Non esistono cattivi allievi, ma solo cattivi maestri” notava saggiamente Miyagi. In quest’ottica la caduta in disgrazia di Johnny Lawrence non inizia con la sua sconfitta nel torneo ma subito dopo, quando Kreese finalmente gli appare in tutta la sua pochezza.

Nel momento in cui Danny manda al tappeto l’avversario, espone pubblicamente Johnny per quello che è: un bullo che può vincere solo scorrettamente. Eppure in Johnny c’è ancora un’eco della capacità di provare vergogna per la prepotenza: è allibito dalla richiesta del suo sensei di colpire a tradimento pur di vincere, e più avanti cercherà perfino di obiettare a Kreese che tutto sommato il secondo posto è onorevole (Karate Kid II).

Ed è a quel punto, quando Kreese lo aggredisce – salvo poi perdere rovinosamente come karateka e come uomo da Miyagi – che Johnny perde davvero tutto. Il maestro che lo ha cresciuto e addestrato, l’uomo che è stato il suo mentore, guida e punto di riferimento, si manifesta in tutta la sua miseria e meschinità. Per Johnny è finalmente chiaro che la sua vita è stata modellata da un perdente aggressivo e violento, forte solo quando già in una posizione di forza. Kreese ha trasformato Johnny in un suo avatar, ma non gli ha mai insegnato nulla che lo arricchisse come persona, o fosse spendibile per affrontare le difficoltà e i fallimenti a cui la vita prima o poi pone di fronte. Nel momento in cui  Kreese perde tutto, anche Johnny non ha più nulla

Cobra Kai, fin dalla prima stagione, parla di questo: di maestri e allievi, di come questo rapporto abbia influenzato i protagonisti e le loro vite, e di come quelli che una volta sono stati allievi siano chiamati a diventare maestri, nonostante siano loro stessi a sentire ancora il bisogno di avere una guida.cobra kai 3

La presenza di Miyagi aleggia sulla serie fin dalla prima stagione, e non solo per i numerosi flashback. Il valore degli insegnamenti di Miyagi è tutto nell’abisso che separa l’esistenza di Johnny, i cui fasti sono fermi ai giorni del liceo, e Danny diventato un adulto responsabile e realizzato. Nel momento di sconforto, quando sembra che anche Danny abbia imboccato un vicolo cieco, ecco che è il lascito umano, spirituale e marziale del vecchio amico e maestro a indicare una strada là dove sembrava che non ci fosse via d’uscita.

Gran parte degli episodi di Cobra Kai 3 seguono lo stesso pattern, soprattutto la parte teen drama, la meno interessante in assoluto. Billy Zabka svolge un lavoro notevole nel rendere fresche e spassose le stesse gag in cui lo abbiamo visto protagonista anche nelle precedenti stagioni. Il plot che lo impegna nel rapporto con Miguel, e il conseguente aiuto del ragazzo nel costituire un nuovo dojo, è una declinazione di quanto abbiamo già visto nella prima stagione. 

È nella parte centrale a Okinawa che troviamo il cuore emotivo della terza stagione.

cobra kai 3

L’operazione nostalgia, finora accuratamente evitata, funziona. La serie doveva agganciare anche un pubblico che è cresciuto con Hunger Games, per esempio, piuttosto che con Karate Kid. Per quel pubblico, all’inizio, poteva essere sufficiente qualche flashback dal primo film per avere le coordinare narrative che permettesse loro di posizionarsi all’interno del racconto. Il secondo capitolo di Karate Kid è però un sequel anomalo e spiazzante, incentrato su Miyagi e la sua storia personale e famigliare. Nessun flashback può rendere la grazia malinconica di quello spaccato narrativo ma, nonostante questo limite, il ritorno di Danny a Okinawa non è una sterile passeggiata sul viale dei ricordi. Da questo momento in poi la serie riprende slancio, e quella particolare aggiunta retroattiva al vissuto di Miyagi si rivela efficace e coerente senza snaturare o riscrivere nulla del personaggio.

La presenza di Ali (Elisabeth Shue) completa il ritorno del cast originario e regala a Johnny il suo momento revival dei giorni gloriosi. In attesa della quarta stagione, la speranza è che Cobra Kai non segua il destino di Dexter: una prima stagione che sarebbe dovuta restare una miniserie, due-tre successive buone, pur nella riproposizione dello stesso schema, e infine il tracollo.

Nota

Potete leggere la nostra recensione della prima stagione qui, mentre qui trovate la seconda stagione



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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