Warner e DC Comics hanno sempre prediletto uno stile più oscuro e maturo per le loro trasposizioni cinematografiche: è una linea che nel caso di alcuni personaggi ben si adatta al loro universo narrativo (il Batman di Nolan), in altre decisamente meno (il Superman di Snyder), ma che di sicuro aiuta senza dubbio a differenziarsi dalla controparte Marvel. Dopo il successo di Joker (da queste parti non esattamente apprezzato, per usare un eufemismo, ma premiato da critica e botteghino), era scontato che anche il nuovo reboot The Batman affidato a Matt Reeves mantenesse quei toni drammatici e realistici (anticipati anche dal fumetto Batman: L’impostore firmato da Mattson Tomlin, sceneggiatore non accreditato del film). 

Per nulla scontata dal mio punto di vista, invece, era la possibilità che The Batman potesse andare ad insidiare le pellicole di Nolan e Burton dal punto di vista del valore cinematografico e dell’adattamento del personaggio, cosa che invece è senza dubbio avvenuta. Senza troppi giri di parole, The Batman è un gran film di Batman, un gran cinecomic, ma anche un gran film a tutto tondo. 

Matt Reeves parte dalle basi e segue pedissequamente un paio di regole a cui è sempre bene affidarsi. La prima è:  le origini in un film di supereroi non servono. Chi sia Bruce Wayne, che sorte sia toccata ai suoi genitori e cosa faccia di notte lo sappiamo tutti: leggendo queste righe di sicuro vi è venuta in mente la scena della collana di perle, quindi non c’è alcun bisogno di farcela rivedere per l’ennesima volta. La seconda è aurea: show, don’t tell. E nelle circa tre ore di film (ne parliamo dopo), Reeves riesce a mostrare un sacco di cose senza dirle esplicitamente. 

Quello che ci troviamo davanti è un Batman ancora nella fase iniziale della sua carriera: prende decisamente più botte rispetto a quanto siamo abituati a vedere e risulta molto più impacciato in alcune manovre che dovrebbero essere ormai consolidate nel suo repertorio. Allo stesso tempo, dal comportamento di chi lo incontra è facile capire come questo Bruce Wayne sia entrato in una fase di isolamento autoimposto dopo la morte dei genitori, interpretato all’esterno però dalla città come menefreghismo in contrapposizione alla filantropia del padre Thomas. 

Su questa base, Reeves innesta la sua sceneggiatura, scritta insieme a Peter Craig, che riporta Batman a una delle sue incarnazioni più cinematografiche, quella del miglior detective al mondo, pungolato dalla comparsa a Gotham di un criminale che si fa chiamare L’Enigmista e che sta seminando non solo indovinelli, ma anche morti illustri rimestando segreti tali da sconvolgere la vita politica della città. 

Penalizzato da una durata eccessiva, che fa perdere alla pellicola il grandioso slancio iniziale buttando nella mischia un po’ troppi elementi, soprattutto nel finale, The Batman di Matt Reeves esce comunque vincitore di una sfida su cui pochi avrebbero scommesso. Il successo è ravvisabile su tutti i fronti. Questa nuova versione di Batman è al contempo fedele alla controparte fumettistica, in particolare a quella del ciclo di storie più urbane e legate al distretto di Gotham, ma abbastanza coraggiosa da minare e mettere in dubbio alcuni dei cardini della mitologia fondativa di Batman

The Batman

Sul versante più strettamente tecnico, invece, Reeves porta a casa un risultato straordinario, frutto di una regia secca, ma non distaccata, impreziosita da una fotografia spettacolare, dove domina l’oscurità, ma in cui c’è spazio anche per esplosioni di colore caldo. Pattinson, poi, porta in scena un Bruce emaciato, funzionale alla storia, ma anche un Batman credibile, affiancato da una Zoe Kravitz perfetta nella fisicità di Selina Kyle; nel complesso è tutto il cast a fare un ottimo lavoro, dall’irriconoscibile Colin Farrell nei panni del Pinguino a John Turturro. 

Se The Batman può essere usato come cartina tornasole del nuovo corso, si può iniziare a credere che Warner e Dc abbiano trovato una propria strada, imitando Marvel nell’approccio alla narrazione, ovvero pescando dallo sterminato archivio di storie che ottimi autori hanno scritto e realizzato negli anni, ma distaccandosi dalla rivale attraverso un proprio stile, sempre serio e maturo, ma questa volta in maniera più naturale; e finalmente funziona. 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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