Don Alemanno si è immaginato il ritorno del figlio di dio sulla Terra. E l’ha fatto schiantare al suolo nella discesa dal paradiso, provocandogli un’improvvisa amnesia di ogni dogma e regola ecclesiastica. Il risultato è Jenus di Nazareth, colui che sa tutte le risposte, ma se le è dimenticate, protagonista di una serie di brevi sketch disegnati pubblicati su internet che hanno riscosso un notevole successo. Grazie ai fan contati in decine di migliaia Jenus si è ora ritagliato uno spazio anche nell’editoria tradizionale, tramutando le strisce sul web in una raccolta in volumi della sua seconda venuta editi da Magic Press. In occasione dell’imminente uscita del secondo volume, presentato in anteprima a Romics 2013, abbiamo sottoposto Don Alemanno a qualche domanda. Lui le risposte se le ricorda, ma non sono mai quelle che ti aspetti.

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In un paese in cui il solo atto pubblico capace di bruciare una carriera – qualunque carriera – è una battuta sui santi, come ti è venuto in mente di dare vita a un fumetto come Jenus?

Un giorno mi trovavo nel porticato a ridosso di Santa Maria delle Grazie. Mentre camminavo, una signora dal volto stanco e i lobi delle orecchie caduchi, mi passò accanto tenendo per mano un fanciullo. Questo fanciullo mi guardò, e socchiudendo leggermente l’occhio sinistro, emise un forte peto. Da lì capii.

Il tuo successo viene da internet, secondo un percorso simile a quello di Zerocalcare, ma a differenza sua tu non hai un passato da fumettista fuori dalla rete. Come ti spieghi il miracolo che ti ha reso d’un tratto un fumettista riconosciuto con un bagaglio di quasi 90.000 appassionati sui social network?

L’ipocrisia. Io ho inizialmente detto “eh sapete, sono un fumettista, blablabla”, e ho pubblicato i miei fumetti in rete. E quindi tutti lì a dire “oh ma hai visto ‘sto nuovo fumettista? Forte!” “Eh si, si vede che ne sa di fumetti”. Poi quando avevo già cinquantamila fan, la misi nell’ano a tutti svelando il terribile segreto: non sono un fumettista. Magari un giorno si scoprirà che non sono neppure un prete.

Il web può essere un luogo meraviglioso, ma anche un ricettacolo per elementi disturbati ed estremisti di ogni tipo: immagino che uno che fa satira su Gesù e la chiesa lo sappia bene. Che tipo di minacce e insulti ricevi quotidianamente?

I più disparati. Tra i miei preferiti c’è “morirai nel tuo fallo”, che si rifà ad uno stile levitico, da vero Antico Testamento. Questo messaggio contiene un capolavoro del malaugurio, intendendo l’infausto bigotto augurarmi, con questa frase, di diventare impotente.
Altri sono meno belli ma pur sempre efficaci: tra questi ricordo “Sei un anticattolico di merda. Perché non ti ammazzi?”

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Sotto lo strato satirico si coglie in Jenus una conoscenza delle sacre scritture del cattolicesimo che va oltre la frequentazione svogliata del catechismo in gioventù: segui la massima bellica di Sun Tzu “Conosci il tuo nemico”, o c’è dell’altro?

C’è dell’alcool. Infatti un giorno assistetti alla messa di tale Don Pillolla (sembra un cognome inventato ma giuro non lo è) il quale, durante la lettura da parte del chierichetto di una Lettera di Paolo, si alzò di soprassalto e urlò: “GOOOOAL!!”. I più ingenui pensarono si fosse assopito durante la lettura e avesse sognato, i più accorti capirono che con gli auricolari stava ascoltando la partita del Cagliari.
Da lì capii che se poteva lui, potevo anche io. E così mi interessai alle Sacre Scritture…

Un altro tratto che ti accomuna a Zerocalcare, e a molti altri fumettisti italiani contemporanei a dire vero (Makkox, Cajelli, etc…) è la gran mole di citazioni nei confronti di prodotti d’intrattenimento anni ’80. Perché secondo te l’immaginario di un’intera generazione sembra essere incapace di sganciarsi da quel periodo?

Perché la maggior parte di ciò che è arrivato dopo fa fondamentalmente cagare.

Al di là delle citazioni più esplicite, quali sono state le principali fonti di ispirazione da cui hai attinto per dare corpo alla storia? Mentre dal punto di vista tecnico ti sei affidato a manuali o corsi di qualche tipo, oppure ti sei semplicemente ispirato ai modelli offerti dalle opere di altri autori?

Partiamo da questo presupposto: io non ho la MINIMA idea di come si faccia un fumetto. Non ho seguito corsi, non sono autodidatta, non ho alcun bagaglio culturale in merito a tratto, stile, inchiostrazione, niente di niente. Faccio tutto di getto, come viene viene, e lo pubblico quando mi sembra che bene o male sia accettabile e non costituisca un pugno sull’occhio.
Sicuramente avendo letto diversi fumetti durante l’adolescenza, ho immagazzinato una sorta di “protocollo” che li accomuna tutti, l’ho fatto mio e anche inconsapevolmente ne sono stato influenzato. Quindi se certe cose sembrano “giuste”, in realtà è perché sono imitate. Se invece sono sbagliate è perché sono proprio sbagliate.

Un paio di anni fa, quando le vignette lasciavano il web e approdavano su carta, il fumettomondo guardava con sospetto – se non disgusto – i loro autori. Qual è il tuo rapporto – posto che esista un rapporto – col fumettomondo italico?

I discepoli vecchi e nuovi mi supportano e mi vogliono bene, come io voglio bene a loro. Gli “addetti ai lavori” mi odiano, alcuni (rari) mi danno dei consigli, altri del mestiere non hanno voluto rischiare la pubblicazione di ciò che faccio. Quando poi hanno visto i numeri su Amazon, si sono di nuovo interessati alla cosa, scrivendo e telefonando. Peccato che io accetti solo la prima risposta, per me conta solo quella. Tra coloro che mi hanno supportato dell’ambiente ringrazio certamente la Magic Press Edizioni e il disegnatore Disney Luca Usai.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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