L’intervista che state per leggere è rimasta un po’ a decantare tra file e cartelle sul mio hard disk, quasi volessi custodirla un po’ per me prima di condividerla con altri. Ho letteralmente adorato Erik Larsen come disegnatore da bambino, quando leggevo le sue storie di Spider-Man, ed è diventato via via un autore che ho continuato a seguire con l’affetto che si riserva a chi ha contributo a plasmare il proprio immaginario. L’ho incontrato a Lucca, grazie a Editorialie Cosmo, l’etichetta che ha riportato in Italia la sua serie indipendente, Savage Dragon. Sono passato più volte allo stand all’orario prefissato, trovandolo sempre chino sul foglio da disegno: “Mi spiace – mi dicono i collaboratori – ma è sopraggiunto un impegno, dobbiamo rimandare”. L’ultima sera, quando avevo ormai perso le speranze, mi danno l’ok e mi affidano Erik, che si alza dalla postazione dove ha disegnato senza sosta per giorni e un po’ spaesato mi segue in mezzo alla calca. Siamo io e lui, non abbiamo tanto tempo, così faccio strada verso il tavolino di un bar poco fuori i padiglioni, ed eccomi catapultato in “quella volta che ho bevuto una birra con Erik Larsen”.

 

Savage Dragon è tornato in Italia dopo essere sparito dalle fumetterie per qualche tempo: come lo descriveresti a qualcuno che non l’ha mai letto prima?

Uhm. Mi piace pensarlo come un fumetto Marvel che però nel tempo è cresciuto, nel senso di cambiato col passare degli anni, invecchiato in qualche modo. Volevo fare un fumetto che scorresse nel tempo reale, dove i personaggi invecchiano e le cose cambiano. I fumetti con cui sono cresciuto, Marvel o DC, era come fossero cristallizzati nel tempo e quando le cose cambiavano si trattava di mutamenti piccolissimi, magari un personaggio invecchiava un pochino perchè in quel momento la dirigenza voleva storie ambientate altrove, ma Batman aveva sempre la stessa età e così Superman.

Peter Parker è addirittura regredito alla post-adolescenza di recente!

[Ride] Vero, nei film sopratutto tendono a riportarlo indietro alla gioventù ogni singola volta. Stavo dicendo: con Savage Dragon volevo sperimentare cosa sarebbe successo creando dei personaggi a cui è concesso di crescere insieme al lettore. Immagina di aver iniziato a leggere il mio fumetto a 20 anni: 26 anni anni dopo tu sarai un 46enne e i personaggi saranno invecchiati allo stesso modo con te. Mi interessava scoprire cosa sarebbe successo in questo dialogo a distanza tra personaggi e lettore. Alcuni personaggi a inizio serie non esistevano, perchè non erano ancora nati. Il protagonista della serie ora è Malcom Dragon, il figlio dell’originale Savage Dragon, mentre il padre è… no, non voglio dirlo, no spoiler!

Ok, senza spoiler: un lettore che ha smesso di leggere Savage Dragon nel punto in cui si è fermata l’edizione italiana, cosa deve aspettarsi dalla forma che ha assunto oggi la serie?

Eh, è passato un po’ di tempo. Oh my god. Ci sarebbe cosi tanto da dire, perchè come ti dicevo le cose cambiano abbastanza in fretta. Se negli altri fumetti c’è una sorta di status quo, dove il personaggio principale ha sempre lo stesso lavoro, la stessa fidanzata e le stesse frequentazioni, quando aggiungi la variabile dello scorrere del tempo può succedere che le fidanzate siano morte e le relazioni mutate profondamente. Quando è iniziata la serie, Savage Dragon era un poliziotto, ma era anche un sacco di tempo fa. Non aveva una compagna, non aveva figli.

Non si ricordava nemmeno chi fosse!

Esatto.

[Veniamo interrotti da un cameriere] Bevi qualcosa, Erik?

Una birra, leggera possibilmente. [Poi ride sentendomi parlare italiano col cameriere.] Dov’eravamo? Ok, sì, quando Savage era un poliziotto. All’epoca le storie erano ambientate a Chicago, ora ci siamo spostati a Toronto in Canada. Ma nel frattempo si sono anche alternati diversi Presidenti e si sono verificati eventi reali che hanno avuto conseguenze all’interno del fumetto. Quando Obama è stato eletto c’è stata una grande celebrazione a Chicago e tutti erano molto ottimisti, ed è stato così anche nelle pagine di Savage Dragon. Quando è stato eletto Trump invece tanti volevano impiccarsi [scoppiamo a ridere.]

Avevi programmato dal’inizio una storia così lunga?

Nel mio caso, quello che faccio è costruire un piano a lungo termine abbastanza generico, e poi cerco di essere flessibile lungo la strada. Non potrei aver pianificato 300 numeri dall’inizio, oggi ci sono personaggi che non avevo immaginato, ma sono anche apparsi personaggi di altri autori, e questa è una cosa che davvero non avrei potuto prevedere all’inizio. “E poi nei #34-#35 arriva Hellboy!”, ti immagini?! Hellboy non esisteva ancora quando ho iniziato! Non sai mai cosa succederà andando avanti con una serie: penso a Invincibile che a un certo punta incontra Savage Dragon: il suo creatore Robert Kirkman era un ragazzino di 20 quando usciva Savage Dragon #1. L’importante è avere un piano generico a lungo termine, un po’ come ce l’ha ciascuno di noi per la sua vita, non credi? Ti dici: da grande voglio essere questo o quello, o avere una figlia, dei figli, è un po’ quello che senti in quel momento della tua vita, ma non è detto che poi le cose vadano davvero così. Lascio che ogni mio personaggio abbia un progetto, una direzione, poi vedo quello che succede.

Cheers! [Nel frattempo è arrivata la birra.]

Ha portato anche delle patatine, credo che si sentirà sgranocchiare nella tua intervista!

[Crunch!] Ti aspettavi di essere ancora qui con Savage Dragon, dopo oltre 300 uscite?

Ho creato Savage Dragon quando avevo 9 anni, era una sorta di mia versione di Batman: immagina una maschera verde con la pinna in testa, invece della orecchie a punta. Era lo stesso tipo di idea. A un certo punto mi sono stancato di disegnare mantello e cintura, così ho separato l’uomo dal costume, facendolo diventare un superuomo. A un certo punta della serie mi sono anche omaggiato da solo, facendo fondere Savage Dragon con un altro personaggio e facendolo andare in giro con costume e mantello, ovvero con l’aspetto che aveva quando ero un bambino. Quando sono diventato poi un professionista, mentre disegnavo Spider-Man, Doom Patrol o Aquaman, sapevo che a un certo punto avrei voluto pubblicare Savage Dragon. Ma sapevo anche che una volta iniziato avrei fatto quello per sempre. In qualche modo volevo rimandare quel momento per fare altro. Ora spero di essere in grado di farlo davvero per sempre, ma quando ho iniziato non sapevo se sarei stato in grado di farlo e per quanto a lungo, direi che sono stato fortunato.

Questo “per sempre” ha una data di scadenza nella tua mente?

No, o almeno, finchè sarò troppo vecchio o finchè non avrò più lettori. Ma se i lettori smettessero di comprarlo forse continuerei ugualmente.

Che parte di te hai trasferito in Savage Dragon?

Ogni personaggi della serie sono io in qualche modo. In Savage Dragon di sicuro c’è il mio senso dell’umorismo e il mio modo di reagire alle cose. Certo, non salto nella mischia come lui, ma un sacco delle sue battute stupide o del suo cacciarsi nei guai viene da me. Non è autobiografico in ogni caso.

Dragon è cambiato negli anni, così come la Image Comics, diventando un colonna del fumetto USA, ma anche un luogo dove i talenti possono emergere ed esprimersi. Era immaginabile questo cambiamento? Hai avuto un ruolo?

Non nessuno poteva prevederlo. Io speravo solo di poter continuare a creare albi di supereroi in un universo condiviso, perchè mi piaceva molto l’idea e mi divertivo a usare personaggi di altri autori. Ed è per questo che ora, per mancanza di altri autori di supereroi con cui interfacciarmi, uso personaggi inventati negli anni ’40 o ’50 di cui nessuno possiede più il copyright. C’era questa casa editrice, Lev Gleason mi pare, che negli anni ’40 ha pubblicato una serie di un personaggio che si chiamava Daredevil. Aveva un costume metà rosso e metà nero e andava in giro a fare cose da scavezzacollo. Poi Lev Gleason ha chiuso e i diritti sono rimasti vaganti. Marvel comprò i diritti del nome per il loro nuovo personaggio, ma il personaggio originale ha continuato ad esistere, ed altri editori l’hanno usato cambiando però il nome. Visto che la mia serie si chiama Savage Dragon, e non sto provando a venderla come Daredevil, io gli ho mantenuto il nome all’interno degli albi. Mi piace l’idea di recuperare personaggi del passato. C’è questo Captain Tootsie, altro esempio, che era stato creato per pubblicizzare dei dolciumi, che poi è stato usato dalla Marvel come base per Doc Samson , così ho deciso di utilizzarlo nelle mie storie, perchè me ne ricordavo di quando lo leggevo.
Ma per quanto riguarda la Image Comics, è bello avere un luogo dove gli autori possono fare quello che voglio e vederli prendere la direzione che vogliono. All’inizio ci criticavano perchè facevamo supereroi come tutti agli altri, poi nel tempo ciascuno ha iniziato a seguire la propria musa e dare vita alle proprie storie, dalla sci-fi a The Walking Dead. Ed è grandioso!

Di recente sei tornato ad occuparti di supereroi classici con Spider-Man: com’è andata?

Come indossare di nuovo un vecchio paio di scarpe: di colpo ti rendi conto che sono comode e ti calzano alla perfezione. Non c’è stato bisogno del classico periodo in cui impari l’aspetto del personaggio o il modo in cui si deve muovere.  È venuto tutto molto naturale, mi sono divertito.

Esco un attimo fuori tema: adoro il modo in cui usi Twitter come piattaforma per esprimere ciò che pensi. Ne escono fuori conversazioni interessanti sul fumetto, in cui però non critichi il lavoro degli altri, ma esponi un tuo punto di vista personale e motivato.

Cerco di stare molto attento. Non dico mai che tizio non è capace o sbaglia, perchè non voglio cacciarmi nelle discussioni che ne deriverebbero. Preferisco dire che un certo tipo di storia secondo me non funziona e un’altra funzionerebbe meglio.

Io lo trovo educativo. Se dici che non ti piace qualcosa, dopo viene sempre una spiegazione tecnica del perchè tu avresti fatto diversamente.

Mi piace approcciarmi così, vorrei aver avuto qualcuno che mi facesse notare gli sbagli quando stavo imparando e cercavo di farmi strada, ma non ho avuto maestri allora.

Quando trovo una conversazione in cui tu e Kurt Busiek (storico scrittore di Marvel e DC, NdClod) vi confrontate sul fumetto, o sui grandi temi della vita, per me è come essere a scuola: mi siedo e prendo appunti. Poi te ne esci con un “Trump sucks”, e come si fa a non volerti bene?

[Ride] Ho la sensazione che fuori dagli USA tutti siano su quella stessa lunghezza d’onda, ma negli Stati Uniti ha la sua dose di suoi fan, mettiamola così. Non dove vivo io, ma ha una sua fan base.

Ok, Erik, grazie, ora posso spegnere il microfono e raccontarti di come sia strano per me essere qui a bermi una birra con uno dei miei idoli fumettistici!

[Ride ancora, prima di lasciarsi andare e regalarmi un paio di suoi aneddoti sui casi della vita, in una decina di minuti di chiacchierata che, mi perdonerete, conserverò solo per me).

 

 

 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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