Tra i maggiori pregi del documentario, a prescindere dalla natura e dall’intento comunicativo dello stesso, rientrano senz’altro la quantità e la qualità dei materiali di repertorio. Che si tratti di testimonianze dirette o prove di altro tipo (registrazioni audio, video e fotografie), l’autenticità delle informazioni presentate – al netto di necessarie strumentalizzazioni e storytelling, dovuti alla sceneggiatura e al montaggio che ne definiscono perlopiù l’impatto affabulatorio – avvalorerà il documentario, sia che si tratti di un’esposizione il più oggettiva possibile, sia che persegua una tesi del tutto soggettiva.

Con l’avvento della digitalizzazione e la possibilità di archiviare una quantità massiccia di informazioni, la prova testimoniale – una testimonianza non diretta, ma salvata, depositata in tempi non sospetti e non passibile del difetto di “memoria del testimone” – assume senza dubbio un ruolo cruciale nella ricostruzione della realtà fattuale poiché priva (o quasi) di quel senno di poi che ne pregiudicherebbe l’attendibilità. In questo senso le tracce lasciate e memorizzate sui social network e sul web possono servire a ricostruire una storia con maggiore accuratezza, che dunque risulterà più credibile e coinvolgente. Certamente la scrematura e l’interpretazione di una mole così ricca di informazioni, sensibili anche ai difetti di proprietà e tracciabilità, fanno parte di un processo d’indagine piuttosto difficoltoso, supplite solo dal piacere della conquista della verità – come già dimostrato, ormai dieci anni fa, dal programma di successo Catfish: false identità (docu-reality, 2012 -), basato sul docufilm Catfish (Henry Joost, Ariel Schulman, 2010), che appunto si occupava di sventare rapporti virtuali (perlopiù amorosi e amicali, ma anche d’odio e stalking) instaurati online mediante l’uso di profili fittizi.

In parte diverso, e decisamente più inquietante e tragico, il caso raccontato in Giù le mani dai gatti: caccia a un killer online (miniserie, 2019) – titolo originale Don’t F ** k With Cats: Hunting An Internet Killer – prodotto attualmente visibile sulla piattaforma Netflix. La miniserie racconta, in tre appassionanti episodi, un’autentica caccia all’uomo nata sulle pagine di Facebook a opera di Deanna Thompson e John Green, due utenti particolarmente toccati dalla pubblicazione di video riguardanti la tortura e l’uccisione di gatti. L’indagine dei due, decisi a scoprire l’identità del criminale, che attrarrà sempre più utenti con la creazione di gruppi online e il coinvolgimento di associazioni e professionisti di ogni sorta (investigatori, psicologi, tecnici informatici), porterà alla luce – o forse, e questo sarà il timore degli interessati, contribuirà a realizzare – la folle ambizione di uno psicopatico.

Al di là della storia, capace di smuovere la curiosità anche dei più avvezzi al tema, il valore di un prodotto come questo è senz’altro doppio. Da un lato il recupero e la messa in sequenza delle numerose prove restituiranno un’indagine plausibile e a tutto tondo – dal momento che coinvolgerà persone comuni, professionisti e forze di polizia – e offrirà la possibilità, più unica che rara, di assistere alle contromosse dell’avversario, un killer tanto spietato quanto abilissimo nel manovrare il suo pubblico-persecutore. La ricostruzione dell’indagine, infatti, apparirà articolata come una partita a scacchi, le cui mosse porteranno gli spettatori a distinguere i newers dai giocatori esperti. In secondo luogo, e come si accennava in precedenza, la presenza consistente di prove testimoniali (i commenti ai video pubblicati, i post aperti sui social network, le pagine attivate ad hoc, le discussioni salvate) riferirà dell’indagine una veridicità imprescindibile, tanto da ricacciare in quelle circostanze chiunque vi si avvicini, come se potesse viverle in prima persona. E questa, fondamentalmente, è ragione del successo di Giù le mani dai gatti. Tuttavia il motivo della sua indiscutibile efficacia è un altro, e risiede nel valore inestimabile dei documenti circa l’evoluzione di un killer – potenzialmente seriale – realizzati attraverso la sua attività online, sapientemente catalogata, e i suoi spostamenti fisici, opportunamente rilevati da immagini e video di sorveglianza, che condurranno non solo a una sua identificazione, ma una vera e propria profilazione criminale “on air”.

Il colpo di scena della serie, perciò, non risiederà tanto nell’esito dell’indagine e nell’eventuale cattura del killer, come in ogni crime fiction che si rispetti, ma nella scoperta del paziente e preventivo lavorio di una mente profondamente disturbata decisa a realizzare la propria opera criminale. Vedere per (non) credere!



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