce nel giro di un giorno a procurarsi un lavoro e a sistemare le cose col ragazzo della sera prima. Persino il cagnetto della vicina parrebbe adorarla!

Come recita il vecchio adagio però, bisogna stare attenti a ciò che si desidera, perchè potrebbe avverarsi. Spesso si fantastica su ciò che potrebbe succedere se si fosse diversi. Quello che spesso dimentichiamo, e che Nina è costretta a realizzare a causa dell’artificio che le è toccato in sorte, è che anche le cose belle che accompagnano le nostre vite – piccole o grandi che siano – sono tali perchè noi siamo noi e non qualcun altro.

L’esordio di Ilaria Palleschi è una riflessione (auto-biografica) su quanto sia complicato oggi accettare ogni aspetto di se stessi, e in particolare quelli meno spendibili nella costante lotta quotidiana per la conquista di un proprio posto nella società. La tematica non è certo leggera, ma risulta alleggerita dallo stile adottato, che rimanda a quell’approccio trasversale alla produzione italiana di marca Bao e che pesca a piene mani dal bagaglio di cultura pop dei millenial.

C’è poi una particolare delicatezza nel tocco della Palleschi capace di rendere la sua opera più universale e perciò destinata sia ai trentenni che di sicuro vi ritroveranno le proprie ansie – anzi, i propri disagi – sia a un pubblico più giovane. Anche dal punto di vista grafico, i soggetti che spesso occupano buona parte della vignetta, sono caratterizzati da linee morbide e colori tenui, mentre le espressioni richiamano in alcuni casi l’estetica dei manga, a cui si rifanno più o meno esplicitamente anche alcune gag.

Forse non mi sono ritrovato d’accordo fino in fondo con alcuni dei messaggi espressi dall’opera: ad esempio, ho avuto l’impressione che si sia cercato di connotare troppo negativamente la “nuova” Nina, quando dal mio punto di vista sarebbe risultato più interessante osservarne l’incompatibilità con la vita della Nina originale attraverso una prospettiva più sfumata. Il rischio è che le caratteristiche della “nuova” Nina vengano percepite in toto come sbagliate in senso assoluto, e alcune di quelle presentate effettivamente lo sono, come l’egoismo esasperato, mentre al contrario altre sono solo tratti caratteriali differenti, e l’effetto di questo approccio stona un po’ con il messaggio trasversale che invita ad accettare se stessi e a mettersi in gioco.

Nel complesso comunque Nina che disagio si è rivelata una lettura senza dubbio piacevole e capace di regalare diversi spunti di riflessione, nonché un esordio che invoglia a seguire le prossime tappe nella carriera di Ilaria Palleschi, soprattutto se la condurranno verso territori più oscuri come confidato durante la presentazione milanese del volume.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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