Finito. Tutte le pedine sono state posizionate, tutti i tasselli del puzzle sono disposti sul tavolo, finalmente I Vendicatori possono uscire e dominare il boxoffice 2012. Però, casomai qualcuno non se ne fosse reso conto, siamo ancora nel 2011 e,  dopo la visione di Captain America: The First Avenger, c’è da chiedersi se tutto il can-can iniziato con Ironman (il cui successo crediamo abbia stupito anche i boss Marvel) sia effettivamente servito a qualcosa.

Captain America: The First Avenger non è brutto, solo mediocre. Meglio ancora: non sfruttato  come si sarebbe potuto. L’idea di posizionare cronologicamente l’eroe ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, almeno quella “ucronica” in salsa comic, in cui la Hydra diventa una forza altra rispetto ai litiganti americani e nazisti, è  vincente. Captain America si conferma come eroe senza particolari poteri eccezion fatta per una forza sovraumana, ottenuta dopo un esperimento scientifico e uno scudo impenetrabile. L’umanizzazione dell’eroe avviene fin dalle prime sequenze, che vedono il prestante Chris Evans ospite nel (rachitico) corpo di Steve Rogers. Bello, onesto, timido, riservato: decisamente un americano in-credibile.

Il grande pregio del film è l’autoironia: alcune battute non sono male, e l’atmosfera non è mai troppo cupa, nonostante il periodo storico scelto potesse far presagire il contrario. Alcune idee nello script sono ottime, come ad esempio il rappresentare l’eroe come un feticcio da mostrare in giro per fiere, un testimonial, un fantoccio in calzamaglia utile per recuperare denaro e accattivarsi il consenso popolare, spogliandolo, almeno inizialmente, di una vera aura mitica.

Purtroppo però, la scelta di un modesto mestierante come Joe Johnston si rivela troppo di basso profilo per garantire al film quel plus necessario a farlo emergere rispetto alla oramai nutrita concorrenza. Le scene action sono assolutamente poco ispirate, molto deludenti sotto il profilo del pathos e quasi nulle sotto quello della spettacolarità. Mai un momento da ricordare, mai il raggiungimento del climax: per due ore si galleggia placidi senza affezionarsi al personaggio (e ai comprimari, ectoplasmi in cerca d’autore) e privi di un reale motivo per non cadere tra le braccia di Morfeo. Se in un film del genere le parti migliori sono quelle “leggere” (bella la frecciata a Indiana Jones), allora significa che qualcosa è andato storto.

Eppure la ragione è molto semplice e tutto sommato intuibile: Captain America: the First Avenger serve in primo luogo come volano per arrivare ai Vendicatori: tra tutti i film Marvel usciti negli ultimi anni, questo è il più metereferenziale e trasuda riferimenti agli altri capitoli della serie, basti pensare alla rilevanza del ruolo di Stark senior e ai continui agganci e ammiccamenti al recente Thor. In questo senso è forse persin più efficace come film-ponte che come episodio fondativo di una nuova trilogia monotematica (che peraltro si farà, potete dormire tranquilli).

I valori produttivi sono nella media, così come il film: Evans è identico a quando impersonava l’uomo torcia ne I Fantastici Quattro, il villain,  uno svogliato Hugo Weaving, è poco convincente, come al solito ci sono grandi attori che si prendono un periodo di vacanza ben pagato (Tommy Lee Jones, Stanley Tucci e Toby Jones) e la bella di turno, Hayley Atwell, si limita a mettere la firma.

Probabilmente con un regista più talentuoso e visionario (e a chi dice che non conta ricordiamo i casi Nolan e Vaughn) il film sarebbe stato molto più convincente, visto che la base di partenza è interessante e il protagonista meno banale di quanto fosse lecito pensare. A questo punto la palla passa a Joss Whedon: a lui tocca una sfida difficile che ci dirà se queste tappe intermedie potranno essere viste retroattivamente con un occhio diverso o se l’universo che Marvel ha certosinamente costruito in questi ultimi cinque anni si scioglierà come neve al sole…

 



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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2 Comments

  1. è una merda di film

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