Ana Lily Amirpour torna al Festival di Venezia cinque anni dopo il Premio Speciale della giuria vinto con il violento e visionario The Bad Batch. Qualcuno, quell’anno, alla conferenza stampa dei vincitori la sera della cerimonia di premiazione osò mettere in discussione l’eccessiva brutalità della pellicola: lei reagì decisamente male. «A qualcun altro quella violenza ha dato fastidio?» chiese alzando lo sguardo. «A nessuno. Vede? Nessun altro a parte lei la pensa così».

Quest’anno la regista è di nuovo alla Mostra e di nuovo in concorso, ma con un’operazione leggermente più convenzionale, anche se non scontata. Mona Lisa and the Blood Moon mixa lo scintillio hollywoodiano portato in dote da Kate Hudson (il nome di richiamo in locandina), sfumature horror, suspense divertita. E il film più pop in corsa per il Leone d’oro 2021 è servito.

Fuggita da un ospedale psichiatrico grazie a soprannaturali poteri coercitivi, Mona Lisa Lee (Jeon Jong-seo) trova rifugio a casa della lap-dancer con pochi scrupoli morali Bonnie (Hudson), madre single di un ragazzino (Evan Whitten) con cui stringerà un insolito rapporto d’amicizia. Ma quando Bonnie capisce che può sfruttare i poteri di Mona Lisa a suo vantaggio per estorcere denaro, le indagini di un ostinato poliziotto (Craig Robinson) spaginano presto i piani e le vite delle due donne.

L’ambiguità dei personaggi è, nella prima parte, uno degli ingredienti più saporiti della formula cinematografica di Ana Lily Amirpour. Mona Lisa, che evade dalla sua reclusione con metodi violenti, è carnefice o vittima? Bonnie  agisce per generosità o per interesse?      

La matassa si dipana mentre il plot avanza e alla detective story si sovrappongono venature di generi diversi: tocchi di commedia e di sentimentale schiariscono le tinte fosche di una storia sui generis, a tratti psichedelica, sovraeccitata, ma che al contempo sa far sorridere ridendo di se stessa. Fantasy e riflessione sulle libertà individuali si intrecciano in modo singolare: decidere della propria vita è sempre più un lusso anche nell’Occidente contemporaneo?

Favola dark e surreale, Mona Lisa and the Blood Moon non brilla per raffinatezza stilistica, soprattutto quando si affretta verso un rocambolesco finale che ha ampi margini di prevedibilità (pur con un guizzo creativo last-second). Ma a un festival del cinema – fra visioni di film più o meno riusciti, in qualche caso violenti o tristemente grigi – finisce per essere una boccata d’ossigeno, acqua fresca per la mente che può far apprezzare, forse anche più che con una normale visione da sala, lo spirito ribelle di un film che convive coi suoi difetti e che riesce persino a trasformare un personaggio che all’inizio sembra decisamente poco raccomandabile (il dj tatuato interpretato da Ed Skrein) nel deus ex machina che salverà la protagonista.

Quasi stroboscopica la fotografia di Pawel Pogorzelski, che ben serve le intenzioni della regista. Efficace lo sguardo enigmatico dell’emergente coreana Jeon Jong-seo.



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , ,
Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

Similar Posts
Latest Posts from Players