Arrivati in zona “anta” ogni scusa è buona per ritornare con la mente alla nostra golden age, rincorrere quelle carezze temporali che ci riportano indietro a quando eravamo belli, giovani e con molti più capelli. Allora si regala quel videogioco al nipotino perché, guarda a caso, alla loro età eravamo dei veri campioncini oppure si fa il giro sui servizi di streaming per vedere qualcosa con i propri figli e si dirige la loro attenzione, sempre con mezzi leciti, verso l’ennesima visione di un grande classico, almeno per noi. Ammetto candidamente di essere colpevole di tutto questo: ma con Hilda è diverso.
Non c’è stato bisogno di utilizzare il cavallo di Troia della visione familiare per farsi coinvolgere da una serie proposta, scopriremo se propriamente, come un prodotto per bambini in età scolare.
Tratta dall’omonimo fumetto di Luke Pearson (pubblicato in Italia da Bao Publishing), in questa serie si narrano le gesta di Hilda, una vivace bambina dai capelli blu che inizialmente vive in mezzo alla natura con la madre single Johanna. Dovendo quest’ultima passare molto tempo a lavorare incatenata alla sua scrivania (è una grafica freelance) lascia molta libertà ad Hilda che, giorno dopo giorno e sempre in compagnia della sua cervolpe Twig, stabilisce un profondo legame con l’ambiente circostante riuscendo a cogliere gli elementi magici e misteriosi.
Fa amicizia con un piccolo elfo, Alfur, ha incontri ravvicinati con i minacciosi Troll, si imbatte nell’indecifrabile uomo di legno e conosce il gigante di mezzanotte. Proprio lui, ben rappresentando la forza della natura per la quale siamo irrilevanti, calpesta la casa di Hilda spingendo lei e sua madre a cercare fortuna nella vicina e fortificata Trolberg.
Hilda si trova per la prima volta in un paesaggio urbano, che richiama da vicino il nord Europa, e ha difficoltà ad adattarsi, a fare nuove amicizie, a capire come funziona la vita di tutti i giorni. La sua predisposizione all’incontro con il magico, che si concretizza nella scoperta di nuove creature e segreti, non l’abbandona mai, anzi, si rafforza con il passare del tempo e in queste avventure la città è il background preponderante.
Grazie al suo spirito intrepido coinvolge nelle sue peripezie due suoi compagni della scuola media locale, Frida e David, che passano velocemente da testimoni a insostituibile parte attiva nello svolgersi degli eventi. Se nella prima stagione, il focus era incentrato principalmente su Hilda, nel classico hero e world building, nella seconda, uscita il 14 dicembre di questo nefasto 2020, si passa alla marcia superiore dando slancio alla narrazione ed allargando l’orizzonte (ora sappiamo che Trolberg ha un porto e sotto la biblioteca…Hogwarts scansate).
Il tutto si svolge con la stessa grande naturalezza che accompagna la crescita e lo sviluppo degli amici di Hilda. Frida, che per attitudine richiama alla lontana Hermione Granger, passa da bambina ultra competitiva con una vita scadenzata da mille impegni a giovane ragazza che cerca di dare ascolto ai propri desideri e sentimenti, mentre David, il pavido del gruppo, si impegna a bilanciare le sue emozioni comprendendo che alle volte bisogna essere coraggiosi, anche nella vita di tutti i giorni.
Facendo un parallelo con il mondo dei videogiochi, il party si alterna tra la missione principale e le subquest: in ogni caso acquista punti esperienza e prende coscienza delle proprie capacità allargando i confini del mondo conosciuto. Frida, grazie all’incoraggiamento dei suoi amici, intraprende gli studi come strega mentre David capisce che è importante rimanere fedeli a sé stessi: il tutto grazie al continuo e fondamentale supporto reciproco per il quale il bene dell’altro è anteposto al proprio (nella puntata La Strega, Hilda rinuncia ad esprimere il desiderio di diventare strega lasciando spazio a Frida). Il continuo susseguirsi di nuove situazioni, personaggi, indizi, senza un “boss finale” verso cui dirigere i propri sforzi in accordo alla tradizione, rende questa serie atipica e stimolante.
Questa seconda stagione è un diorama che si espande ad ogni puntata includendo pezzetti sempre più raffinati e cesellati utilizzando un meccanismo collaudato e preciso, anche attraverso rimandi a eventi e personaggi precedenti.
Il tema del magico e del mistero, preponderante nella prima stagione, divide il palcoscenico con quello della natura umana: l’uomo non si è limitato a sottrarre, in passato, l’area dove sorge la fortificata Trolberg, ora mira a scacciare tutti i Troll dall’area fuori dalle mura anche se non creano effettivamente una seria minaccia. Il capo della guardia, il tronfio Ahlberg, ha solo questo obiettivo e tenacemente porta avanti un aggressivo piano di sicurezza imposto ai miti cittadini.
Gli adulti non sono più comparse ma parte attiva della storia: sono alleati, amici, rivali e come per le creature magiche, il confine tra bene e male si fa sempre più sottile. Hilda è un’attenta e critica osservatrice e capisce subito, a differenza di altri, che chi si ha davanti, umano o creatura magica, non lo si deve giudicare per partito preso, ma ascoltare e se possibile comprendere o almeno sopportare; capito uomo di legno? In un mondo dove tutti sono abituati alla compente magica della vita cittadina, i “cattivi” Troll sono fuori dalle mura, volano i Woof in alto nei cieli, il lindworm vive sull’isola di Cauldron, i draugen infestano la baia etc etc: solo Hilda e pochi altri aprono veramente gli occhi. Non è frutto della sua fantasia ma una realtà che è evidente se vista in modo diverso.
Il problema di serie pensate per i più piccoli è il reiterarsi di situazioni ed elementi fino alla naturale conclusione, salvo il fenomeno Steven Universe, e la scrittura degli episodi ne risente. Questo non accade con Hilda perchè abbiamo un elemento di rottura e cioè il rapporto della bambina con sua madre, Johanna. Si arriva ad un punto dove Hilda è troppo coinvolta nelle sue avventure da venirne fagocitata, finendo per utilizzare il piccolo appartamento solo come dormitorio tagliando del tutto fuori Johanna che capisce, con fatica e soffrendo, di dover fare qualcosa o perderà per sempre il rapporto con sua figlia.
Incomincia quindi ad imporre regole ed orari da rispettare e pretende di sapere cosa diavolo faccia tutto il giorno fuori casa quella scavezzacollo col basco in testa e dai capelli blu. Hilda, che per questa sete di avventura dapprima rischia di bruciare il rapporto con la sua cervolpe Twig, con sua madre Johanna tocca il fondo tacciandola di avere una vita sociale nulla perchè passa tutto il tempo a casa a lavorare: per questo motivo, secondo la bambina, esige la compagnia di sua figlia e, anche se le parlasse delle sue avventure, non capirebbe nulla. Nell’ultimo doppio episodio, la foresta di pietra, madre e figlia, in una corale grande avventura, hanno la drammatica occasione di approfondire e cementare il loro rapporto fino ad un cliffhanger che lascia presagire una terza, già attesa, stagione.
Hilda rappresenta un’anomalia nel panorama delle serie animate: il taglio da 21 minuti per episodio, le tematiche affrontate, lo stile grafico, i colori adottati e la colonna sonora, senza considerare il diretto coinvolgimento di Luke Pearson, conferiscono un tiro al tutto che mal si concilia con l’etichetta “da bambini” che in maniera superficiale le si potrebbe affibbiare.
Hilda, in realtà, rappresenta un’occasione di approfondimento e scoperta per ogni spettatore, in particolare per chi è ancora o si sente, un bambino curioso.
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