dexter new blood

Ci sono serie in cui l’ambientazione è il protagonista aggiunto, pensiamo all’isola di Lost e a quel “we have to go back” che era di fatto la presa di coscienza degli autori che avevano capito che Lost senza l’isola di Lost era un’altra serie, meno attraente. Il Kentucky di Justified è stato messo in scena come se Yost stesse facendo world building e non semplicemente presentando un contesto all’interno del quale far muovere il suo protagonista, mentre Fargo sarebbe impensabile in California. In altri show, al contrario, sebbene immersi in uno scenario peculiare che riverbera parte del suo fascino sulla storia, l’ambientazione non è così fondamentale.

È il caso della Miami di Dexter che dalla primissima sequenza ha tinto di colorato e umido erotismo il primo monologo attraverso il quale il protagonista ci ha introdotto nel suo mondo fatto di regole chiare e precise, al di sopra della morale, al di fuori delle leggi, e al solo servizio di una gestione delle sue pulsioni che gli consentisse di continuare a mimetizzarsi nella società civile. L’elemento inscindibile di Dexter è sempre stato il rapporto tra il protagonista e il suo Dark Passenger. Tra i tanti motivi per i quali un sequel poteva avere senso c’era quindi il fatto che Dexter Morgan, per funzionare, ha bisogno principalmente di Dexter Morgan, ovunque – e con chiunque – egli sia.

Certo, c’è anche quel dettaglio per il quale le ultime stagioni della serie sono state una corsa a perdifiato per andare a schiantarsi contro il muro del senso del ridicolo, investendo nel mentre coerenza narrativa e rispetto per il pubblico, e quindi un sequel avrebbe potuto riparare i torti inflitti al protagonista e agli spettatori. Ma una cosa alla volta. 

dexter new blood

Dexter New Blood si è rivelato un successo assoluto in termini di ascolti: è stata la serie più vista nella storia di Showtime, il finale ha stabilito il record di network per visioni in streaming e, soprattutto, ha attratto numerosi nuovi abbonati. Dal punto di vista commerciale, New Blood è stato un ariete di sfondamento e ha largamente ripagato – in senso letterale – la scelta di Showtime di riportare tra di noi Dexter Morgan. A noi spettatori, però, non è andata così di lusso. L’asticella era fissata sul “fare di peggio rispetto alle ultime stagioni è impossibile”, quindi partendo da questo presupposto New Blood è facilmente una spanna sopra.

In senso assoluto, però, il sequel si è rivelata una delusione che ha rinnovato il dolore di vedere un personaggio amato come pochi confinato in una storyline tra il prevedibile e il confuso sfociata, infine, in un epilogo a cui si giunge in modo affrettato e anticlimatico. New Blood avrebbe dovuto avere una funzione riparatrice che rendesse giustizia al protagonista, e già che erano al lavoro anche per Debra Morgan, altro personaggio narrativamente sfigurato dalle ultime stagioni. Ma se per Dexter New Blood riesce a fare qualcosa, la povera Debra si ritrova a comparire come un fastidioso grillo parlante, molto più simile al personaggio alla deriva a cui abbiamo detto addio nell’ottava stagione, che a quello spettacolo di donna adorabilmente sboccata. [Da qui in avanti SPOILER]

new blood

New Blood ci porta tra le nevi e il gelo di Iron Lake, a nord dello stato di New York. Dexter è ora Jim Lindsay. Niente Miami, niente lavoro come blood spatter analyst, niente umanità che sciama per le vie notturne a caccia di avventure e niente monologhi interiori. Il Dexter che ritroviamo è un pacifico membro della comunità all’interno della quale ha saputo farsi accettare e benvolere e il Dark Passenger sembra ormai defenestrato. Ma la serie gioca da subito con quello che il pubblico si aspetta di vedere, e alla fine il gioco si fa serio e Dexter viene prevedibilmente spinto a riabbracciare le antiche abitudini: il delinquenziale rampollo locale ha scritto in fronte, dal minuto uno, la sua aspettativa di vita. Dexter torna in attività, seppure un po’ arrugginito e poco meticoloso nel coprire le tracce, ma l’arrivo a sorpresa del figlio Harrison complica ulteriormente la situazione.

Dopo qualche puntata tra crime da cestone delle offerte e teen drama, ritorniamo sulla strada più battuta della serie: Dexter desidera un compagno da cui essere capito e con il quale condividere la sua natura. Questo era accaduto nella seconda stagione con Lilah, poi nella terza con Miguel Prado, nella quarta con Trinity, nella quinta con Lumen, fino ad arrivare ad Hannah. Adesso si tratta del figlio.  

Clyde Phillips è lo showrunner di New Blood ed è stato lo showrunner delle prime quattro stagioni, le migliori. In realtà la serie sarebbe dovuta essere una miniserie, ma dato il successo era impensabile che Showtime non mirasse a monetizzare il più a lungo possibile. Il problema è stato il come. Fino alla quarta stagione Dexter, pur essendo una versione diluita della prima, è stato un prodotto di grande intrattenimento, tra il divertente e il notevole, con l’attrattiva principale di offrire un protagonista magnetico e carismatico. Phillips però riteneva che l’arco narrativo del personaggio fosse giunto alla conclusione, ma il network ha mandato avanti la serie a calci e spintoni per altre quattro stagioni, con altri autori che hanno ordito trame sempre più sfilacciate procedendo, nel mentre, a snaturare il personaggio di Debra e impoverire il protagonista che è riuscito a conservare un minimo di decoro solo grazie alla bravura di Michael C. Hall.

Il finale viene a tutt’oggi considerato dalla stragrande maggioranza di pubblico e critica uno dei peggiori di sempre, se non il peggiore in assoluto. Una fine ingloriosa per una serie e un personaggio amatissimi e che, nonostante tutto, sono riusciti a convincere il pubblico a continuare a seguire fino alla fine.

Phillips ha voluto offrire una seconda vita a Dexter il tempo utile per risolvere il rapporto con il Dark Passenger e farlo attraverso la lente della paternità. Sulla carta è un percorso che poteva funzionare, ma la scrittura non è stata minimamente in grado di rendere interessante il rapporto padre-figlio, e l’inespressività di Jack Alcott – incapace di mostrare un centimetro di spessore drammatico – ha azzoppato ogni possibilità che la dinamica innescata risultasse in qualche modo interessante. Tutto intorno, la solita polizia che naviga tra l’inettitudine e colpi di fortuna.

La sequenza finale è frutto di una decina di piroette narrative che portano all’epifania ultima di Dexter: lui non sarà mai diverso da ciò che è, l’unica speranza di garantire un’esistenza il quanto più possibile normale al figlio è farsi uccidere da lui. Immagino quanti punti normalità avrà acquistato Harrison dopo essere stato spinto a sparare al suo stesso padre. 

L’epilogo ricalca nello spirito la storia della prima stagione. In quel caso era stato il fratello di Dexter a cercare di spingere il protagonista ad abbracciare la sua natura predatoria per unirsi a lui e condividerne il destino. Qui Dexter prova a fare qualcosa di simile nei confronti di Harrison, usando per di più le stesse motivazioni: “Siamo uguali perché siamo nati nel sangue” e il risultato è analogo. All’epoca Dexter uccise il fratello, ora è Harrison a uccidere il padre. In questo, c’è di buono che ora sappiamo che la parola fine è stata davvero messa e non ci resta che scegliere quale dei due finali è il meno peggio. Il mio consiglio è quello di fermarsi al finale della prima stagione. 

 



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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