Continuiamo la nostra panoramica sui #1 di AWA Studios, nuova etichetta indipendente che ha fatto il suo esordio settimana scorsa sugli scaffali delle fumetterie USA. Purtroppo, in questo momento il mondo dei comics è sostanzialmente in stallo oltreoceano a causa della decisione del principale distributore, Diamond, di sospendere l’attività; tuttavia è comunque possibile leggere anche in Italia alcuni degli albi di cui parliamo attraverso lo store europeo di ComiXology.
ARCHANGEL 8
Nel corso degli ultimi trent’anni, la cultura popolare americana tradotta attraverso il fumetto ha saputo genenrare lavori dall’inestimabile impatto sociale. In particolar modo a seguito della british invasion, l comics ha subito un profondo cambio di linguaggio. Le venature più pop si sono profondamente amalgamate a tematiche più anarchiche e grevi, dando vita a fenomeni editoriali capaci di influenzare l’intero processo di genesi di un’opera. Questo Archangel 8, nato dal connubio artistico fra Michael Moreci, CP Smith e Snakebite Cortez, è un chiaro esempio di come il retaggio stilistico di autori come Garth Ennis sia oramai radicato nella cultura statunitense.
Alla base della narrazione di Archangel 8 sembrerebbe esserci quell’insieme di generi muscolari tipici del fumetto popolare; tuttavia, alle dinamiche più marcatamente action verranno in seguito aggiunte componenti provenienti direttamente dal curriculum di Ennis: 8 è l’ottavo arcangelo, esseri biblici mimetizzati fra l’uomo. Al contrario di come appaiono nelle scritture sacre, Micheal Moreci decide di vestire questi soldati di Dio pescando a piene mani dalla cultura underground: il profilo estetico e comportamentale di 8 sembra omaggiare quello del Punitore, Frank Castle, come concepito in epoca Marvel Max.
Abbigliamento ed equipaggiamento militare, basso profilo e un carattere piuttosto impassibile. 8 è un soldato, ma nell’accezione più umana possibile: niente armi angeliche, solo equipaggiamento reperibile in loco, che in termini più semplici si traduce con calibro .12 e Ar-15, ovvero gli strumenti necessari a svolgere la missione affidatagli direttamente dal più noto fra i suoi simili, l’arcangelo Gabriele. Redenzione, violenza cruda e pulp incorniciano un fumetto di cui si sentiva decisamente il bisogno. La purezza non rientra nei canoni del nostro protagonista, intento a gettarsi nuovamente nell’eterna lotta fra chi vive sopra e chi invece vive sotto. I primi tre capitoli di questa miniserie composta da cinque volumi, altro non sono che una divertentissima serie urban fantasy pregna di contaminazioni pulp tipica delle produzioni Image.
Se la narrazione punta in altro sfidando Ennis, anche i disegni di C.P Smith e i colori di Snakebite Cortez non scherzano, presentando un’estetica solida e realistica, tanto da ricordare le illustrazioni di Timothy Bradstreet, storico disegnatore di The Punisher. I corpi e le loro movenze creano un perfetto connubio con l’anima violenta e anarchica delle scene, dando la giusta impressione di dinamismo eccentrico, mentre i numerosi primi piani sfoggiano ghigni e smorfie. Altro elemento ricorrente sono le ombre, largamente diffuse e perfette per enfatizzare le diverse scene al chiuso. Le ambientazioni, in particolar modo nel primo numero, alternano scene in interno a spazi aperti, per poi spostarsi nel corso dei successivi in località più aride e secche. I colori di Cortez, che sembra ispirarsi in parte alle sfumature di Hellblazer, contribuiscono poi a rendere le pagine ancora più spettacolari. Neri e tonalità fredde dilagano, arricchendo non poco la goduria che, almeno personalmente, ho provato leggendo questi primi numeri.
OLD HAUNTS
Questa prima line-up ha dimostrato la capacità di AWA di saper spaziare fra i generi. Dal dark fantasy condito di pulp di Archangel 8 si passa alle atmosfere neo-noir di Old Haunts.
Scritto da Ollie Masters e Rob Williams e illustrato da Laurence Campbell con i colori di Lee Loughridge, Old Haunts è un validissimo crime in tinte horror che, in linea con l’anima estetica della label, si presenta in maniera plumbea con neri talmente densi da restituire l’impressione che le tavole stiano scivolando per la vischiosità.
L’incipit è piuttosto canonico, con un intreccio famigliare legato a molti archetipi noir: tre vecchi uomini si rincontrano dopo anni, pronti a rammentare le loro vite e le strade che li hanno divisi. Tre poliziotti che da buon manuale hard boiled hanno condotto vite irregolari: collusi e corrotti. Qualcuno o qualcosa è sulle loro tracce, una forza sovrannaturale guardinga che sembra essere alimentata dal passato dei tre. Questo primo albo sorprende per l’abilità con cui amalgama generi apparentemente opposti, dimostrando quanto questa operazione riesca facile al fumetto, a differenza di altri media. L’invettiva sociale sulla fenomenologia della corruzione e dell’arrivismo che permette a tre uomini di arrivare al vertice, in questo contesto ricorrente dai tempi di Serpico, costituisce il sistema nervoso di un’opera che sulla falsariga di Discesa All’Inferno di Ennis mimetizza la componente mistica dietro una crime story alla Michael Cimino.
Come nel precedente caso, la somma di matite e chine è eccellente, a tal punto da considerarla l’aspetto più appagante dell’opera. Laurence Campbell sfrutta chiaramente l’iconografia cinematografica per poter edificare il palinsesto della storia su una moderna metropoli immersa nell’oscurità della notte, che esalta la rappresentazione ricca di ombre e rughe di quei volti invecchiati. Lo stile ricorda proprio quello di Goran Sudzuka, in particolare quando la lente si sofferma sull’aspetto paranormale, con linee disomogenee che separano le vignette, come quella ad esempio in cui un avvoltoio sovrasta un’orda di scheletri. Una rappresentazione che salta squisitamente agli occhi. Merito anche dei colori che, come accennato nell’introduzione, avvolgono l’opera in una veste a dir poco tetra in cui neri e blu dominano le scene, rafforzando la tensione dell’atmosfera notturna.
Tirando le somme, in attesa della terza e ultima puntata della nostra analisi, il futuro di AWA comincia anche da questi due fumetti, molto diversi fra loro, eppure essenziali per poter diversificare l’offerta di lancio. L’ambizione e l’estro ci sono, speriamo che a questo punto anche la fortuna possa giocare un suo ruolo, visti gli eventi avversi in cui si è svolto il lancio. Dire ora se e quando questi fumetti arriveranno in Italia è un azzardo, ma incrociamo le dita affinché succeda. Per il momento non ci resta che osservare a distanza le future pubblicazioni, sperando che questa vena indipendente e pulp permanga e anzi aumenti.
Fondata nel novembre 2018 da Axel Alonso e Bill Jemas, ex scuderia Marvel, e Jonathan Miller, tra gli sviluppatori di Wikia (il servizio di web hosting, noto anche come Fandom, che colleziona guide su specifiche serie, opere, ecc.), AWA Studios è una delle piccole case editrici indipendenti che, negli ultimi anni, sono nate negli Stati Uniti. Il nome della società è una dichiarazione d’intenti, poiché è un acronimo dei termini artisan, writer e artist: i tre fondatori hanno cercato di costituire un’azienda nella quale l’orizzontalità e la discussione prevalgono sulla verticalità e sul mercato. Un tentativo che, in un mercato schizofrenico come quello dell’editoria fumettistica statunitense, assume un valore maggiore. Una proposta che ha suscitato l’interesse di numerosi/e autori e autrici che, nel corso degli ultimi due anni, hanno scelto di unirsi alla casa editrice. È così che, nell’agosto 2019, la AWA ha annunciato la costruzione di un universo condiviso tra le sue opere.
Qui potete leggere la prima parte della nostra analisi: AWA Studios, il volto nuovo del fumetto indie USA – Parte 1
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