Nelle settimane in cui The Pale King travolge il mondo letterario e chiude definitivamente il sipario su David Foster Wallace, potrebbe essere il momento più adatto per tornare alla sua opera più ambiziosa, famosa e difficile, il monolitico Infinite Jest.

Le mille e più pagine del romanzo sono state pubblicate nel 1996. Visto con gli occhi di oggi, quell’anno è un momento liminale nella società contemporanea, uno di quei periodi della storia in cui un mondo finisce e un altro ne inizia. Dire che l’era digitale iniziava in quegli anni lì non rende il senso di quel cambiamento. La pubblicazione di Infinite Jest avviene in un periodo in cui il senso stesso del futuro è sul punto di cambiare per sempre.

Infinite Jest

Il romanzo è ambientato per l’appunto in un futuro distopico abbastanza prossimo, ma che, visto dal 2011, appare già drammaticamente superato. Infinite Jest è probabilmente una delle ultime opere a immaginare un futuro pre-internet, in cui le tecnologie analogiche continuano a determinare la produzione e la distribuzione di film, TV e comunicazioni. Si tratta, come in fondo è qualsiasi visione del futuro che abbia senso, di una versione deformata ed espressionista del momento in cui è stata creata. Ma questo non significa che Infinite Jest è come quei vecchi film di fantascienza coi personaggi con le tute argentate e i cappucci bianchi aderenti in testa. Anzi; il tempo è stato molto clemente con il megaromanzo di David Foster Wallace, che continua a mantenere una precisione e una chiarezza di analisi indipendente dal fatto che oggi esistano ancora videocassette o meno.

La storia ruota attorno a un video (chiamato Infinite Jest) capace di intrattenere gli spettatori in modo così intenso che questi diventano catatonici e non riescono a fare altro che non sia guardare il video: una metafora del divertimento come droga (ma anche della droga come droga) e il MacGuffin attorno a cui si sviluppa il romanzo. La trama si svolge in parte nell’accademia di tennis fondata da Jim Incandenza, il creatore del video, e frequentata da Hal Incandenza, figlio del regista. Per il resto, la storia segue le vicende dei vicini dell’accademia di tennis, i pazienti di un centro di recupero per tossicodipendenti, e di un gruppo di terroristi separatisti del Quebec, intenzionati a impossessarsi di Infinite Jest per diffondere il video e mettere in ginocchio l’America.

Questo riassunto, il più sintetico che sia riuscito a fare, non tiene in considerazione una cosa: in ognuna delle ambientazioni (accademia di tennis, centro di recupero, gruppo terroristico) e in ogni altro ambiente sociale del libro non c’è praticamente un solo personaggio che sia una comparsa. Di quasi ogni singolo personaggio si finisce per conoscere la storia della vita, e se non la si conosce la si intuisce. L’effetto finale è che quella di Infinite Jest è una storia che esplode in ogni direzione, in cui dozzine di personaggi emergono, scompaiono, si alternano in una ragnatela narrativa che sembra espandersi all’infinito, fino a sfibrarsi e a fare chiedere al lettore più di una volta quale sia il punto del romanzo. Eppure, proseguendo con la lettura, si capisce che, per quanto impossibilmente ampio, il disegno esiste, la struttura regge.

David Foster Wallace

Ed emergono i temi del romanzo. C’è l’onnipresente dipendenza, innanzitutto. Prima che si pensi a qualche epopea di eroinomani: la dipendenza, in Infinite Jest, è un concetto molto ampio, per nulla modaiolo e senza un briciolo di maledettismo. Dalla marijuana all’alcool, passando per farmaci, coca, crack, eroina, anfetamine, ma anche sport, sesso, solitudine, fino alla più pervasiva e invisibile delle dipendenze: la dipendenza dal divertimento, dall’intrattenimento. Ogni personaggio ha un suo demone, qualcosa di cui non può fare a meno ma che, in qualche modo, lo tiene in vita. La cosa davvero originale è che nessuno di questi temi viene sfumato dall’ironia, né caricato di pietismo; lo sguardo di Foster Wallace tende al grottesco ma non è mai morboso né cinico, e concede empatia a ogni personaggio, anche il più assurdo o il più spregevole.

Infinite Jest è un romanzo centrifugo, che lavora e fa lavorare, apparentemente dispersivo ma che in effetti, considerata la vastità della trama, ha poche parti che non siano fondamentali. E poi ci sono alcune pagine di una bellezza abbagliante. Ci sono capitoli che hanno la precisione e la forza di racconti a sé stanti. Ci sono pagine da segnare per essere rilette più e più volte.

Infinite Jest e David Foster Wallace sono adesso in quella posizione scomoda di essere diventati oggetti di culto. È facile capire come la storia dell’autore abbia prodotto un numero considerevole di adoratori, il che, a sua volta, ha provocato un riflusso di gente che ha tacciato libro, autore e fan di pretenziosità. E in un certo senso è vero: Infinite Jest è a tratti un romanzo pretenzioso. I dialoghi fra adolescenti hanno una rigidità e una proprietà di linguaggio più adatta ad accademici sarcastici di mezza età, le lunghissime note a fine libro confondono e spezzano il ritmo (volontariamente, secondo l’autore), la ragnatela di personaggi diventa ben pesto intricatissima, e il finale semplicemente non c’è, se non sotto forma di vaghi indizi seminati qui e là nel corso del libro che indicano una qualche risoluzione. Insomma: Infinite Jest può essere un romanzo intransigente e cerebrale. Se non fosse per la profonda umanità che lo anima sarebbe solo un altro esperimento post-postmoderno, ma è il senso di empatia con i personaggi a salvare il libro. Se la struttura di Infinite Jest è un’opera di arte concettuale, è la pietà che anima la scrittura a redimere da ogni intellettualismo.

Santificazione di Foster Wallace a parte, però, resta il fatto che Infinite Jest è uno dei pochissimi veri classici contemporanei, capace, come i veri classici, di rifiutare qualsiasi sintesi.

Queste recensioni sono è tratte da Players 05, che potete scaricare gratuitamente dal nostro Archivio.



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Ferruccio Cinquemani

In passato ho scritto – e a volte scrivo ancora – per riviste di videogiochi e siti. Ho lavorato brevemente come tester di localizzazione per Rockstar Games. Oggi vivo a Stoccolma e lavoro nel settore del marketing. Sono uno dei conduttori del podcast Ringcast.

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