malcolm & marie

Girato in piena emergenza pandemica, in sole due settimane, e con un ristretto numero di membri della crew, Malcolm & Marie è una produzione che ha fatto subito parlare di sé a iniziare dai nomi coinvolti. Sam Levinson, reduce dal successo di Euphoria, scrive e dirige una pellicola in cui ritrova Zendaya protagonista, qui anche in veste di produttrice. Terzo vertice del triangolo creativo, John David Washington – protagonista di Tenet, l’attesissimo ultimo film di Nolansempre più lanciato verso lo status di stella hollywoodiana di prima grandezza. Anche Washington figura come produttore, oltre a essere il lead maschile.

Il terzetto di belli, giovani e talentuosi, promesse ormai mantenute dello star system, si è unito per raccontare una storia molto lineare sulla carta, ma che nei fatti assomiglia più a una discesa su un corso d’acqua pieno di rapide e gorghi emotivi. Malcolm & Marie è la storia di una coppia che, nello spazio di una notte, si ritrova a esplicitare il non detto che stava corrodendo le basi della loro unione. Una situazione potenzialmente rischiosa per chiunque, ma qui ancora più velenosa visto che abbiamo a che fare con due individui affamati di attenzioni e pervicacemente desiderosi di essere indiscutibilmente importanti. Due caratteri e personalità diverse, ma stessi desideri anche se vissuti e gestiti in modo divergente. Marie ambisce a vedere riconosciuto il talento, il valore, l’unicità che porta nella vita di Malcolm; il regista, al contrario, pensa di essere lui stesso un dono dal cielo per chiunque gli stia accanto, e per gran parte del tempo non fa che minare l’autostima e la capacità di discernimento della sua fidanzata.

malcolm & marie

La storia inizia quando la coppia fa rientro in un’isolata ed elegantissima casa di Malibù messa a loro disposizione dalla produzione del film di cui Malcolm (Washington) è regista e autore. I due rincasano subito dopo il successo della prima del nuovo film di lui. Malcolm è, comprensibilmente, su di giri, ma la giovane fidanzata ed ex attrice mostra sulle prime un atteggiamento condiscendente, ma via via diventa sempre più incline a far affiorare l’acredine che intuiamo in lei fin dalle prime battute: Malcolm, scopriamo, al momento dei ringraziamenti pubblici, ha omesso di menzionarla. Fatto spiacevole e, come spiega anche questo articolo, difficilmente superabile: le coppie in cui il partner è stato ringraziato al momento del ritiro del premio hanno un’aspettativa di vita molto più lunga rispetto a quelle in cui uno dei due ha tralasciato di rendere merito al contributo dell’altro. Ma in questa omissione si cela ben altro da entrambe le parti.

Marie si sente derubata della sua intimità: la protagonista del film è chiaramente ispirata alla sua vita, e agli innumerevoli ricoveri e ricadute nella tossicodipendenza. Malcolm, invece, reclama l’autorialità delle sue scelte artistiche che, a suo dire, riflettono un vissuto personale e privato di cui Marie è solo una parte.

Ne viene fuori uno scambio ininterrotto in cui i due si rincorrono e si riappacificano, salvo poi tornare a eviscerare la loro storia di coppia, la loro vita e, in ultima analisi, a discutere e riflettere sul significato dell’autenticità nell’arte e quindi nel cinema.

malcolm & marie

Malcolm è infatti un regista nero, e con disappunto vede la sua opera recepita dalla critica – in prevalenza bianca – con il filtro dell’attivismo civile e dell’impegno politico. Può, dunque, un autore nero raccontare semplicemente una storia senza che questa diventi di denuncia sociale? Riflessioni interessantissime, che però stonano se si pensa che la sceneggiatura è a firma di un autore bianco. Questa dissonanza trova una ruffiana sponda nello scambio tra Malcolm e Marie nel momento in cui si dibatte se un autore possa, o meno, riuscire a parlare in modo significativo ed efficace anche di questioni che non lo toccano personalmente. La risposta alla domanda è ovviamente sì, con tanto di lista sciorinata di grandi autori e autrici che hanno saputo trattare magistralmente temi sulla carta a loro del tutto alieni.

Purtroppo, quello che pare affascinante nelle intenzioni si traduce in un film autoreferenziale, innamoratissimo di sé stesso, e che finisce per essere – paradossalmente – proprio l’esempio opposto dell’oggetto in discussione: l’autenticità. La storia regge bene la prima mezz’ora in cui dà e dice tutto quello che di significativo ha da offrire, mentre la successiva ora abbondante è uno sfoggio di grande virtuosismo in cui tutto brilla e scintilla, dal lussuosissimo bianco e nero, ai due stilosissimi interpreti che si danno anima e corpo, senza però riuscire mai ad abbattere il muro della pura forma. L’architettura insegna che “la forma segue la funzione”. In Malcolm & Marie, Levinson dimentica di finalizzare tutta la messa in scena, di fornire uno scopo, una funzione appunto – che può essere anche solo di mero intrattenimento – a questa forma bellissima, e quello che resta a fine visione è la sensazione di aver assistito a un lunghissimo commercial d’autore per un profumo di lusso.

Nota

Quando si parla di autenticità nell’arte, e quindi nel cinema, il mio pensiero va sempre a Jim Jarmush:

Nothing is original. Steal from anywhere that resonates with inspiration or fuels your imagination. Devour old films, new films, music, books, paintings, photographs, poems, dreams, random conversations, architecture, bridges, street signs, trees, clouds, bodies of water, light and shadows. Select only things to steal from that speak directly to your soul. If you do this, your work (and theft) will be authentic. Authenticity is invaluable; originality is non-existent. And don’t bother concealing your thievery – celebrate it if you feel like it. In any case, always remember what Jean-Luc Godard said: “It’s not where you take things from – it’s where you take them to.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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